Sabato 10 ottobre 2020 è stata inaugurata la mostra dedicata a Margherita Grassini Sarfatti, donna di straordinaria forza, di sofisticata cultura e di autentica intelligenza. La mostra “Margherita Sarfatti e l’arte in Italia tra le due guerre” sarà allestita presso la Galleria Russo di Roma, fino al 31 ottobre 2020.
La mostra: Margherita Sarfatti e l’arte in Italia tra le due guerre
La mostra dedicata a Margherita Sarfatti aiuterà lo spettatore a ribaltare il ruolo alla quale questa sorprendente donna viene legata. Margherita Grassini Sarfatti è stata apostrofata dalla storia e dalla storiografia semplicemente come “l’altra donna di Benito Mussolini”, in realtà, in una società non esclusivamente maschilista, Mussolini sarebbe stato definito l’altro uomo di Margherita.
La mostra è curata da Fabio Benzi, e presenta cinquanta opere, tra le quali veri e propri capolavori, in gran parte provenienti dalla sua collezione. “Abbiamo voluto privilegiare l’elemento culturale trascurando l’aspetto di impresa a causa della totale mancanza di proposte da parte del Campidoglio” puntualizza Fabrizio Russo, responsabile della Galleria, legato alla famiglia Sarfatti da una antica parentela. Proprio dai nomi degli artisti seguiti dalla Sarfatti emerge un argomento finora trascurato.
Fabio Benzi, sottolineando la passione di Margherita Sarfatti, la definisce con le seguenti parole:
Era una collezionista compulsiva e appassionata, molto più varia e creativa di quanto si creda. Era legata al gruppo di Novecento ma in casa aveva Cagli, Pirandello e altri autori romani, opere di futuristi come Boccioni e Balla, e grandi artisti stranieri. Era una figura complessa e sfaccettata.
Rachele Ferrario, nella presentazione del catalogo, vuole dare una nuova visione di questa donna ante litteram:
E’ il momento di rileggere la sua figura di intellettuale, che inizia il suo percorso ben prima di affiancarsi a Mussolini, l’uomo che forgiò, che amò e di cui presagì in anticipo la tragica fine.
Chi visiterà l’esposizione, valuterà dunque lo spessore intellettuale di Margherita Sarfatti attraverso le sue scelte artistiche: Medardo Rosso, Umberto Boccioni, Mario Sironi, Adolfo Wildt sono presenti con emozionanti capolavori, Gino Severini, Achille Funi e un ritratto del 1927 di Giorgio De Chirico con dedica alla Sarfatti del 1931.
La mostra è corredata da un catalogo edito da Silvana Editoriale, con introduzione di Corrado Augias e testi di Fabio Benzi, docente dell’Università di Chieti e fra i massimi esperti dell’arte italiana del Novecento e Rachele Ferrario, autrice di una accurata recente monografia dedicata a Margherita Sarfatti.
Chi era Margherita Grassini Sarfatti?
Margherita Sarfatti (Venezia, 8 aprile 1880 – Cavallasca, 30 ottobre 1961) nacque da una ricca e nota famiglia ebraica. Contro il volere della famiglia sposa a 18 anni l’avvocato Cesare Sarfatti, militante socialista, e ne assume il cognome, con cui firmerà tutte le sue opere. Spesso viene associata solo al nome di Benito Mussolini e apostrofata come semplice amante. Ma Margherita non era un’amante, ma la sua musa, e che lo ha aiutato a creare le basi del fascismo.
Margherita Grassini Sarfatti ha conosciuto il futuro Duce nella redazione de L’Avanti, quando lui era ancora dirigente del PSI e in procinto di divenire direttore della stessa testa giornalistica.
L’evento più importante nella vita dei Sarfatti è però di ben altra natura e tocca tragicamente la loro vita familiare. Il primogenito Roberto, dopo molte insistenze e tentativi, riesce ad arruolarsi e nel luglio 1917 parte per il fronte. Muore in battaglia sul Monte Baldo il 28 gennaio 1918, a 18 anni.
Margherita Sarfatti, nonostante le diverse vicende, resta legata al mondo dell’arte e della cultura, fondando nel 1922, con il gallerista Lino Pesaro e gli artisti Anselmo Bucci, Leonardo Dudreville, Achille Funi, Gian Emilio Malerba, Pietro Marussig, Ubaldo Oppi e Mario Sironi il cosiddetto Gruppo del Novecento, le cui opere vengono esposte per la prima volta nel 1923 alla Galleria Pesaro di Milano. A causa della sua adesione al fascismo – sancita nel 1925 dalla sottoscrizione al Manifesto degli intellettuali fascisti – alcuni artisti si allontanano, non condividendo il progetto della Sarfatti di contribuire alla nascita di una cosiddetta arte fascista.
Dopo un lungo sodalizio amoroso tra Mussolini e Margherita, il Duce sposa in chiesa Rachele. Margherita è una donna sempre più indipendente e intraprendente, che viaggia, scopre e conosce. Così, arrivata in America, apprende le idee e le posizioni di Roosevelt, e tenta di distogliere Mussolini dalla visione hitleriana del mondo. Le cose però precipitano e, con l’entrata in famiglia di Galeazzo Ciano, la freddezza di Mussolini nei suoi confronti diventa ostilità, mentre si avvicina il momento delle leggi razziali.
Con la promulgazione delle leggi razziali nel 1938, la Sarfatti si allontana dall’Italia. Si trasferisce dapprima a Parigi, ove tiene conferenze sulla letteratura. Ha rapporti con Jean Cocteau. Si rifugia, per sei anni, in Uruguay e Argentina, scrivendo per alcuni giornali delle due capitali. Qui stringe amicizia con il pittore Emilio Pettoruti, le scrittrici Victoria e Silvina Ocampo e il giornalista Natalio Botana.
In Sudamerica comincia a scrivere anche le sue memorie, Acqua Passata, una rivisitazione del suo Dux e dei suoi vent’anni trascorsi a fianco di Mussolini. Inizialmente il titolo avrebbe dovuto essere Mea culpa, poi trasformato in My fault. Negli ultimi anni Margherita si isola nella sua villa di Cavallasca, vicino a Como, dove morirà nel 1961.
La mostra dedicata a Margherita Sarfatti aiuterà il visitatore a scoprire questa donna appassionata d’arte e a darle il giusto valore, allontanandola sempre di più dal superato e limitato appellativo di “altra donna di Benito Mussolini”.