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Lettura: Lino Musella in “L’ammore nun’è ammore”
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Lino Musella in “L’ammore nun’è ammore”

Un viaggio emozionale che trasforma i sonetti di Shakespeare in un’esperienza popolare e viscerale grazie al dialetto napoletano

Roberta Mazzacane 7 mesi fa Commenta! 2
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L’ultima fatica di Lino Musella è un recital che si trasforma in un’operazione culturale e linguistica che sorprende il pubblico per originalità e forza emotiva. Musella si muove in una dimensione raccolta, poetica, profondamente intima reinterpretando i 30 sonetti di Shakespeare traditi e tradotti da Dario Jacobelli, accompagnato sul palco da Marvo Vidino agli strumenti musicali.

L’ammore nun’è ammore riprende l’incipit del celebre sonetto 116 di Shakespeare e lo rovescia in una dichiarazione paradossale. In napoletano, “nun’è ammore” può essere inteso sia come negazione che come affermazione più radicale dell’amore stesso.

Ripercorrendo le orme del poeta napoletano Dario Jacobelli, che “tradito” una trentina dei sonetti shakespeariani, Musella gioca con il pubblico in sala coinvolgendolo in vari modi. Il dialetto napoletano non è, in questo spettacolo, una semplice scelta stilistica o localistica, ma una lingua viscerale, capace di portare i sentimenti alle estreme conseguenze.

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Shakespeare, tradotto in napoletano, smette di essere “classico” per diventare “popolare” e parla a tutti.

Musella passeggia in platea e si dona al pubblico con un colpo di scena finale, quando appare seduto sulla balaustra dei balconcini del Sannazaro.

Alla fine non ci sono solo applausi ma una vera e propria ovazione. La scenografia è semplice, con pochi oggetti, significativi.

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