La nostra redazione ha incontrato Michele Di Filippo, giovane chitarrista e compositore, originario di Genzano di Roma, ma in fondo un po’ cittadino del mondo. Si è formato al Saint Louis College of Music, ma ha anche avuto significative esperienze all’Estero (Conservatorio Maurice Ravel di Parigi).
Quando assisti ad un’esibizione di Michele Di Filippo, percepisci un’anima raffinata e libera che riesce a ricostruire e a rendere personale e coinvolgente un brano musicale, a mostrare ciò che è impercettibile.
Ogni giorno Michele Di Filippo cerca il modo di essere altro da se’ e di creare quel magico momento in cui tecnica e spontaneità si incontrano. Imbracciare una chitarra significa per Michele Di Filippo intraprendere un percorso molto personale pieno di sfide che può condurre verso strade meravigliose.
Il suo ultimo disco dedicato a Roland Dyens, compositore e chitarrista francese con l’etichetta Da Vinci di Osaka è stato per lui “un viaggio attraverso molti stili dal jazz, alla bossanova per passare per la musica francese.”
Michele Di Filippo è un artista che riesce ad incarnare profondamente lo spirito della musica, arte che più delle altre è evocativa e acuisce i sensi, al fine di riscoprirne anche una forza narrativa.
Michele Di Filippo: intervista
Michele Di Filippo, quando è stata la prima volta che hai imbracciato una chitarra? Come nasci artisticamente?
Ho imbracciato la chitarra all’età di 8 anni, ero nella mia abitazione in una torrida estate e da una parte c’era una vecchia chitarra inutilizzata, così ho iniziato a strimpellarla con l’aiuto di mia madre che già suonava.
Artisticamente nasco qualche anno dopo, quando ho esordito a 15 anni in concerto presso il Palazzo Sforza Cesarini di Genzano, mia città natale. Era un concerto di presentazione del mio primo disco in cui portavo alla luce le mie composizioni per chitarra. Il primo passo non sono nella professione concertistica ma anche in quella compositiva.
Da lì è cominciato un percorso formativo ed un bagaglio di esperienze tra concerti, masterclass, incontri, che mi ha accresciuto molto. Il non precludersi nulla e la curiosità di conoscere e sperimentare è qualcosa che da allora mi porto sempre dietro.
“Mi piace pensare che siano i brani a scegliere me. Ogni composizione è un ecosistema che ha al suo interno degli equilibri importanti ma soprattutto ogni brano rappresenta una storia per cui dentro c’è sia quello che viene espresso per iscritto e sia quello che non è espresso ma che è presente sullo sfondo”
Michele Di Filippo, parliamo dell’interpretazione di un brano e dell’esecuzione. In base a quale criterio selezioni un brano e
quanto riesci a mettere di tuo nell’esecuzione?
Mi piace pensare che siano i brani a scegliere me. Ogni composizione è un ecosistema che ha al suo interno degli equilibri importanti ma soprattutto ogni brano rappresenta una storia per cui dentro c’è sia quello che viene espresso per iscritto e sia quello che non è espresso ma che è presente sullo sfondo. Ecco il mio compito, quello dell’interprete, è quello di entrare in quella storia e in quel determinato ecosistema ed in primis raccontarla per quello che è per quello che l’autore ha voluto lasciare.
Tuttavia questo non basta per fare musica, se ci fermassimo a questo sarebbe una mera esecuzione. Dopo questa prima fase deve entrare l’interpretazione personale che però non deve “usare” la musica di un compositore per raccontare sé stesso, ma si deve ricercare quella dimensione non svelata, non raffigurata che il pezzo stesso ha al suo interno.
E per questo che spesso in musica si parla di ricerca e cioè di cogliere quel particolare inespresso che la musica ha. Perciò a ragione di questo possiamo dedurre che la composizione in questa fase non è più solamente riconducibile all’autore che l’ha scritta, ma diventa libera di girare e di essere di tutti interpreti ed ascoltatori compresi. Ecco per tornare alla domanda, nell’interpretazione di un brano cerco di rendere libera la musica.
Michele Di Filippo: l’ispirazione, i momenti importanti della carriera, i maestri
“La mia ispirazione nasce dal voler riappropriarsi della narrazione anche nella musica così detta “assoluta” perché è di storie che abbiamo bisogno e non di categorie di generi tramite le quali catalogare la nostra fantasia e la nostra sfera spirituale. Abbiamo bisogno in questa epoca di sentirci più “umani” e solo l’arte, in questo caso musicale, può dimostrarcelo fino in fondo.”
Parliamo ora della composizione. Come nasce la tua ispirazione?
La composizione apre un mondo di possibilità e spalanca l’oggi verso quella libertà di cui parlavo in precedenza. Questo perché ti mette nelle condizioni di maneggiare tecnicamente ed artisticamente la musica dal di dentro. Il concetto di comporre da dentro la musica è un concetto guida nel mio approccio alla scrittura e l’ispirazione per me rappresenta l’incipit per far partire il flusso musicale che una volta partito si auto alimenta e prende vita propria.
In particolar modo oggi è tornata centrale nell’esigenza dei nostri tempi la narrazione. Su questo nei secoli si è dibattuto molto vista l’asemanticità della musica. Ciò vuol dire che la musica di per sé rappresenta un significante che sono gli elementi musicali di cui è composta (note e ritmi), ma non di un significato preciso esatto.
Questo caratterizza la nostra arte che spesso quando viene legata a qualcos’altro: una pellicola, un testo teatrale o di una canzone, può raggiungere un significato diretto. Ecco perché l’impersonalità e se vogliamo anche il caso, fanno parte dell’arte musicale. Tuttavia la sua asemanticità rappresenta un assoluto punto di forza quando viene legata ad una organizzazione degli elementi che la compongono, rendendola in grado di poter suscitare delle sensazioni fortissime che non si potrebbero provare in altro modo.
È questo il motivo per cui dopo migliaia di anni siamo ancora qui a parlarne. La mia ispirazione nasce dal voler riappropriarsi della narrazione anche nella musica così detta “assoluta” perché è di storie che abbiamo bisogno e non di categorie di generi tramite le quali catalogare la nostra fantasia e la nostra sfera spirituale. Abbiamo bisogno in questa epoca di sentirci più “umani” e solo l’arte, in questo caso musicale, può dimostrarcelo fino in fondo.
Quali sono state le fasi più importanti della tua carriera?
Indubbiamente la mia carriera è ancora breve ed il cammino ancora lungo e per fortuna direi. Finora le fasi più importanti sono state ricche di soddisfazioni per i miei primi progetti discografici agli esordi che mi hanno portato a effettuare concerti in tutta Italia ed all’Estero e registrazioni presso la Radio Vaticana. In particolare ricordo un concerto che ho tenuto presso il Conservatorio Maurice Ravel di Parigi qualche anno
fa: vedere la sala piena di giovani per sentire un mio concerto è stata una grande emozione.
In seguito il mio percorso di formazione avvenuto al Saint Louis College of Music mi ha portato a dirigere per ben due volte un’orchestra. Un’esperienza incredibile, conoscere tanti musicisti pronti a suonare la mia musica…e poi in due location di rilievo come la Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica e il Teatro Eliseo.
E ce ne sono molte altre, ma tuttavia da compositore una grande soddisfazione è arrivata quando lo scorso anno l’Orchestra Sinfonica Abruzzese, ha eseguito un mio brano a loro dedicata nell’ambito del Festival MusAnima con diverse repliche. Lavorare con un’orchestra di quel livello con una storia alle spalle fatta di prime assolute di compositori contemporanei (Berio, Maderna, Morricone), diretta magistralmente dal M.Marco Moresco, è stata una grande esperienza.
Quali sono stati i tuoi maestri? E i tuoi musicisti preferiti?
Nel mio percorso ho avuto tanti maestri e devo dire di essere stato fortunato ad averli incontrati perché mi hanno sempre spalleggiato e dato tanto. In primis il mio maestro di chitarra Andrea Pace, con il quale c’è un rapporto ormai familiare da anni e che mi ha sempre spronato nel continuare il percorso. Nel ramo compositivo ho avuto il piacere di studiare con due grandi maestri: Gianluca Podio e Antonio D’Antò.
Con Gianluca Podio ho studiato al Saint Louis negli anni del triennio ed i suoi insegnamenti sono stati fondamentali per capire la direzione di dove volevo andare. Un maestro di ampissime vedute che ha lavorato con artisti come Renato Zero e Pino Daniele di cui è stato arrangiatore e pianista, Morricone con cui ha realizzato molti film.
I suoi insegnamenti sono stati importanti proprio nel concepire quella libertà che la musica deve avere in coerenza con quello che si vuole esprimere aldilà dei generi. Libertà che poi in Conservatorio a Frosinone con Antonio D’Antò ho continuato a perseguire. Anche lui un grande Maestro con cui ho un rapporto bellissimo che mi ha saputo indirizzare e confermare le mie certezze dandomi tante possibilità di mettermi in gioco.
Michele Di Filippo e la forza narrativa della musica passando per Morricone e Puccini
“Se pensiamo alle colonne sonore di Morricone, quelle scene potevano essere musicate in mille modi, ma dalle esigenze di copione di timing, Morricone ne ha fatto virtù creando delle opere d’arte che hanno un valore inestimabile addirittura a prescindere dalla pellicola stessa! Allo stesso modo si può pensare al teatro di Puccini, estremamente pesato e pensato, ogni melodia è sita perfettamente nel punto narrativo in cui è giusto che sia”
Quando pensi alle arti che si fondono, quale arte riesci a combinare con una tua composizione? Privilegi le parole o le immagini?
La fusione delle arti è stata da sempre ricercata e praticata da tanti. In passato spesso il musicista di musica applicata alle immagini era considerato socialmente dai suoi “colleghi” compositori quasi una categoria minore. Il motivo sta nel fatto che nel momento in cui si lega la musica a qualcosa quest’ultima per via di cose perde importanza dovendo adattarsi al contesto in cui è inserita. Per questo i musicisti dell’epoca non guardavano di buon occhio questa caratteristica.
In parti questi ultimi avevano ragione, anche oggi si sentono molte musiche applicate alle immagini o alle parole che senza di esse non avrebbero senso di esistere.
Però in compenso ci sono tantissime opere, se pensiamo al balletto, all’Opera, ma anche al cinema, dove la musica si sposa con la narrazione del testo senza perdere nulla, anzi rappresentando un elemento centrale ed indispensabile. Bene questa è la fusione delle arti a cui penso senza privilegiare ne’ parole, ne’ immagini, la mia attenzione è nel giusto peso narrativo che deve avere la musica e che la musica sia fatta bene.
Se pensiamo alle colonne sonore di Morricone, quelle scene potevano essere musicate in mille modi, ma dalle esigenze di copione di timing, Morricone ne ha fatto virtù creando delle opere d’arte che hanno un valore inestimabile addirittura a prescindere dalla pellicola stessa! Allo stesso modo si può pensare al teatro di Puccini, estremamente pesato e pensato, ogni melodia è sita perfettamente nel punto narrativo in cui è giusto che sia e ci sono tanti altri esempi che potrei fare. Proprio a questi musicisti che mi ispiro nel lavoro con le altre arti.
Cosa ne pensi dell’educazione musicale nelle scuole? Qual è per te la valenza educativa della musica?
Veniamo al tasto dolente. Secondo il mio pensiero l’educazione è sinonimo di apprendimento e forse una delle cose che ci distingue dagli altri esseri viventi è proprio la capacità di apprendimento. Noi da quando nasciamo impariamo. Quello che credo è che aldilà delle funzioni vitali che svolgiamo il nostro compito sia proprio quello di imparare. L’unica “controversia” dell’imparare è il fattore tempo, fattore che a quanto pare non è affatto di moda in questo periodo. Il fatto di avere una società smart, super veloce, a portata di mano rende le nostre lauree da Wikipedia assolutamente nulle…prive di quel germe generatore che è l’apprendimento.
Ed una società che nulla insegna è una società che non progredisce. Tutto questo si manifesta principalmente sulle arti considerate da questa logica “inutili”. Magari non viene espresso direttamente, ma di fatto le materie umanistiche e le arti sono considerate inutili nella nostra società. Ed è quello che lentamente sta accadendo nel mondo della scuola.
L’educazione musicale è incompleta, carente ma soprattutto inutile. Inutile da una parte per chi vuole intraprendere la professione perché dovrà andarsela a cercare da solo spesso privatamente o all’Estero, dall’altra perché non crea interesse nelle nuove generazioni, anzi crea un appiattimento delle libertà di pensiero e d’azione dei ragazzi.
Paradossalmente è più “educativo” Youtube o Instagram in tal senso… Spesso trovo ragazzi che pur non sapendo nulla di musica(loro malgrado) si vanno a cercare autonomamente artisti, gruppi emergenti che fanno della musica bellissima. Per questo parlo sempre con i miei allievi, gli consiglio ascolti diversi dal loro seminato. Parliamo ad esempio della musica così detta “classica”, da tutti relegata come musica per parrucconi antichi, senza ritmo, qualcuno ha detto…Ok. Un giorno ad una classe di allievi feci sentire un brano senza dire cos’era e senza dire nulla…(era il secondo movimento del Quartetto in Fa di Ravel ed il tema e variazioni dell’op.111 di Beethoven).
Bhe vedere che scuotevano la testa che si meravigliavano di quello che stavano ascoltando mi ha fatto capire che finchè noi continuiamo a proporre la musica allo stesso modo, nell’ottica delle 18 ore settimanali per intenderci, si perderà tutto. Se invece parliamo veramente di musica direttamente al cuore senza sovrastrutture, superando questo gap, potremo dare finalmente alle nuove generazioni la libertà di scelta. Potranno scegliere, informarsi, incurisirsi, ricordarsi di essere umani…(Perciò l’educazione è fondamentale e ahimè servirebbe non solo per i ragazzi…)
Michele Di Filippo e i suoi progetti per il futuro
C’è un’età per imparare a suonare la chitarra?
No, il percorso è del tutto personale però chiaramente iniziando da molto piccoli si compiono delle tappe in più che aiutano il bambino a crescere non solo musicalmente ma dal punto di vista cognitivo. Una cosa è sicura il percorso è lungo, impegnativo ma è bello, emozionante, divertente e si può fare davvero del bene a sé stessi ed agli altri attraverso la musica.
Cosa consiglieresti a chi decide di intraprendere la carriera di musicista?
Di non abbattersi mai perché siamo tutti sulla stessa barca. La musica storicamente è poco considerata e perciò bisogna farsi forza per emergere perché quello che nessuno dice è che se anche se poco considerata, noi tutti ne abbiamo un profondo bisogno, non potremmo vivere senza e perciò prima o poi di un musicista se ne avrà bisogno ☺
Progetti per il futuro e riferimenti per i nostri lettori per le tue lezioni di chitarra.
Per il futuro più prossimo c’è l’uscita del mio nuovo disco, dedicato alle opere di Roland Dyens, compositore e chitarrista francese, che verrà pubblicato dall’etichetta Da Vinci di Osaka. Entrare nell’arte di Dyens è stato un viaggio attraverso molti stili dal jazz, alla bossanova per passare per la musica francese. Insomma un musicista da scoprire che ha portato sulla chitarra innovazione senza rinnegare mai le proprie radici.
Oltre a questo il 27 settembre ore 18 parteciperò ad uno spettacolo che si terrà a Villa Falconieri a Frascati “#ERINNERUNGEN. Memorie di vite fantastiche” dedicato alla memoria del poeta tedesco Richard Voss che ha alloggiato per circa 25 anni nella villa e tramite la sua storia raccontare le bellezze di questo luogo.
Insieme a me ci saranno gli attori Tomaso Thellung de Courtelary, Diana Forlani e la drammaturgia sarà di Paola Sarcina. Un progetto realizzato dal team dell’Mthi in collaborazione con l’Accademia Vivarum Novum.
Inoltre io tengo regolarmente lezioni di chitarra, teoria, armonia e composizione e gli eventuali interessati potranno scrivermi a difilippomichele@yahoo.it o chiamarmi al 3200816531
La redazione di Arte Icrewplay ringrazia Michele Di Filippo per la sua disponibilità. Potete trovare altre informazioni anche sul sito dell’artista https://difilippomichele.wixsite.com/website
Caro Icrewer, se ami la musica e se la chitarra è parte di te segui le lezioni di Michele Di Filippo per acquisire passione, tecnica e competenza.