Mater Amazzonia the deep breath of the world. In mostra ai Musei vaticani fino all’11 gennaio 2020
Entrare nei Musei vaticani costituisce una straordinaria esperienza estetica, spirituale, mistica. Percorrere la classicità tra mondo sacro e mondo pagano, integrare il tutto in un percorso di conoscenza fondamentale per tutti coloro che hanno scelto di andare oltre e allargare lo sguardo abbracciando le culture indigene dell’Amazzonia, ma anche dell’Australia e dell’Oceania. Popolazioni che pagano il prezzo di secoli di colonialismo e alle quali Papa Francesco si rivolge pronunciando un mea culpa: “Quando senza amore e senza rispetto si divorano popoli e culture, non è il fuoco di Dio, ma del mondo. Eppure quante volte il dono di Dio non è stato offerto, ma imposto, quante volte c’è stata colonizzazione anzichè evangelizzazione. Il fuoco appiccato da interessi che distruggono come quello che recentemente ha devastato l’Amazzonia, non è quello del Vangelo”. Queste le parole del Pontefice nel corso del Sinodo.
Nel documento finale vengono denunciate le violenze che affliggono questa terra che comprende nove paesi, è abitata da 33 milioni di persone, di cui circa 2,5 milioni di indigeni: la privatizzazione di beni naturali, la deforestazione che sfiora il 17% dell’intera regione, l’inquinamento delle industrie estrattive; il cambiamento climatico, il narcotraffico, la migrazione. La Chiesa sottolinea inoltre la necessità, rispetto a un passato di connivenza con gli oppressori, di prendere le distanze dalle nuove potenze colonizzatrici. A tal fine vengono proposti nel documento momenti di studio e di incontro tra le Chiese amazzoniche e i seguaci delle religioni indigene. Viene dato spazio ai giovani amazzonici che a causa della povertà risentono maggiormente della crisi di valori e rischiano di perdere sia la loro identità di indigeni, sia quei valori acquisiti con la fede cattolica. La Chiesa dovrà quindi muoversi in un’ottica rispettosa del sapere e della cultura indigena che si estende in vari campi.
Questo il senso profondo della Mostra Mater Amazzonia the deep breath of the world, inaugurata all’interno del nuovo museo etnologico del Vaticano, Anima mundi, il 26 ottobre, nel corso dell’Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi sull’Amazzonia, aperto da Papa Francesco il 6 ottobre scorso. Il tema era appunto “Amazzonia: nuovi Cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale”.
Commissionata dalla società torinese Mediacor, che ha allestito delle coinvolgenti strutture multimediali, la mostra si compone di 120 oggetti e si suddivide in tre ambienti: la foresta, il fiume e la Maloca (casa comunitaria).
Hanno partecipato cinque differenti musei: Museo dei Missionari della Consolata di Torino, il Museo etnologico missionario di Colle don Bosco, il Museo di Parma, quello dei Saveriani e quello dei Francescani di Assisi. Quest’ultimo ha dato in prestito degli intagli in cedrella realizzati dagli Indios dell’Amazzonia brasiliana.
Il rito sciamanico è il punto di partenza per la creazione che nei popoli dell’Amazzonia non è bellezza fine a se stessa, ma vita e contatto profondo con le forze della natura, considerata sacra e utilizzata con rispetto e parsimonia dagli indigeni.
I Vasi con figure antropomorfe, zoomorfe e geometriche sono ispirati alle visioni generate da una sostanza psicoattiva detta Ayahuasca e utilizzata nei rituali sciamanici dalle popolazioni delle popolazioni Shipibo del Perù.
Gli strumenti musicali, i gioielli, le maschere e la canoa, i flauti, gli strumenti di caccia come gli archi e le cerbottane in legno diventano strumenti utili nella quotidianità e nei rituali. Arte e vita sono intimamente connesse, pertanto costruire gli oggetti della quotidianità equivale a dialogare con la natura, impossessarsi del suo spirito, diventare tutt’uno con essa. Costruire un oggetto significa rendere concrete le visioni, suonare una percussione non è un virtuosismo, ma un gesto essenziale per la comunicazione, costruire una canoa significa viaggiare, suonare dei flauti significa partecipare a dei rituali di iniziazione femminile. Lezioni che i missionari hanno dovuto imparare per comunicare in maniera efficace con questi popoli e rispettarne l’identità.
All’interno del padiglione Anima mundi, possiamo ammirare anche le statue sacre dell’Australia e dell’Oceania che nascono dalla stessa logica per cui arte e vita sono intimamente connesse e fanno parte della mostra permanente e da ristrutturare.
Un padiglione che rispecchia quindi la vicinanza di Papa Francesco a una Chiesa che accolga i diversi popoli e le diverse culture che in passato aveva soggiogato e che ora cerca di rivalutare anche in nome della difesa dell’ambiente e della biodiversità.
Aperta fino all’11 gennaio