Per rendere omaggio alla giornata di ieri, 20 Novembre, Giornata mondiale per i diritti dell’infanzia e l’adolescenza, ICrewPlay Arte e Cultura presenta una delle figure cardine che hanno rivoluzionato la scuola italiana e il modo in cui concepiamo la mente del bambino: il maestro Mario Lodi.
Un professionista che ha lottato, sin da giovanissimo, contro ogni forma d’oppressione dei diritti fondamentali dell’uomo e ha ideato, durante la sua lunga carriera d’insegnante, una metodologia didattica fondata sull’utilizzo dei linguaggi ludici e artistici durante le lezioni.
L’arte del bambino: un atavico bisogno di raccontarsi
La storia dell’arte è lunga quanto quella dell’umanità: lo testimoniano le pitture rupestri del Paleolitico. Scopo dell’arte di allora, come tutto sommato quella di oggi, era quello di esprimere desideri, emozioni o problemi.
Basti pensare ai graffiti, realizzati probabilmente per scopri propiziatori, che rappresentavano scene di caccia e animali. Al fatto che questi ultimi fossero fonte di cibo, vestiario, materiali per fabbricare utensili, e quindi di sopravvivenza, nonché creature enormi e affascinanti che popolavano la realtà e l’immaginario collettivo.
Mario Lodi parte da questo presupposto, nella sua ricerca sull’arte del bambino: da sempre, l’uomo ha il bisogno naturale di esprimere il proprio mondo interiore con ogni mezzo, in ogni epoca e ad ogni età.
Mario Lodi e i diritti del bambino: la libertà di espressione
Ed è in classe che vuole riconnettere i suoi alunni a tale bisogno, che negli anni quaranta è stato mortificato dall’avvento del Fascismo e del secondo conflitto mondiale: mostrando loro immagini di quadri con soggetti perlopiù gioiosi, che parlano di pace e innovazione; immergendoli in un ambiente altamente costruttivista, ricco di strumenti e materiali con cui sfogare la propria creatività.
Vuole avvicinarli alla bellezza e alla bontà: liberarli dall’ombra del regime, che ha seminato paura nelle menti dei loro genitori e nel loro stile educativo; rassicurarli sul fatto che possono essere chi vogliono e dire ciò che sentono, senza essere giudicati.
La tirannia di Mussolini è stata il primo nemico di Mario Lodi: ha iniziato ad affrontarla parlandone in famiglia, con il padre socialista, e manifestando in piazza. Nel ’45, dopo il diploma, viene persino incarcerato: la sua fame di civiltà e giustizia è tanto grande da spegnere in lui ogni timore per i nemici della libertà.
L’arte ha per lui, quindi, un valore molto forte: è il mezzo attraverso cui il bambino esercita il suo diritto ad essere cittadino attivo e forma la sua personalità. Solo insegnandogli ad esprimersi e permettendogli di farlo, senza limiti e nel rispetto altrui, può renderlo un adulto consapevole e libero.
Con il giornalino, il racconto e il disegno collettivo, le mostre di pittura e le rappresentazioni teatrali in classe, Mario Lodi crea così la sua piccola palestra di democrazia, trasferita durante gli anni della pensione nella sua Casa delle Arti e del Gioco: cooperativa gestita tuttora dalla figlia Cosetta Lodi.
Come si sviluppa l’arte del bambino?
Occorrerebbe più di un articolo per rendere giustizia all’impegno pedagogico del maestro, ma in questa sede ci limiteremo a trattare la sua approfondita ricerca sul linguaggio grafico-pittorico, una delle forme espressive predilette dai suoi studenti.
Nel suo documentario, L’arte del bambino del 1992, Mario Lodi espone con dovizia di particolari in che modo questa si sviluppa dai primi anni di vita fino all’adolescenza.
L’arte del bambino di Mario Lodi: i primi anni di vita
Fra i due e i tre anni, il bambino “scarabocchia”: gode nello scoprire che, muovendo la sua mano, può lasciare dei segni. È in una fase di esplorazione dell’ambiente e del proprio corpo, che sta imparando a conoscere attraverso i sensi.
Crescendo, poi, scopre quasi per caso che alcune delle “tracce” da lui lasciate richiamano alcune figure della sua piccola realtà: una linea verticale può essere il papà, un cerchio la testa della mamma, una forma orizzontale il tavolo, e così via.
Solo a questo punto inizia la vera attività di rappresentazione, che continua tuttavia a richiamare quella ludica ed esplorativa: disegna tutto ciò che conosce, osserva o lo colpisce in particolar modo.
Dai quattro ai cinque anni, diventa capace abbastanza da creare forme complesse di stampo geometrico, che rispecchiano nella scelta dei colori e delle proporzioni la sua sfera emotiva.
Continua ad esprimersi così fino ai sette o gli otto anni, acquisendo nel corso del tempo una padronanza sempre maggiore del linguaggio grafico-pittorico.
L’arte del bambino di Mario Lodi: caratteristiche
Il modo di disegnare del bambino non si può confrontare con l’arte classica dell’uomo: lui usa altre soluzioni tecniche, lui ha un altro modo di rappresentare le figure, le cose.
Ma il bambino non sbaglia, perché i rapporti che crea fra le cose non sono misure reali, ma psicologiche.
Colloca gli oggetti fra la terra e il cielo, su una linea di base a parte; ingrandisce i dettagli che sono per lui molto importanti, per esempio un regalo molto gradito; rende gli oggetti che si sovrappongono “trasparenti”, come la mano davanti all’occhio del soldato. Sa, infatti, che l’occhio è lì, dietro la mano, e trova quindi necessario rappresentarlo.
I colori che sceglie sono netti, privi di sfumature, e li usa non solo per illustrare ma anche per rielaborare in maniera personale la realtà: tonalità calde per esprimere felicità, spente e con prevalenza di nero per la malinconia.
L’arte del bambino di Mario Lodi: dai nove anni all’adolescenza
In questo periodo, il mondo interiore del bambino si estende all’esperienza del prossimo e del contesto sociale in cui vive: osserva l’ambiente circostante con più attenzione e inserisce nei suoi disegni dettagli che prima ignorava. Scopre l’esistenza del piano, su cui poggiano gli oggetti, che perdono la loro trasparenza e si sovrappongono allo sfondo del cielo.
Nonostante i soggetti siano più realistici, risultano ancora troppo rigidi: non vi è infatti il senso del movimento. Mancano, inoltre, ancora le luci, le ombre e le sfumature.
Ma è durante le scuole medie che il ragazzino, sempre più vicino al mondo degli adulti, si perfeziona e sperimenta nuovi stili espressivi.
L’arte diventa il riflesso dei forti stati emotivi e dei sentimenti caratteristici dell’adolescenza, aiuta a superare conflitti interiori e dipana le divergenze in classe.
Mario Lodi raggruppa la produzione artistica di questa fase in tre categorie:
I realisti: attenti all’anatomia, la prospettiva, la profondità, le luci e le ombre. Sono, inoltre, coloro che tendono a “raccontare” qualcosa attraverso il disegno: una scena di vita quotidiana o un episodio che ha destato il loro interesse, ad esempio, ma senza alcuna partecipazione emotiva.
Gli espressionisti, che creano un legame emotivo con i loro soggetti, scegliendo i colori che meglio esprimono la loro interiorità.
Gli astrattisti che, a differenza degli espressionisti, preferiscono composizioni fatte di linee e colori.
L’arte del bambino di Mario Lodi: un diritto da non trascurare
La Convenzione Onu sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, recita all’articolo 13:
1. Il fanciullo ha diritto alla libertà di espressione. Questo diritto comprende la libertà di ricercare, di ricevere e di divulgare informazioni e idee di ogni specie, indipendentemente dalle frontiere, sotto forma orale, scritta, stampata o artistica, o con ogni altro mezzo a scelta del fanciullo.
2. L’esercizio di questo diritto può essere regolamentato unicamente dalle limitazioni stabilite dalla legge e che sono necessarie:
a) al rispetto dei diritti o della reputazione altrui; oppure
b) alla salvaguardia della sicurezza nazionale, dell’ordine pubblico, della salute o della moralità pubbliche.
Un traguardo a lungo agognato da Mario Lodi, insieme con l’inserimento dell’arte nei programmi scolastici; ma il maestro indica un altro diritto fondamentale, finora trascurato:
Io sono convinto che le opere dei bambini originali, autentiche, debbano avere un loro posto nelle pinacoteche accanto a quelle degli adulti: perché sono proprio l’inizio dell’arte grafico-pittorica dell’uomo.
Una mentalità che travalica quella di certi insegnanti, insensibili alle rielaborazioni creative dell’alunno durante l’ora di arte e immagine, o di genitori abituati a gettare via i disegni dei figli.
Tutto parte proprio da lì, dal disegno: quella finestra spalancata sul mondo interiore del bambino. Sono lì le sue idee, le sue motivazioni, il suo potenziale; ogni cosa che sappiamo di lui e che ancora potremmo scoprire, se solo avessimo la pazienza di osservare.