Uno dei conoscitori e mercanti d’arte più importante del mondo, ma misconosciuto, se non agli addetti ai lavori è Ludwig Pollack.
Pollack nasce a Praga nel 1868, trascorre nel ghetto di Praga la sua infanzia, per poi trasferirsi a Vienna per studiare. Nel 1893 arriva a Roma, erano anni in cui le città subivano continuamente cambiamenti urbanistici e gli scavi dovuti ai lavori, portavano, di sovente, alla luce ritrovamenti archeologici (chi vive a Roma sa bene che questo accade ancora oggi). Il rinvenimento di questi reperti, assieme all’attenzione verso l’arte di quegli anni, furono terreno fertile per il decollo del collezionismo internazionale.
Pollack aveva un fiuto infallibile per le opere d’arte, girava per Roma, visitando gli scavi, le botteghe, i rigattieri, sempre alla ricerca di qualche pezzo da collezionare o rivendere. Rimarrà alla storia per aver scovato, durante una delle sue tante passeggiate “investigative”, in una bottega di Via delle Sette Sale il braccio di una statua ripiegato su stesso. Il bottegaio aveva raccontato a Pollack che proveniva da uno scavo su una via vicina, Via Labicana. L’infallibile Ludwig collegò che in quel sito, venne fatto uno scavo dal quale fu rinvenuto un vero tesoro, il gruppo ellenistico del Laocoonte Vaticano e che ad un elemento di quel gruppo marmoreo, mancava un braccio: il braccio che in quella bottega acquistò, era il 1903.
La vita di Pollack fu degna di un romanzo, viaggiò moltissimo, alla scoperta delle meraviglie del mondo, scrisse 25 volumi di Diari, alcuni ancora inediti, nei quali racconta delle mostre, delle aste, dei ritrovamenti. Parla della Grecia, della Siria, della Palestina e dell’Egitto.
Allacciò importanti amicizie con ricchi mecenati e collezionisti, ma il legame che rimarrà alla storia sarà quello con Freud.
Gruppo del Laocoonte
Per capire appieno la bravura, l’intuito e la profonda conoscenza che Pollack aveva dell’arte, è giusto che tu conosca il Gruppo del Laocoonte. E’ un’opera scultorea che è stata rinvenuta quasi completamente integra. Narra la storia del veggente troiano Laocoonte, che compare nell’Eneide nel momento in cui i troiani trovano il Cavallo donato dai greci fuori dalle mura della città. Virgilio racconta che Laoconte lanciò una freccia sul ventre del cavallo di legno e che, dal suono di pienezza che ne derivò, egli sentenziò la celebre frase “Temo i greci, anche quando portano doni”, ma la dea Atena, che parteggiava per Ulisse scagliò contro lui e i suoi figli dei serpenti marini che lo portarono via. Questo fu interpretato dai troiani come un segno e il celebre cavallo fu introdotto a Troia.
Nel gruppo ci sono Laoconte al centro con la barba e i due figli si trovano ai lati, coi serpenti che avvinghiano i loro corpi dal basso. L’opera è alta 242 centimetri ed è del periodo ellenistico della scuola rodia (una corrente che si sviluppò a Rodi e che coinvolse più di cento artisti). Il suo ritrovamento, avvenne nel 1506 a Colle Oppio, nella tenuta di Felice de Fredis, poco distante dalla Domus Aurea di Nerone. Sembra che presenziò al ritrovamento persino Michelangelo Buonarroti. Quando l’opera fu rinvenuta, mancavano poche parti, tra cui il braccio di Laocoonte. Lo stesso Michelangelo ipotizzò, analizzando la statua, che il pezzo mancante fosse ripiegato su stesso, ma l’opinione comune che fosse disteso prevalse e per anni, non venne trovato, ma fu sostituito con una riproduzione dell’epoca, in forma distesa.
Quando Pollack trovò il braccio, probabilmente aveva letto di Michelangelo e intuì che uno scultore capace e che aveva studiato approfonditamente il corpo umano come Buonarroti, non poteva aver sbagliato. Trasse le somme e la storia dell’arte diede ragione ad entrambi.
Nel 1905 donò il “braccio” al Vaticano e fu il primo “non convertito” a ricevere la Croce alla Cultura.
Auschwitz
Pollack decise di non approfittare delle numerose amicizie che aveva stretto a livello internazionale, come il barone e banchiere Edmond de Rothschild e il conte e collezionista russo Gregorio Stroganoff. Il 16 ottobre del 1943, ormai aveva 75 anni venne prelevato con la moglie e i figli dalla Gestapo che stava battendo il ghetto ebraico. Nonostante avesse una vettura ad aspettarlo per condurlo verso la libertà, decise di seguire la sua gente. Fu deportato nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, dal quale non fece più ritorno.