L’11 luglio 1995 si consuma una delle più tragiche pagine della storia europea recente: il massacro di Srebrenica. In quella che era ormai l’ex Jugoslavia, migliaia di bosniaci musulmani vengono trucidati dai serbi sotto il comando del generale Ratko Mladić. La città di Srebrenica, dichiarata zona protetta dall’ONU, diventa teatro di una vera e propria catastrofe umanitaria.
Srebrenica, una cittadina della Bosnia orientale, aveva accolto moltissimi rifugiati in fuga dalla guerra. Tuttavia, gli ordini di Radovan Karadžić erano chiari: creare una situazione di totale insicurezza e disperazione. E così avvenne. Il generale Mladić mise in atto un piano sistematico per svuotare la città dai suoi abitanti: 40 mila persone, principalmente musulmani bosniaci.
La tragedia delle deportazioni e delle esecuzioni
Di questi, 30 mila fra donne e bambini furono deportati, mentre 8000 uomini e ragazzi (12 mila secondo i parenti delle vittime) furono brutalmente massacrati in pochi giorni. Questa operazione venne eseguita con una precisione agghiacciante, segnando per sempre la memoria collettiva della Bosnia e dell’Europa intera.
Srebrenica: un giorno per ricordare
Il Parlamento Europeo, l’11 luglio 2010, ha istituito il “Giorno della memoria per le vittime del genocidio di Srebrenica”, riconoscendo ufficialmente la gravità di questi eventi e la necessità di ricordare per evitare che simili atrocità possano ripetersi. Dopo 15 anni di latitanza, Ratko Mladić viene catturato il 26 maggio 2011 e portato davanti al Tribunale dell’Aja, dove sarà giudicato per genocidio e crimini contro l’umanità.
Il massacro di Srebrenica rappresenta una delle più grandi vergogne della storia contemporanea, un richiamo costante alla necessità di promuovere la pace e la giustizia. Come possiamo, oggi, assicurare che la memoria di questi eventi resti viva e contribuisca alla costruzione di un futuro migliore?