Nato a Bagheria nel 1911, Renato Guttuso, volutamente non si distaccherà mai del tutto dalle sue fiere origini siciliane, neanche quando la sua fama di artista internazionale, lo porterà lontano dalla sua terra che avrà modo di rappresentare in molte sue tele. Egli stesso amava dire:
“anche se dipingo una mela, c’è la Sicilia”
Un attaccamento alle radici quello di Renato Guttuso molto sentito ed intenso che trova sempre il modo di venire fuori concretamente, nelle forme e nei colori di molti suoi dipinti, la cui sola visione in certi frangenti, riesce a rievocare il profumo di zagara o le voci del mercato della “vucciria”, così come è facile cogliere in essi anche l’impegno sociale e politico, da sempre vivo in Renato Guttuso e nelle sue opere, ma che con gli anni e la maturazione sia artistica che personale, assunse forme più decise e inequivocabili in opere maggiori come la Crocifissione, tanto da essere quest’ultimo annoverato tra le tele più significative del ‘900.
D’indole artistica precoce, grazie probabilmente all’influenza del padre, acquerellista per diletto, il piccolo Renato Guttuso, già all’età di tredici anni realizzava autonomamente i suoi quadri, tanto che a diciassette potè fregiarsi di aver esposto nella città di Palermo, in una mostra collettiva. Da qui fu un continuo crescendo artistico che lo vide impegnato a Roma, Milano e in scenari internazionali, tra cui Parigi e Varsavia dove ebbe modo di incontrare e confrontarsi con i più grandi del momento.
“Io, Renato Guttuso”
Renato Guttuso fu tra i principali esponenti del neorealismo pittorico, una corrente che si prefiggeva il fine di creare opere artistiche che attingessero quanto più fedelmente alla realtà, così da ottenere l’effetto di essere immediatamente comprensibili ad un pubblico non allenato e formato alla critica artistica.
L’impegno nel campo dell’arte di Renato Guttuso è fervente e a tutto tondo. Lo troviamo spaziare da un’importante collaborazione con Mondadori per la realizzazione delle illustrazioni della Divina commedia, riproposta dalla casa editrice nel 1961; fino alla realizzazione, nel decennio successivo, delle scene teatrali per il suo grande amico Eduardo De Filippo. Collabora inoltre alle più importanti riviste italiane ed internazionali dando un importante contributo, esprimendo il suo punto di vista in termini di teoria e critica d’arte.
E poi grandi riconoscimenti internazionali, in un continuo crescendo che non lo portarono però mai lontano da quel solco ideologico che si era prefissato di seguire inconsciamente fin da bambino, da quando i suoi genitori, importante esempio di fermezza ideologica anche per il futuro, per attriti con l’amministrazione comunale di Bagheria, decisero, atto forte per quei tempi, di non registrare il nascituro Renato Guttuso al momento della nascita ma di farlo solo giorni dopo, negli uffici dell’anagrafe del comune di Palermo. Fino poi a ritrovarlo per due legislature a sedere nel Senato della Repubblica.
Renato Guttuso al Museo civico di Noto raccontato da 34 tele
Questo è il Renato Guttuso in mostra nel Museo civico di Noto, nell’ex convento di Santa Chiara, dove, con l’allestimento curato da Giuliana Fiori e organizzato da Sikarte, si è cercato di dare risalto a tutti gli aspetti della personalità di Renato Guttuso, richiamando in un percorso che ne traccia l’evoluzione, i momenti pittorici rievocativi dell’infanzia siciliana nella riproduzione dei “paesaggi isolani”.
Nei successivi “tetti” che raccontano il suo soggiorno romano, passando per i ritratti della moglie o della serie di cartoline illustrate dedicata alla sua grande musa Marta Marzotto, fino ad arrivare all’impronta lasciata su tela del suo impegno e della sua ideologia politica delle nature morte o nei dipinti di taglio storico in cui mostra i racconti delle lotte sociali per l’uguaglianza.
Trentaquattro opere che vogliono un po’ ripercorrere una vita intensa che si concluse il 18 gennaio 1987 e che con numerose opere lasciate in eredità alla città di Bagheria, volle forse evocare un ritorno a casa per lui che ateo fervente, non presagiva nessuna altra alternativa se non vivere per sempre attraverso le sue tele.