I più lo conoscono per le incredibili trasformazioni a Striscia la notizia, un vero camaleonte, perché lui non si limita a imitare il personaggio, ma lo diventa proprio facendo suoi i tic e le espressioni che caratterizzano la “vittima” dell’imitazione, arrivando a mettere lo spettatore nella condizione di dubitare se stia guardando l’originale o la “copia”. Dario Ballantini però è anche molto altro. Alle apparizioni nel programma di Ricci affianca spettacoli teatrali, cinema ed è un apprezzato pittore. Classe 1964, proviene da una famiglia di artisti (il padre e lo zio pittori, il nonno attore e un altro zio tenore), frequenta l’indirizzo artistico del liceo scientifico sperimentale di Livorno dove si diploma nel 1984. Durante il liceo si appassiona alle figure di Totò, Petrolini e Noschese ai quali dedica ritratti e caricature insieme a quelle di compagni e professori del liceo. Esordisce in TV con il duo Le cornacchie insieme a Stefano Ceselli, suo compagno di scuola. Il duo ha vita breve e terminata la scuola Ballantini si dedica al suo primo amore, la pittura, ma i suoi quadri non destano molto l’interesse di addetti al lavoro e pubblico. Inizia quindi la sua attività di trasformista, di cui cura personalmente costumi e trucco, che lo porterà ad arrivare al programma satirico con il quale ha una collaborazione ormai dal lontano 1994. L’amore per la pittura però non è affatto scomparso e grazie all’incontro nel 2001 con il famoso critico Achille Bonito Oliva, che lo sprona a continuare dandogli anche preziosi consigli, si trasferisce a Milano e realizza una mostra nella Galleria Ghelfi, curata da Giancarlo Vigorelli. L’esposizione ha talmente tanto successo da segnare la sua rinascita come pittore.
“Esistenze Inafferrabili” dall’ 11 al 31 gennaio 2020 alla galleria d’arte La Fonderia di Firenze
La mostra offre al visitatore 21 opere nelle quali Dario Ballantini esplora la fragilità della condizione umana, attraverso quadri che colpiscono per i colori intensi (rosso, blu e nero sono predominanti) e mostrano l’amore del pittore per le avanguardie artistiche dei primi del ‘900. I quadri sono acrilici su tela, carta intelata e tavola, ai quali l’artista è arrivato dopo un decennio di sperimentazioni. Il tema portante è il passare del tempo al quale l’uomo non può porre rimedio e vi si lascia trasportare quale vittima e carnefice di se stesso. La città contemplata come luogo che travolge l’esistenza umana, i corpi decostruiti dove solo il volto rimane come punto focale anche se spesso deformato. La scelta di focalizzare l’attenzione sui volti non è casuale, per Ballantini il viso è “il miglior paesaggio che ci possa essere in pittura” e in questi quadri il visitatore può ritrovare se stesso, nell’angoscia quotidiana del tempo che passa, ma anche una speranza di rinascita.
La mostra verrà inaugurata giovedì 11 gennaio con un Vernissage alle ore 18 al quale parteciperà l’artista, quale occasione migliore per conoscere da vicino uno dei personaggi più poliedrici dei nostri tempi?