Ieri, 8 settembre, è venuta a mancare la Regina Elisabetta II. on lei si chiude un lungo capitolo di Storia. In questo articolo vorrei approfondire i suoi rapporti e gli incontri con i Papi. Durante la sua vita ha visto sette papi, per la precisione: Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco. Ma di questi, solo 5 sono
La prima volta che la Queen ha incontrato un Papa non era ancora regina, ed è stato nel 1951. L’ultima volta invece che ha stretto la mano ad un Papa è stato nel 2014.
La Regina Elisabetta e gli incontri con i Papi
La Regina Elisabetta, la più longeva monarca della storia britannica morta all’età di 96 anni, ha incontrato e conosciuto ben cinque papi, a cominciare da Pio XII, nel 1951, a pochi anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Lei non ancora regina ma principessa Elizabeth Alexandra Mary Windsor e lui, il pontefice che diede aiuto agli Alleati cercando di salvare Roma dalla furia dei nazisti che l’avevano occupata.
Elisabetta divenne regina il 6 febbraio 1952 da allora in poi ed ebbe in Vaticano cinque incontri importanti in qualità di capo della Chiesa anglicana, per un totale di sette incontri, di cui cinque nel Palazzo Apostolico rigidamente organizzati da un protocollo ferreo.
Nel 1961 ebbe un lungo colloquio con Giovanni XXIII e sullo sfondo si muovevano le novità del Vaticano II. Giovanni Paolo II lo incontrò tre volte, la prima nel 1980 in Vaticano, la seconda a Buckingham Palace, Londra, e nel 2000, per festeggiare il Giubileo sempre in Vaticano. Benedetto XVI nel 2010 ebbe un colloquio con lei a Balmoral, in Scozia nel castello dove è scomparsa e dove amava trascorrere le vacanze, spesso andando a caccia o a cavallo, la sua grande passione.
Nel 2014 ha conosciuto Papa Francesco a Santa Marta dove c’è stato uno scambio di doni fuori dall’ordinario visto che la regina portò in dono al Papa della Laudato Si, la prima enciclica verde che avrebbe promulgato di lì a qualche mese, dei cesti contenenti degli ortaggi bio coltivati nel suo orto in Scozia. Miele, dodici uova, marmellate, sidro, tè e biscotti, pane, filetto di manzo, persino saponi per l’aromaterapia e in una confezione a parte, una bottiglia di whiskey scozzese. ‘Spero che questo cesto sia un regalo inusuale per lei‘ disse la Regina a Francesco tutto contento per i doni.
L’incontro con Giovanni XXIII
La prima volta, era il 1961, sul Soglio di Pietro c’era papa Giovanni, che non parlava benissimo inglese, ma colpì la giovane regina chiedendole i nomi dei figli: “li so – aggiunse – ma il nome di un figlio pronunciato dalla madre ha tutto un altro suono”, ed a quello di Charles, “Carlo – tradusse – come san Carlo Borromeo, che mi è tanto caro”.
L’incontro con Giovanni Paolo II
Clima rigorosamente protocollare, invece, il 17 ottobre del 1980, per il primo incontro con Giovanni Paolo II. La regina con indosso l’abito nero (di velluto) e il velo dello stesso colore richiesti dal protocollo vaticano (solo ad alcune regine cattoliche è concesso l’abito bianco) e il principe Filippo in divisa.
Allora, e anche nell’ottobre 2000 nella seconda udienza con Wojtyla (nel frattempo incontrato anche a Buckingham Palace), si mise in luce più il ruolo di capo di Stato di Sua maestà britannica, che quello di capo della Chiesa di Inghilterra, figlia dello scisma di un re che pure aveva personalmente avuto da papa Leone X il titolo di Defensor fidei. Era il 1521 ed Enrico VIII scriveva al Papa di voler combattere i luterani “con le armi e con l’apologetica”, della quale dava anche prova. Il documento è ancora negli archivi vaticani.
Non c’è solo quel documento a ricordare il passato dei rapporti dei re d’Inghilterra con il papato. Nell’Archivio segreto che raccoglie documenti a partire dall’VIII secolo, c’è anche la pergamena dello stesso Enrico VIII al papa Clemente VII. Il re chiedeva l’annullamento del matrimonio con Caterina di Aragona; per rendere più pressante la richiesta, sotto alla domanda c’erano anche gli 85 sigilli di altrettanti nobili inglesi. Il Papa rifiutò, ma Enrico VIII sposò lo stesso Anna Bolena e fondò la Chiesa Anglicana nel 1533, dichiarandosene il capo.
Di sangue, da allora, tra cattolici ed anglicani ne è corso tanto, basta ricordare l’Irlanda e il dispregiativo ‘papista’ col quale si chiamavano i cattolici. Sono passati i secoli: nessuno pensa più che il Papa voglia far muovere una Invincibile armada a riconquistare al cattolicesimo l’isola ribelle. Anche se una qualche insofferenza anglicana verso Roma non è mai veramente finita. E anche la costituzione apostolica “Anglicanorum coetibus” di Benedetto XVI, del 2009, e la conseguente istituzione di ordinariati per riaccogliere nel cattolicesimo gli anglicani in fuga per le eccessive modernizzazioni (tra gli ultimi il sì ai vescovi gay) non deve aver facilitato le cose.
Il Vaticano
In Vaticano la ricordano con rispetto e affetto, e qualcuno sottolinea addolorato che è scomparsa nel giorno in cui la Chiesa cattolica celebra la natività della Beata Vergine Maria. I vescovi cattolici inglesi, per il tramite del cardinale Vincent Nichols hanno scritto un comunicato carico di pathos, affermando di avere il cuore rotto per questa notizia, ricordando l’ammirazione per la sovrana. Una perdita enorme.
La Regina era anche capo secolare della Chiesa anglicana, benché in Inghilterra esista una rigida separazione tra l’esercizio del potere spirituale e quello secolare. Di fatto la regina non aveva competenza sulle cose spirituali ma soltanto nel rendere operanti le leggi senza interferire negli interessi della Chiesa inglese né partecipare alle loro discussioni. Come rappresentante secolare nomina su proposta del capo del governo, i vescovi e gli arcivescovi. Inoltre ha concesso quello che si chiama il “royal assent”, il suo consenso alle decisioni della Chiesa, approvate o da approvare dal Parlamento.