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L’arte di camminare: quando il passo diventa espressione

L’arte di camminare: quando il passo diventa espressione

Massimo 7 mesi fa Commenta! 4
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Hai mai pensato che camminare potesse essere arte?

Non intendo il trekking domenicale o la corsetta post-ufficio, no. Parlo del camminare come atto espressivo, come forma di pensiero. Un gesto apparentemente semplice che, nel tempo, ha ispirato filosofi, pittori, performer. E che ancora oggi lascia impronte indelebili, non solo sulla terra, ma nell’immaginario collettivo.

Contenuti
Hai mai pensato che camminare potesse essere arte?Camminare come filosofiaIl passo nell’arte contemporaneaCamminare nei musei (sì, davvero)Ma quindi… dove andiamo?L’arte non sta nella meta, ma nel movimento

Ti sembra esagerato? Aspetta.

Camminare come filosofia

Friedrich Nietzsche lo diceva chiaramente: “I pensieri migliori si fanno camminando”. E non era il solo. Anche Kant, Rousseau e Thoreau trasformavano il loro vagare quotidiano in un rituale quasi sacro. Per loro, il cammino non era solo mezzo, ma fine. Una forma di meditazione attiva, un dialogo con il mondo.

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Nietzsche camminava per ore sulle alture di Sils-Maria. Le sue scarpe, oggi conservate in un museo, raccontano più della sua scrivania. Erano consunte, aperte, vive. Lì dentro c’è la sua filosofia.

Il passo nell’arte contemporanea

Facciamo un salto avanti. Marina Abramović.

Chi conosce anche solo superficialmente la performance art sa quanto il suo corpo sia al centro della scena. E il cammino, spesso, diventa parte dell’opera. In “The Lovers”, Abramović e Ulay percorsero a piedi l’intera muraglia cinese – 2500 chilometri a testa, partendo dai lati opposti per incontrarsi e lasciarsi.

Immagina la fatica, il tempo, il silenzio. Ogni passo era una parola. Ogni giorno, un capitolo di una storia raccontata con i piedi.

E poi c’è Francis Alÿs, artista belga che ha fatto del camminare un gesto politico. In “The Green Line”, ha camminato per Gerusalemme lasciando una scia verde di vernice: un confine invisibile reso visibile dal suo movimento.

Camminare nei musei (sì, davvero)

Oggi ci sono mostre dedicate interamente al tema. Installazioni, mappe, video. Al MoMA, alla Tate, al Centre Pompidou. Perché il passo umano – lento, incerto, testardo – è diventato un simbolo. Di resistenza, di ricerca, di intimità.

Hai presente Richard Long? Un artista che traccia linee nel paesaggio solo con le proprie orme. Nessun pennello, nessuna tela. Solo il corpo, il tempo e la terra. Minimalismo puro. Ma potentissimo.

Ma quindi… dove andiamo?

Non serve essere un artista per trasformare una passeggiata in qualcosa di più.

Prova a camminare senza meta. Senza fretta. Magari in un giorno di vento, o sotto la pioggia. Ascolta il suono dei tuoi passi. Guarda come si muove la città intorno. Oppure scegli un sentiero nel bosco e pensa a chi l’ha percorso prima di te. Ogni cammino ha una memoria. Anche il tuo.

Camminare, in fondo, è una delle ultime libertà che ci restano. Non costa nulla, non ha scopo immediato, eppure ci connette. A noi stessi, al paesaggio, agli altri.

L’arte non sta nella meta, ma nel movimento

Oggi si corre ovunque. Si clicca, si scorre, si arriva prima.

Ma l’arte del passo lento – quello che scricchiola sulla ghiaia o rimbomba sul pavé – può ancora dire qualcosa. È un gesto senza tempo. Un piccolo atto di ribellione. O forse, più semplicemente, un modo per tornare presenti.

E tu? Quando è stata l’ultima volta che hai camminato per il gusto di farlo?

Raccontacelo nei commenti, oppure condividi questo articolo con chi ha bisogno di rallentare. E se ti va, seguici anche su Instagram.

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