Quando un siciliano e poliedrico attore come Leo Gullotta, affronta sul palco un testo del premio Nobel per la letteratura Luigi Pirandello, nonché suo corregionale, non si può che accorrere in platea.
Pirandello è conosciuto e studiato durante tutta la formazione scolastica degli studenti italiani, eppure, nonostante ciò, l’interpretazione dei suoi testi risulta sempre difficile e faticosa.
Sarà per i personaggi psicologicamente definiti, o per il suo complesso pensiero sulle maschere (in breve: ogni uomo nell’arco della sua vita indosserà molte maschere, maschere che la società gli attribuisce e che per l’uomo sarà impossibile togliere, questo lo farà sentire solo e terribilmente incompreso), sta di fatto che i testi dell’autore hanno creato qualche difficoltà in molti interpreti che lo hanno recitato, forse per un approccio troppo “rispettoso” come spesso accade per le pietre miliari della letteratura.
Tuttavia un attore navigato come Gullotta, che ha convinto in tutti i suoi ruoli, dai comici ai tragici, che ha creato personaggi sfaccettati, conoscitore della sua terra che tanto ha ispirato l’autore, con la sua profonda sensibilità ha creato un personaggio credibile, riscuotendo il favore della critica, che siamo certi che non ti deluderà.
“Pensaci Giacomino” di Pirandello rivive le scene al teatro Stignani di Imola, per la regia di Fabio Grossi, regista e anch’esso drammaturgo, il che rende la visione ancora più interessante.
Gullotta interpreterà dal 27 novembre al 1 dicembre il Professor Toti, un insegnante di ginnasio, prossimo alla pensione, che vive e lavora in un piccolo paese della Sicilia. Una giovane donna Liliana rimane incinta di Giacomino, ex allievo del professore e nullatenente. Toti è deluso dalla società in cui vive e medita una vendetta, coglie quindi l’occasione sposando la giovane Liliana che era stata cacciata dalla famiglia quando aveva appreso della gravidanza. Il professore in questo modo, aiuta la donna e le può lasciare la sua corposa pensione dopo la sua morte, cosi da castigare lo Stato e aiutare lei, il piccolo nascituro e lo stesso Giacomino. Si genera un rapporto a tre, in cui Giacomino continua ad amare Liliana, con l’assenso di Toti, il quale alla nascita del piccolo Ninì, lo cresce e lo ama come se fosse figlio suo. Tutto questo sotto gli occhi scandalizzati del paese.
Una storia verosimile per l’epoca, chissà che l’autore non si sia ispirato a qualche fatto realmente avvenuto, ma soprattutto, nonostante sia dei primi del ‘900 ancora attualissima, poiché affronta il tema del giudizio degli altri sulle persone e lo fa con l’umorismo pirandelliano, ossia osservando la vicenda sia dal punto di vista comico che da quello tragico.
Toti con la sua decisione di sposare Liliana deride la società e fa ridere il pubblico, ma la società deride lui sempre per lo stesso motivo, suscitando negli spettatori sensazioni negative. I personaggi cambiano idea, sono mutevoli, dipingendo la visione che aveva l’autore dell’umanità, con tutte le sue contraddizioni, ma soprattutto con la sua estrema incapacità di comunicare:
“Abbiamo tutti dentro un mondo di cose: ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com’egli l’ha dentro? Crediamo di intenderci; non ci intendiamo mai!”