Ferentillo, piccolo borgo della Valnerina, con poche anime residenti, da circa due secoli ospita, se così si può dire , dei cittadini certamente singolari, con i quali la convivenza è pressoché pacifica.
Sono mummie, per l’esattezza quindici e sono state rinvenute nella cripta della Chiesa di Santo Stefano, quando con l’editto Napoleonico di Saint Cloud, fu vietata la sepoltura dei morti entro le mura cittadine. Tale editto datato 12 giugno 1804, impose anche la riesumazione delle precedenti sepolture, al fine di trasferire anche quei resti in luoghi più consoni alla loro conservazione, in virtù di protocolli igienici più al passo con i tempi e più rispondenti ad uno stimato aumento demografico che lasciava prevedere una maggiore richiesta in tale ambito.
Ligi all’editto, anche gli abitanti di Ferentillo si apprestarono ad eseguire gli ordini da esso imposti e così iniziarono i lavori ma ben presto ci si accorse che nella Cripta della Chiesa di Santo Stefano doveva essere accaduto qualcosa di inspiegabile.
Ferentillo e il museo delle mummie
Si narra che la Chiesa di Santo Stefano sia stata costruita su volere della famiglia Cybo sulle fondamenta di un’antica rovina romana, forse un tempio pagano e che nella cripta, sempre per volere della stessa nobile famiglia, sia stato portato, direttamente dalla Terra Santa, del terreno affinché i corpi sepolti ne fossero idealmente avvolti, rendendo più incisiva la sacralità del luogo.
Più voci si levarono con sorpresa quando, dopo l’emanazione dell’editto di Saint Cloud, furono rinvenuti cadaveri perfettamente intatti, incorrotti dal tempo e da tutti quei fattori che di solito intervengono a decomporre i corpi dei defunti. Le ipotesi formulate dalla vox populi furono molte e tra le più disparate, fino ad arrivare alle più fantasiose.
Tra tutte, si nominò l’intervento divino, palesatosi attraverso il terriccio importato dalla Terra Santa; altri ci videro lo zampino di Satana in persona che così conservando i corpi, mirava a impiegarli per chissà quali riti ed infine un sensato gruppo di ricercatori, incuriosito da tale fenomeno, dopo sopralluoghi e studi, formulò l‘ipotesi più plausibile.
Un particolare microclima della cripta, sommato ad un’aerazione continua e persistente, con la presenza di muffe particolari, hanno permesso che i corpi fossero sottoposti naturalmente ad un processo di rapida essiccazione così da mantenere intatte molte caratteristiche che altrimenti con una decomposizione normale sarebbero naturalmente andate perdute. Nelle mummie del Museo di Ferentillo sono ben visibili e riconoscibili alcuni tratti somatici, benché allo sguardo tenebrosi e raccapriccianti, come orecchie, denti e barba.
Chi erano le Mummie del Museo di Ferentillo
Di chi fossero i corpi delle Mummie esposte oggi al Museo di Ferentillo, non è certo ma stando allo stato di conservazione, in alcuni se ne possono cogliere peculiari caratteristiche tanto da determinarne l’etnia.
Nei documenti dell’epoca si parla di gente comune, mercanti di passaggio, briganti colpiti a morte lungo le strade e anche una coppia di cinesi riconoscibili, come detto, dagli inconfondibili tratti del volto.
Cosa ci facessero due cinesi nel 1700 in quel di Ferentillo, non è stato possibile appurarlo ma la ricognizione delle salme li ha classificati come una giovane coppia, un uomo e una donna; da qui le molteplici narrazioni fantastiche circa la loro vicenda e la storia che si tramanda da generazioni in paese è che fossero due sposi in viaggio di nozze e che, colti dalla peste dilagante in quel periodo, si ammalarono fino a perire in pochi giorni.
Nessuno reclamò le salme e allora gli abitanti di Ferentillo, in un ultimo atto di pietismo verso le due giovani vite spezzate, ne consentirono la sepoltura nella Cripta della Chiesa di Santo Stefano, conservando per sempre di loro un ricordo che fu tramandato di generazione in generazione diventando quasi leggenda.
E deve essersi fatto prendere la mano da questo racconto un turista, mai identificato che in un giorno di settembre del 1987, mentre era in visita al Museo delle Mummie di Ferentillo, pensò bene di regalarsi un souvenir decisamente originale staccando la testa della mummia dai tratti cinesi e portandola via con sé.
Molto scalpore suscitò la scoperta dell’avvenuto furto che sottovoce qualcuno attribuì a mani mandate dal demonio, riconducibili ad adepti di sette sataniche sempre alla ricerca di elementi lugubri per i loro deprecabili pseudo-riti.
Tale congettura durò ben poco e l’intera comunità potè tirare un sospiro di sollievo ai danni però di un ignaro turista che nel raggiungere il punto panoramico per godere della miglior vista sulla Cascata delle Marmore, tra alcuni ciuffi d’erba, si ritrovò tra i piedi la testa mummificata di un cinese che non doveva proprio avere uno sguardo fresco ed accondiscendente. Cos’ abbia provato negli istanti che seguirono il ritrovamento, non c’è notizia che lo riporta ma possiamo certo immaginare che se lo ricorderà per sempre.
E al ladro, vorremmo solo dire che la punizione più grande, tutto sommato, se l’è già auto inflitta portando a spasso per una quindicina di chilometri quel passeggero così ingombrante e che certamente in qualche notte più agitata non mancherà di fargli visita in sogno, per ammonirlo forse del gesto sconsiderato ma per quel che ne possiamo sapere, forse magari per ringraziarlo dell’inattesa e insperata gita fuoriporta.
La coscienza ha i suoi labirinti e crediamo che il malcapitato autore del furto non mancherà di torturarsi ricordandosi, di tanto in tanto, della spettrale massima che accoglie i visitatori nel Museo delle Mummie di Ferentillo, posta proprio sul portone d’ingresso e che recita così:
“Oggi a me domani a te .
Io fui quel che tu sei,
tu sarai quel che io sono.
Pensa mortal che il tuo fine è questo,
e pensa pur che ciò sarà ben presto”
E ricordiamocene anche noi.