Il 24 luglio 2025 segna un momento cruciale per la memoria dell’arte contemporanea: l’Archivio Luciano e Maud Giaccari entra ufficialmente a far parte dell’ASAC, l’Archivio Storico delle Arti Contemporanee della Biennale di Venezia. Un passaggio che va ben oltre il gesto simbolico e che rafforza la missione della Biennale nel custodire le tracce più sperimentali e visionarie del secondo Novecento.
Un archivio che ha fatto la storia dell’avanguardia

Luciano Giaccari, scomparso nel 2015, è stato un vero pioniere del video artistico in Italia, capace di cogliere già alla fine degli anni ’60 il potenziale linguistico e documentario del mezzo. Insieme alla moglie Maud Ceriotti Giaccari, ha dato vita a una raccolta che oggi rappresenta una delle testimonianze più estese e preziose della produzione d’avanguardia in Europa.
Il nucleo centrale dell’archivio si è sviluppato a partire dalle attività dello Studio 970/2, fondato a Varese: un laboratorio pulsante in cui sono transitate figure come Joan Jonas, Vito Acconci, Robert Wilson, Gina Pane, Lucinda Childs, il Living Theatre e molti altri protagonisti dell’arte performativa e sperimentale. Ma non si tratta solo di video: il Fondo include dipinti, sculture, volumi, riviste, macchine fotografiche, telecamere storiche, documenti editoriali. Un universo interdisciplinare che attraversa arte, teatro, danza, poesia, musica.
Dall’oblio alla valorizzazione pubblica
Con l’accordo tra Maud Ceriotti Giaccari e l’ASAC, la Biennale si impegna a realizzare un programma organico di acquisizione, riordino, restauro e digitalizzazione dell’intero fondo. Un’operazione culturale di grande rilievo, che restituisce visibilità a un patrimonio fino ad oggi conosciuto soprattutto da specialisti e appassionati, ma raramente accessibile al grande pubblico.
L’inserimento dell’Archivio Giaccari nelle collezioni ASAC significa anche porre le basi per nuove esposizioni, pubblicazioni e progetti educativi, aprendo la porta a riflessioni storiche e critiche sull’uso del video come mezzo espressivo e politico, in un periodo – dagli anni Settanta ai primi Novanta – in cui l’arte si faceva corpo, azione, presenza.
Perché è importante oggi?

Nel tempo dei contenuti effimeri, in cui tutto sembra documentato ma nulla è veramente conservato, operazioni come questa ci ricordano che la memoria visiva ha bisogno di cura, di spazi e di visione istituzionale. L’archivio Giaccari non è solo un fondo, è un modo di vedere il mondo attraverso la lente dell’arte radicale, dove ogni nastro e ogni gesto performativo raccontano le inquietudini, le utopie, le contraddizioni di un’epoca.
È un archivio vivo, che non si limita a guardare al passato, ma che può – e deve – diventare materiale attivo di studio, reinterpretazione, ispirazione per le nuove generazioni di artisti e ricercatori.
Un nuovo capitolo per la Biennale
Con questa acquisizione, l’Archivio Storico della Biennale conferma il proprio ruolo non solo come custode della memoria delle sue esposizioni, ma anche come polo di ricerca dinamico e aperto. Un luogo in cui il passato recente delle arti contemporanee può essere riletto alla luce delle urgenze del presente.
E tu? Conoscevi già l’attività visionaria di Luciano e Maud Giaccari? Ti piacerebbe che una parte del fondo venisse esposta in occasione della prossima Biennale Arte o Danza? Raccontacelo nei commenti o su Instagram.