L’arte è sempre stata mezzo di espressione, divulgazione ed informazione e viaggiando tra il sacro e il profano si è spesso cercata di discostarla dal tema della religione, per varie motivazioni. Ma esse hanno sempre avuto stretta relazione.
Il sacro e l’espressione artistica
Teologia ed arte sono sempre state due materie correlate tra loro. Un loro punto in comune ful il movimento iconoclasta (immagine-rompo) in teoria esploso nel VIII secolo ma che in realtà è sempre esistito. Nato dapprima come movimento religioso, questa dottrina vietava la venerazione delle icone.
Fu una questione dapprima del tutto teologica diffusasi addirittura dalle religioni abramitiche oltre che nell’Antico Egitto con le loro divinità. Successivamente divenne anche una questione artistica in quanto queste religioni erano contrarie ad ogni rappresentazione fisica di Dio.
Questo perchè Dio, essendo considerato solo come essere spirituale, non essendosi, quindi, mai manifestato agli uomini e non avendo, perciò, una realtà corporea non poteva essere rappresentato ,ma anche perchè si voleva evitare di far prevalere l’adorazione di una figura, di un’immagine, di una statua sulla vera essenza del Cristo e di Dio. Cosa al quanto non lontana dalla nostra realtà. Non a caso nel Deuteronomio si narra che Dio rivolgendosi a Mosè gli disse:
“Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù in cielo, né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto terra” (Deuteronomio 5,8)
Ad un certo punto, però, la rappresentazione del sacro, non fu più vista come un tabù per l’arte e a grandi artisti iniziarono ad essere commissionate opere, dipinti, realizzazioni di scene religiose proprio da committenze papali. Tutto ciò si sviluppò perchè nel Cristianesimo venne superata questa concezione dell’idolatria legata alla dottrina ebraica e nacque una nuova visione della rappresentazione del sacro nell’arte. Perchè questo?
Perchè con la Natività Dio si è manifestato e lo ha fatto con suo figlio Gesù, si è fatto carne, ha dato visibilità umana del proprio essere.
“Chi ha visto me ha visto il Padre” (Giovanni 14,9).
La rappresentazione del sacro nell’arte fu ufficializzata anche dal Concilio di Nicea, un sinodo disciplinare che sancì la liceità della rappresentazione della divinità nelle sembianze del Figlio Incarnato, rappresentandolo in “corpore et anima unus” (unione di anima e corpo).
Grazie all’espressione artistica del sacro, la gente ha potuto vedere materializzarsi davanti a sè l’immagine del Cristo e di Dio Padre, reso uguale al figlio ma anziano, l’immagine ha potuto dare una’ identità rappresentativa al loro credo.
La nostra attenzione si pone sull’arte, ovviamente, e non sul tema religioso, e possiamo dire che grazie all’arte, grazie alle immagini, alle rappresentazioni, anche la popolazione non letterata ha potuto conoscerne la storia, grazie all’immagine anche i bambini possono leggere il testo sacro dando volto ai soggetti citati.
La Natività nell’arte
Il dialogo tra arte e religione non ha mai smesso di esistere fino ai giorni nostri, è stato soltanto modificato il linguaggio espressivo.
La Natività nell’arte è un tema molto trattato nel corso dei secoli, vari artisti si sono confrontati con sè stessi nella rappresentazione di questo tema molto delicato e pieno di sentimento.
Molto importante e riflessivo fu un pensiero del cardinale Scola:
“La centralità del corpo legata alla celebrazione del Natale emerge alla coscienza di ogni uomo e donna nell’esperienza dell’amore”
Per la prima volta non vediamo più solo la sacralità nella rappresentazione della Natività nell’arte, ma notiamo l’umanità della scena, una scena legata al sentimento umano dell’amore che è tra l’altro un sentimento che non si discosta dalla religione in quanto Dio, Cristo è amore.
Forse noi leghiamo questa scena della Natività nell’arte non soltanto come nascita del Cristo nostro Salvatore Figlio di Dio, ma come atto di amore, creazione del frutto dell’amore tra due persone. In questa scena ci immedesimiamo, è un amore non carnale ma puro, un amore condiviso e sentito.
Indagine iconologica sulla Natività nell’arte
Facendo un’ indagine iconologica possiamo vedere che le prime rappresentazioni pittoriche della Natività si trovarono nelle raffigurazioni medievali e rinascimentali. La più antica raffigurazione della Natività è quella risalente al III secolo e si trova proprio in Italia a Roma nelle Catacombe di Priscilla, uno dei cimiteri paleocristiani più importanti sulla via Salaria.
Si tratta di una Natività “non canonica” in quanto sembrerebbe raffigurare la Sacra Famiglia al completo, ma studiosi hanno riconosciuto in questa rappresentazione grafica la Madonna con il Bambino e un profeta che ci indica la Stella Cometa. Questo graffito, infatti, precede di ben due secoli la tradizionale scena della Natività che prevedono l’inserimento di altre figure tra i quali San Giuseppe e i pastori.
Però a rafforzare ancor di più il dubbio e l’idea che ci fosse già la concezione del culto della nascita di Gesù nell’era paleocristiana, è proprio una raffigurazione dell’Adorazione dei Magi, un graffito trovato in una delle cripte delle catacombe di Priscilla, ancora più antico rispetto al primo.
Non c’è nessun accenno riguardante la grotta o il bue e l’asinello o i tre Re Magi, anche perchè queste figure sono allegoriche e solo in seguito hanno assunto un’immagine identificativa.
Dalle rappresentazioni rinascimentali la scena della Natività è andata ad arricchirsi sempre più.
Tra l’altro nel Nuovo Testamento non tutti i vangeli trattano dell’infanzia di Gesù partendo dalla nascita, ma la Natività viene citata solo nel Vangelo secondo Luca e nel Vangelo secondo Matteo, oltre che in alcuni vangeli apocrifi, mentre negli altri viene trattata la vita di Gesù già dall’età adulta.
Nei vangeli di Luca e Matteo, dove viene citata la scena della Natività, ci sono, però, alcune contraddizioni:
- L’Annunciazione è ambigua l’Angelo nel vangelo di Matteo appare a Giuseppe,
- la nascita di Gesù per Matteo avviene in una casa, nel Vangelo secondo Luca in una mangiatoia,
- i Magi appaiono soltanto nel Vangelo secondo Matteo.
A partire dal IV secolo perciò, e quindi dalle rappresentazioni rinascimentali, la scena della Natività si arricchisce sempre più introducendo figure simboliche importanti: i tre Re Magi che rappresentano i pagani che mostrano la loro devozione a Gesù e compaiono il bue e l’asinello rispettivamente simboli del popolo ebreo e del popolo pagano.
Nel 1223 grazie alla volontà di San Francesco di celebrare la nascita di Betlemme, venne ideato il primo presepe “vivente” a Greccio carico di spiritualità ed arte. Ben 70 anni dopo l’artista Arnolfo di Cambio scolpì il primo presepe artistico per la Basilica papale di Santa Maria Maggiore.
Da allora vari artisti da Giotto, a Botticelli, a Caravaggio, a Dalì, a Maratta ecc. iniziarono a rappresentare la scena più dolce e piena d’amore che ci possa essere, ognuno in base al propri sentimenti ed emozioni. Nei prossimi giorni tratteremo alcune di queste opere pittoriche nel particolare.