Il 19 settembre 1991 i coniugi tedeschi Erika e Helmut Simon durante un escursione sul Giogo di Tisa, in Val Senales, montagne al confine tra Austria e Italia, ad un’altitudine di 3210 m s.l.m notarono una macchia scura che affiorava dal ghiaccio: spazzatura? O forse il corpo di un alpinista?
Nulla di tutto questo, si trattava di Otzi, la mummia del Similaun, o almeno così sarebbe divenuta famosa.
L’Uomo venuto dal ghiaccio (Uomo del Similaun, Ötzi), con gli oggetti che lo accompagnano costituisce il complesso espositivo centrale del Museo Archeologico dell’Alto Adige e noi di I Crew Play Arte siamo andati a fargli visita, illustrandovi quanto abbiamo visto con delle foto e un video che vi proponiamo di seguito.
https://www.youtube.com/watch?v=v-GkMhIaf48
Otzi era un uomo, una persona, vissuta e uccisa 5300 anni fa, cioè nell’Età del rame e rimasta sepolta nel ghiaccio per 5.300 anni. Oggi si trova in Italia, nel Museo archeologico dell’Alto Adige, a Bolzano.
È la più antica mummia umida naturale al mondo e questa è la sua maggiore particolarità; ma cosa significa mummia umida?
Una mummia umida è un cadavere che si è conservato, invece di decomporsi come di norma accade, per motivi naturali, in questo caso il freddo di un ghiacciaio, e non perché ha subito dei trattamenti prima della sepoltura.
È infine umida, perché i tessuti, le ossa e gli organi interni sono ben conservati, contrariamente alle altre mummie.
Non solo il corpo, ma anche gli indumenti che indossava e l’equipaggiamento che aveva con sé al momento della morte, si sono conservati per millenni, basti pensare che Otzi è più antico delle piramidi.
Riveste quindi un valore assoluto non solo per l’archeologia, ma anche per la ricerca medica, genetica, biologica e per molte altre discipline.
Nel 2008 venne effettuata la datazione al radiocarbonio che gli attribuisce un’età compresa tra 5300 e 5200 anni, ponendolo nell’Età del rame, momento di transizione tra il Neolitico e l’Età del bronzo. Si tratta dunque di un antico esemplare mummificato di Homo sapiens.
La storia del ritrovamento di Otzi
Quando Eika ed Helmut Simon, trovarono Otzi, la nuca, le spalle e parte della schiena erano ben visibili e pensando al corpo di un alpinista, scattano una foto e si allontanano spaventati.
Il giorno successivo una squadra di soccorso austriaca inizia le operazioni di recupero, ma le condizioni meteo peggiorano e l’intervento prosegue nei giorni successivi.
Il team impegnato nella raccolta del corpo proviene dall’Università di Innsbruck, guidato da Rainer Henn, senza però la presenza di un archeologo e questo sarà motivo di discussione quando ci si renderà conto che si tratta di una mummia e non di un alpinista disperso; tutta l’operazione viene ripresa da una telecamera.
Tutti gli oggetti rinvenuti verranno trasportati all’Istituto di Medicina Legale di Innsbruck per essere analizzati ma ben presto ci si rende conto che il luogo del ritrovamento appartiene al territorio italiano e nello specifico all’Alto Adige, secondo il trattato stipulato dopo la fine della Prima Guerra Mondiale.
Per questo motivo, l’amministrazione dell’Alto Adige rivendica subito la proprietà della mummia e di tutti gli oggetti con essa ritrovati e il 16 Gennaio 1998 Ötzi viene trasferito presso il Museo Archeologico dell’Alto Adige.
L’aspetto fisico di Otzi, la sua salute, i tatuaggi
Ricerche sugli isotopi hanno rivelato che Otzi avrebbe trascorso la sua infanzia a sud dello spartiacque alpino, molto probabilmente nella Val d’Isarco o Val Pusteria per trasferirsi poi, in età adulta, in una zona diversa: è ancora oggetto di studi se si possa trattare della Val d’Adige.
L’Uomo venuto dal ghiaccio era un maschio adulto, alto circa 160 cm, ed al momento della morte doveva avere all’incirca 46 anni, dato questo davvero strabiliante se si tiene conto che, all’inizio dell’età del Rame (3300-3100 a.C.), l’aspettativa di vita media non era superiore ai 30-35 anni.
Oggi la mummia pesa circa 13 kg pertanto secondo i calcoli, da vivo il suo peso doveva aggirarsi sui 50 kg.
Anche se durante il processo di decomposizione, l’epidermide umana si stacca molto rapidamente, causando la perdita di peli e capelli, intorno alla mummia sono state rinvenute alcune ciocche che fanno pensare a capelli castano scuri o forse neri, di media lunghezza, ondulati, portati sciolti; probabilmente portava la barba, perché sono stati trovati anche peli corti e ispidi.
L’esame del suo DNA ha svelato che l’uomo aveva gli occhi castani e non azzurri come si riteneva in precedenza e calzava il 38 di scarpa.
Dal momento in cui l’hanno scoperto in un ghiacciaio alpino oltre due decenni fa, gli scienziati hanno sottoposto Ötzi a diversi check-up che hanno evidenziato come il suo stato di salute non fosse molto buono.
Nel corso dello scavo è stato possibile recuperare due unghie dei piedi e un’unghia della mano, sulla quale sono state individuate rigature orizzontali, le cosiddette “linee di Beau”, indicatori di un forte stato di stress fisico.
Le radiografie hanno rivelato il significativo stato di usura di diverse articolazioni come anche, spalle, ginocchia e colonna vertebrale e una rara anomalia genetica ha determinato l’assenza della dodicesima coppia di costole.
In vita Otzi si procurò diverse lesioni, tra cui una serie di fratture alle costole e una all’osso nasale.
Nel suo organismo sono stati inoltre riscontrati livelli allarmanti di arsenico, dovuti forse a un’attività di estrazione di minerali metallici e rame, mentre nel suo stomaco c’era l’Helicobacter, nello specifico la specie H. pylori, che può avergli causato complicazioni come ulcere o gastriti.
Sul corpo della mummia sono stati finora individuati 61 tatuaggi, tutti raffiguranti gruppi di linee o croci. Sono stati eseguiti effettuando sulla pelle sottili incisioni e strofinandovi sopra della polvere di carbone di legna.
I tatuaggi furono realizzati in punti coperti da indumenti per la maggior parte del tempo, e quindi è poco probabile che avessero una funzione decorativa. Si trovano tutti in corrispondenza della zona costale e delle vertebre lombari, sul polso sinistro, sul ginocchio destro, sui polpacci e sulle caviglie, in corrispondenza, cioè, di parti del corpo con marcati segni di usura che devono sicuramente avergli causato dolori. Si presume che servissero a scopi terapeutici. Il fatto che la loro posizione coincida con le linee dell’agopuntura, tuttora valide, supporta questa teoria.
Se così fosse, Ötzi dovrebbe essersi sottoposto a numerosi trattamenti, cosa che – data la sua età e i suoi malanni – non sorprende.
Se i tatuaggi dell’uomo del Similaun costituissero davvero la testimonianza più antica dell’uso dell’agopuntura, questa tecnica risulterebbe pre-datata di almeno 2.000 anni.
Ötzi aveva anche bisogno di un dentista: un’approfondita indagine dentale ha infatti evidenziato una parodontite avanzata e diverse carie; gli mancavano inoltre i denti del giudizio e aveva la gengivite.
Alcuni ricercatori sospettano, tra l’altro, che Ötzi fosse sterile.
Come è morto Otzi?
Nonostante tutti questi problemi e una fresca ferita da freccia sulla spalla, alcuni ritengono che, a determinare la morte di Ötzi fu in realtà un colpo improvviso alla testa.
Le indagini radiografiche e tomografiche hanno evidenziato la presenza di una punta di freccia nella spalla sinistra che, trafiggendo il corpo, ha prodotto un foro di circa 2 cm nella scapola. La punta ha danneggiato un’importante arteria causando un rapido dissanguamento. Pur non avendo leso organi vitali, è ragionevole supporre che essa abbia prodotto una ferita letale per l’Uomo venuto dal ghiaccio.
Nel 2007 nuovi esami hanno tuttavia rilevato un trauma cranico precedente alla morte e questo ha suscitato nuovi interrogativi sulla causa della sua morte violenta.
Il movente del delitto, tuttavia, resta oscuro, si sa soltanto che la freccia fu scoccata dal basso e da una distanza di circa 100 m.
Una ferita da taglio piuttosto profonda sulla mano destra lascerebbe intendere che l’Uomo venuto dal ghiaccio fu impegnato in una colluttazione poco prima di morire, mentre i pollini di carpinella nel suo intestino e le foglie d’acero di montagna, colte fresche dall’albero, permettono di fissare con buona approssimazione il momento della morte all’inizio dell’estate.
Gli ultimi pasti di Otzi, cosa indossava Otzi e cosa portava con sé
Recenti ricerche sul contenuto dell’intestino hanno rivelato che l’Uomo venuto dal ghiaccio aveva mangiato poco prima della sua morte una purea o del pane di farro, carne di stambecco e cervo e verdure imprecisate.
Il fatto che avesse in parte digerito l’ultimo pasto suggerisce che avesse mangiato due ore prima della sua terribile morte, mentre i frammenti di carbone vegetale e i minerali individuati nei resti alimentari fanno pensare che il pasto sia stato cotto su un focolare aperto.
Quando morì, Otzi era completamente vestito; i suoi indumenti sono stati danneggiati soltanto dal vento e dagli agenti atmosferici nel momento del disgelo e in seguito fortemente compromessi dalle operazioni di recupero effettuate in modo improprio.
L’abbigliamento è fatto di pelle, pelliccia ed erbe intrecciate, mentre per le cuciture sono stati utilizzati tendini animali, fili d’erba e rafia; non sono invece presenti lana o tessuti.
Purtroppo sono pochissimi i resti di indumenti del tempo di Oetzi comparabili a questi, perciò non sappiamo se si tratti di un normale abbigliamento quotidiano o di un equipaggiamento particolare, in ogni caso era attrezzato per affrontare la vita nella natura selvaggia e il freddo invernale.
L’abbigliamento di Otzi comprendeva anche il copricapo, a forma di calotta, costituito da varie strisce di pelliccia d’orso cucite insieme.
Al momento del ritrovamento Otzi portava ancora al piede la scarpa destra, in seguito rimossa per essere restaurata, mentre della scarpa sinistra rimane soltanto la parte in rete.
Otzi portava un perizoma, realizzato con sottili strisce di pelle di pecora e pantaloni aderenti tipo leggins, costituiti da due gambali, confezionati cucendo insieme strisce di pelliccia di capra domestica e di pecora.
La sopravveste gli arrivava quasi al ginocchio, coprendo il busto e le cosce ed è stato sicuramente indossato a lungo visto che la parte interna era molto sporca e alcune cuciture rotte erano state rammendate con fili d’erba.
Oetzi portava con sé oggetti straordinari, come due contenitori in corteccia di betulla uno dei quali, annerito all’interno, conteneva foglie di acero riccio appena raccolte e frammenti di carbone di legna. Se ne deduce che Oetzi portasse con sé le braci avvolgendole nelle foglie; in questo modo riusciva a mantenerle accese per più ore e ad attizzare un nuovo fuoco in pochi secondi.
Dell’equipaggiamento di Oetzi fanno parte anche due pezzi di un fungo degli alberi, il poliporo di betulla, infilati su altrettante strisce di pelle. Si pensa che avessero una funzione terapeutica, dal momento che fino al XX secolo furono utilizzati a scopo curativo.
Aveva inoltre con sè un arco in legno di tasso, una faretra con due frecce pronte e altre in lavorazione in legno di viburno, un pugnale di selce, un “correttore” per lavorare la selce, un’ascia realizzata in rame
Otzi oggi
Un recente studio genetico ha rivelato l’esistenza di almeno 19 parenti genetici dell’uomo venuto dal ghiaccio che vivono nel Tirolo austriaco. Alcuni ricercatori lo hanno scoperto osservando specifici marcatori genetici presenti sul cromosoma sessuale maschile di Ötzi.
La ricerca guidata da Walther Parson alla Innsbruck Medical University, ha confrontato il DNA dell’uomo del Similaun con quello di 3.700 donatori di sangue anonimi. Secondo Parson “19 donatori condividono con l’uomo venuto dal ghiaccio un antenato vissuto tra i 10.000 e i 12.000 anni fa” poiché hanno in comune una rara mutazione genetica nota come G-L91.
Parson dubita, però, che questi lontani parenti di Ötzi possano somigliare al loro antenato, sia nell’aspetto che nelle loro preferenze alimentari.
Otzi è conservato al secondo piano del Museo Archeologico dell’Alto Adige, in una cella frigorifera appositamente progettata con un sistema di refrigerazione a -6°C e con il 98% di umidità che riesce a conservare e monitorare costantemente la mummia del Similaun.
Persino le pareti della piccola stanza dove giace Ötzi sono state rivestite con piastrelle di ghiaccio, per evitare che la mummia subisca delle variazioni ed è visibile attraverso una piccola apertura.
Oggi la mummia Otzi presenta una lunghezza di 1,54 m, pesa 13 kili ed è tra gli uomini più visitati del mondo.
Sul punto del ritrovamento di Otzi, è stata invece istallata una costruzione di sassi a forma di piramide e grazie ad escursione giornaliere, é possibile ripercorrere le tracce di Ötzi fino al Giogo di Tisa dove fu rinvenuto.
L’uomo venuto dal ghiaccio è anche fonte d’ispirazione in campo artistico e mediatico in tutto il mondo, richiamando l’attenzione di personaggi del mondo dello spettacolo.
Il noto attore Brad Pitt ad esempio, si è fatto tatuare sull’avambraccio i contorni della mummia Ötzi e quando questa notizia si è diffusa sono raddoppiati gli accessi al sito Internet del museo dove è esposta la mummia.
Il musicista austriaco Gerhard Friedle invece, in arte DJ Ötzi, , ha preso il soprannome dato alla mummia del Similaun come suo nome d’arte mentre una riproduzione della mummia è protagonista del quarto episodio (L’istinto dell’uomo), seconda stagione, della fiction Un passo dal cielo, trasmesso su Rai 1 il 25 ottobre 2012.
Anche il teatro non si è sottratto al fascino di Otzi, infatti gli autori di commedie Paolo Quattrocchi e Mauro Cattivelli hanno scritto una farsa sull’uomo di Similaun dal titolo Di mummia ce n’è una sola, uno spettacolo in cui tre attori mettono in scena quattro diverse ricostruzioni comiche della morte di Ötzi.
Il musicista Kristian Sensini ha composto nel 2013 il brano Ötzi the Iceman, commissionato dal Museo archeologico dell’Alto Adige, brano che oggi è il jingle ufficiale del museo, mentre nel 2017 una coproduzione italiana, austriaca e tedesca ha portato nelle sale il racconto (immaginario) dell’uomo i cui resti furono rinvenuti nel 1991 sulle Alpi, dal titolo Ötzi – L’ultimo cacciatore, girato in Alto Adige e diretto dal regista tedesco Felix Randau, che ne ha scritto anche la sceneggiatura.
Il film immagina per Ötzi (ribattezzato Kelab) e interpretato da Jürgen Vogel il ruolo di un capofamiglia che vive in una delle valli delle Alpi Venoste. Recitato in lingua originale protoretica senza sottotitoli, è considerato il precursore italiano de Il primo re.
L’Uomo del Similaun viene citato nel videogioco del 2019 Death Stranding di Hideo Kojima.