Look-down: il ritorno di Jago: l‘artista che parla direttamente alle emozioni, senza mezzi termini, provocatorio e spesso incompreso.
Jago torna in Italia con un’opera dedicata a coloro che, più di altri, stanno soffrendo gli effetti della pandemia di Covid-19. Look-down: un invito a guardare in basso, verso chi non ha più la forza di gridare la propria disperazione.
Jago: la verità vi renderà liberi
Jago, nome d’arte di Jacopo Cardillo, nasce nel 1987 a Frosinone, città definita la capitale della Ciociaria.
Si diploma al liceo artistico e frequenta l’Accademia delle Belle Arti. Nel 2009 scolpisce un busto di Benedetto XVI, realizzato ispirandosi al ritratto di Papa Pio IX di Adolfo Wildt.
Affascinato dalla sua arte, nel 2010 Vittorio Sgarbi lo seleziona per la 54a Biennale di Venezia: cosa che non entusiasma affatto uno dei suoi professori, che gli intima di non presentarsi. Ciononostante, Jago decide di partecipare alla mostra e di esporre la sua opera.
Il suo gesto di ribellione inasprisce il clima che si respira in aula, al punto da costringerlo ad abbandonare gli studi.
Disorientato, tenta di esporre le proprie opere presso diverse gallerie d’arte, senza alcun successo: al che, decide di sfruttare i social per arrivare al suo pubblico e ciò si rivela una mossa vincente.
Nel 2012, il busto di Benedetto XVI gli vale la Medaglia del Pontificato, conferitagli dal Cardinale Ravasi in occasione del Premio delle Pontificie Accademie.
Nel 2013, vince il Premio Gala de l’Art di Monte Carlo e, nel 2015, il Premio Pio Catel.
Quando Joseph Ratzinger si dimette dalla carica di pontefice, nel 2016 Jago “sveste” la sua scultura, trasformandola nell’Habemus Hominem.
Ed è con questo gesto estremo che ribadisce al mondo le basi della sua ideologia artistica.
Totale libertà espressiva e opposizione all’arte effimera con cui vengono educate le masse, ovvero al sistema che lui definisce “furbarte”: fatto di immagini e messaggi studiati apposta per stupire un pubblico, disabituato alla tradizione del bello: sistema a cui vengono educati gli stessi artisti all’interno delle accademie.
Forte è il suo messaggio, rivolto soprattutto ai giovani lavoratori dell’arte:
Portato a livello scolastico, insegnato sui banchi di scuola, questo meccanismo determinerà col tempo l’incapacità di distinguere cosa è arte e cosa non lo è.
In realtà però, naturalmente, dentro di noi ci sono tutti gli strumenti per comprendere. […]
Noi dobbiamo recuperare la consapevolezza e l’arte in questo senso ci può dare una mano; ma per fare ciò dobbiamo imparare a distinguere.
Questo è il motivo per cui i giovani devono tornare a sporcarsi le mani, essere ideatori e creatori delle proprie opere, perché soltanto in questo modo potranno comprendere il senso della creazione. […]
Ricordate: nessuna scuola può trasformarvi in artisti e la creatività non si può comprare, la scelta è vostra. […]
Non fatevi ingannare dalle immagini che vi vengono proposte. Indagate, perché la verità vi renderà liberi e la libertà è già vostra.
Dopo aver portato la sua arte a Naxos, in Grecia, a Roma e a Verona, nel 2016 tiene corsi anche in Cina e in America. Nel 2017, vince il Premio del pubblico Arte Fiera Bologna e ottiene l’investitura come Mastro della Pietra al MarmoMacc.
Nel 2018 tiene una masterclass e una lecture alla New York Academy of Art.
Jago: Il Figlio Velato
Dopo l’esposizione alla fiera d’arte internazionale Armory Show di Manhattan, si dedica alla realizzazione del Figlio Velato: opera ispirata al Cristo Velato di Giuseppe Sanmartino, la straordinaria scultura esposta nella Cappella San Severo di Napoli.
Non a caso, il lavoro di Jago è stato collocato in esposizione permanente presso la Cappella dei Bianchi della Chiesa di San Severo fuori le mura, nel rione Sanità.
Sono a New York perché è qui che credono in me, è qui che mi sostengono economicamente.
L’opera a cui lavoro, però, andrà a Napoli, dove è giusto che stia, come gesto di restituzione alla città che con il suo Cristo Velato ha ispirato me e centinaia di altri artisti.
La realizzazione della scultura, estratta da un blocco di marmo Danby del Vermont, è stata resa visibile in live streaming su Facebook. Giacché, come spiega l’artista:
Sapere che c’è qualcuno che ti guarda ti condiziona e questo ti permette anche di convogliare quelle attenzioni all’interno del lavoro, quindi chi partecipa diventa opera in qualche modo e ne gode in maniera molto migliore.
Una creatura che toglie il fiato, suscitando nell’osservatore la stessa meraviglia di cui solo le velate di Napoli sono capaci. Sembra assopita, sotto quel velo sottilissimo che pare poggiato su di lei, piuttosto che scolpito sulla sua stessa pelle di pietra.
La morbidezza delle pieghe spinge la mente a dubitare della loro consistenza.
Durante un’intervista, Jago dà una breve interpretazione del Figlio Velato, elevandolo a simbolo dei fragili schiacciati e sfruttati dall’egoismo del genere umano: tuttavia, è convinto che sia giusto lasciare a chiunque la possibilità di vedere, nelle sue opere, ciò che vuole.
Dopotutto, ognuno ha la sua personale visione della realtà.
Sempre nel 2018, Jago viene invitato ad esporre alla Biennale Internazionale di Arte Contemporanea Sacra e delle Religioni Dell’Umanità a Palermo. Ulteriore plauso al suo genio.
Jago: The First Baby
Nell’estate del 2020, è il primo artista al mondo ad inviare una scultura di marmo nello spazio. L’opera, intitolata The First Baby, molto simile a Look-down, è stata affidata all’astronauta Luca Parmitano.
Dalla stazione spaziale internazionale viene pubblicato uno scatto del minuscolo bimbo, realizzato in Marmo di Carrara, che galleggia con la Terra sullo sfondo. Un’immagine poetica, destinata ad entrare nella storia.
A Luglio, Jago è ospite alla quarta edizione del White Carrara Downtown, organizzato dall’IMM CarraraFiere Spa. Di fronte ad una kermesse ammirata e incuriosita dalla sua ultima fatica, accenna ad una nuova opera in lavorazione, intitolata La Pietà.
Jago: La Pietà
Il 15 Settembre 2020, nella seicentesca Chiesa di S. Aspreno ai Crociferi del Rione Sanità, riaperta dopo anni di abbandono, Jago ha invitato i giovani artisti napoletani ad assistere all’arrivo del marmo di Carrara con cui realizzerà La Pietà: opera che sostituisce alla figura materna quella del padre, capace anch’egli di soffrire di fronte alla morte di un figlio. E di piangere.
Jago vuole ridare dignità al genere maschile, svilito da accezioni negative come quella del patriarca violento e dello stupratore, per dare voce a tutti quegli uomini che sono invece dolci, generosi e paterni.
Jago: Look-down
Un neonato di marmo bianco, rannicchiato in posizione fetale e ancorato al pavimento con una catena. Appare sei giorni fa, all’alba del 5 Novembre 2020 in Piazza del Plebiscito, come per magia: nessuno sa chi lo abbia messo lì, né chi lo abbia realizzato.
Solo un video pubblicato sui social svela l’arcano: è stato proprio lui, Jago, che seguendo i movimenti della gru adagia il suo bambino sui sanpietrini e lo incatena a terra. Abbandonato lì, indifeso e impotente.
Ai giornalisti del “Mattino”, che gli chiedono cosa abbia voluto rappresentare, lui si limita a rispondere:
“Il significato della mia opera? Andatelo a chiedere a tutti quelli che, in questo momento, sono stati lasciati incatenati nella loro condizione.
‘Look-down’ è un invito a ‘guardare in basso’ ai problemi che affliggono la società e alla paura di una situazione di povertà diffusa che si prospetta essere molto preoccupante, soprattutto per i più fragili”.
Da Homeless a Look-down
Look-down è un’opera per i senzatetto, gli ultimi, coloro che si sono ritrovati da un giorno all’altro senza un lavoro e senza una vita, in un periodo storico che non solo metterà in ginocchio l’intera popolazione italiana, ma contribuirà ad acuire un divario sociale già paurosamente alto, secondo i dati riportati negli scorsi anni dall’Ocse.
Solo nel 2011, infatti, si è stimato che il 10% della popolazione più ricca facente parte della zona OCSE ha guadagnato circa 9,5 volte il reddito del 10% più povero. Tale gap è in continua crescita dal 1980, anno in cui era pari a 7 volte.
Jago ha voluto consolare le vittime di questa povertà insana con il suo prezioso regalo. C’è chi ne ha stimato il valore, azzardando un milione di euro: invero, gesti del genere non hanno prezzo.
L’artista ha realizzato Look-down in due mesi e mezzo di lavoro ininterrotto a New York, dove vi sono centinaia di senzatetto: motivo per cui, all’inizio, il neonato è stato chiamato Homeless.
Lì i senzatetto sono tantissimi, ovunque. E nessuno ci fa più caso.
Non li vedi più: perché, mi chiedevo. Perché sono vecchi, poveri, grigi. Perché non vediamo più il bambino. Se fossero centinaia di bambini stesi a terra, soli, senza riparo, li vedremmo.
Infine, cambiando il titolo della propria opera, Jago ha deciso di darle un significato molto più ampio.
Look-down: un regalo per Napoli
Napoli è, da sempre, una delle mete preferite dell’artista: una città che lo ha stregato, con la sua arte e i suoi misteri.
Jago reputa la capitale campana, e in particolare il Rione Sanità, una delle zone più ricche d’Italia: confida nei giovani artisti, che lo hanno seguito nell’incontro del 15 Settembre, e si fa portavoce della loro voglia di crescita e di riscatto.
Dichiara l’assessora Eleonora De Majo:
Quest’opera è un regalo alla nostra città, ma soprattutto un invito che da Napoli si rivolge al mondo intero.
Guardare verso il basso, cambiare il punto di vista, occuparsi di chi sta rischiando di affogare nel mare in tempesta della pandemia e dei suoi devastanti effetti sociali.
“Look-down” è un patto tra Jago e noi. Da oggi è lì per terra, come monito e insieme come sfida.
La scultura resterà, infatti, a Piazza Plebiscito in esposizione permanente.
Jago: l’artista che sfida il tempo e le convenzioni
Innamorato di Michelangelo, Jago decide da bambino di diventare come lui, anzi: più grande di lui.
Questo sogno, il più delle volte frainteso e criticato come l’ambizione di un mitomane, lo porta a migliorarsi giorno per giorno e a sfidare i suoi limiti per realizzare opere sempre più complesse.
Il suo obiettivo:
Creare qualcosa che sia universale. Come Sex machine di James Brown, cioè: la senti fra cento anni e suona sempre bene, capito? Questa è la mia ambizione: fare qualcosa che sia per sempre fuori dal tempo.
Ha reinventato non solo le regole del suo lavoro, ma anche gli strumenti: quelli per scolpire, che – come dice lui stesso – possono essere rimediati senza problemi da un ferramenta, e quelli per promuoversi.
Come si può notare dalla ricchezza di contenuti presente in questo articolo, i social sono il fulcro della sua attività: dirette, foto, interviste e video motivazionali, indirizzati soprattutto a coloro che vogliono intraprendere la carriera dell’arte.
Non mancano le critiche, talvolta pesanti, al suo lavoro: lui ne prende atto, impara dalle più costruttive e continua ad andare avanti.
Invitiamo a vedere ma soprattutto ascoltare con attenzione Mente, Mano, Cuore, Io non sono Michelangelo e Il desiderio di scolpire.
La capacità che Jago ha di comunicare i concetti più disparati, ma soprattutto di spiegare in poche e semplici parole il suo processo creativo, incanta.
Dopo aver gettato le basi della sua idea su un modello d’argilla e aver definito qualche punto di riferimento sul marmo, per sgrossare il blocco, Jago si lascia andare alla sua sensibilità.
Tolgo solo il superfluo e quando raggiungo la forma che mi interessa, come volume, allora lì scolpisco. È nell’ultimo centimetro di lavoro che fai la differenza, è in quell’ultimo centimetro di possibilità che si realizza la scultura.
La sua è una dedizione febbrile e inusuale, che non gli ha tuttavia permesso di avere il successo sperato in Italia: troppe le difficoltà, soprattutto economiche, che lo hanno costretto a trasferirsi all’estero.
Per cominciare credo gli artisti non dovrebbero pagare le tasse. O comunque pagarne un minimo, perché purtroppo è un dramma.
Tu immagina un ragazzo che fa una, due opere all’anno e poi le vende a poco. Se deve aprire la partita Iva con il 50% che se ne va in tasse lascia stare.
Stiamo facendo rinunciare intere generazioni all’opportunità di contribuire alla formazione di quello che sarà il nostro bagaglio culturale futuro.
Gli artisti invece dovrebbero essere favoriti in tutto questo, perché se fra 100 anni un ragazzo davanti a un bel panorama sarà in grado di sussurrare alle orecchie della donna che ama delle dolci parole sarà perché un poeta oggi avrà potuto instillare in quei versi delle emozioni.
Intanto, nel suo laboratorio di Long Island, lo attende La Vergine: statua sponsorizzata dalla ABC Stone, progettata per essere alta circa cinque metri. Sarà la più grande opera realizzata fino ad ora dall’artista ciociaro, ma anche la più controversa: rappresenterà infatti la Madonna quattordicenne, nuda e incinta.
Jago non si lascia intimorire dalle critiche a cui andrà incontro ancora una volta e continua, imperterrito, il suo lavoro: c’è ancora tanto da fare per raggiungere l’immortalità.