Le Metamorfosi di Ovidio fa parte di quel ricco repertorio legato alla classicità e al mito, che in ogni epoca storica può essere rivisitato e rimanere sempre attuale. Francesco Polizzi mette in scena dal 3 al 19 dicembre, al Teatro Arcobaleno di Roma, sede del Centro Stabile del Classico, L’opera di Ovidio, un intreccio di narrazioni che mescolano il mito con la storia.
Si tratta di uno spettacolo in 10 quadri che si intrecciano l’uno con l’altro in una sapiente mescolanza di generi e stili. Nel cast Vincenzo Iantorno,
Andrea Lami, Gioia Ricci, Irena Goloubeva e le musiche sono a cura di Franco Accascina e Alessandro Quarta. Le scenografie e i costumi sono a cura della Compagnia degli Arruffati.
Le repliche sono alle 21:30 di venerdì e sabato e la domenica alle ore 17:30. Per prenotazioni chiama i numeri 06.4402719 / 06.44248154, oppure manda una mail a info@teatroarcobaleno.it . Se vuoi scoprire la produzione del Teatro Arcobaleno visita il sito www.teatroarcobaleno.it
Il teatro che si trova in via F. Redi 1/a – 00161 Roma (Via Nomentana, angolo Viale Regina Margherita) è facilmente raggiungibile con la Metro B, fermata Policlinico, oppure con gli autobus 36 – 38 – 60 – 62 – 90 e il Tram 19.
Ovidio e Le Metamorfosi: note di regia
Le vicende narrate da Ovidio ruotano tutte attorno al tema della morte che viene esorcizzata e mitizzata. Francesco Polizzi ha voluto dunque realizzare uno spettacolo comico sulla morte, nel rispetto dello spirito di Ovidio, appassionato, critico, decisamente comico.
Tra i miti rappresentati troviamo Pirra e Deucalione, Achille e Pentesilea, Orfeo ed Euridice, Apollo e Dafne. Ovidio scrisse la sua opera tra il 2 e l’8 d.C.. Le Metamorfosi si compone di 15 libri che vanno dal Caos primigenio ispirato alla Teogonia di Esiodo fino all’ascesa e alla morte di Gaio Giulio Cesare.
Di Pirra e Decalione viene esaltato l’aspetto della commedia sentimentale, in quanto il mito fa parte di tutta quella serie di racconti di Ovidio che descrivono la felicità dell’amore coniugale. Secondo la leggenda, i due anziani coniugi, figli rispettivamente di Epimeteo e Prometeo, furono gli unici superstiti dopo un grande diluvio e furono incaricati dagli Dei di ricreare l’umanità.
Ma poichè non avevano mai potuto generare figli, Zeus ordinò loro d lanciare pietre alle loro spalle. Una volta atterrate sulle “ossa della grande madre” (La Terra) le pietre si sarebbero trasformate in persone di sesso maschile o femminile.
Il mito fu rappresentato anche da Rubens.
La Genesi del mondo assume invece i toni dell’epica classica. Secondo Elaine Fantham, critica letteraria e latinista inglese, Ovidio descrive la nascita dell’Universo come qualcosa in continuo movimento e in questo modo introduce il tema della Metamorfosi e delle continue trasformazioni della natura.
Egli riunisce quindi vari modelli e pensieri filosofici: Esiodo, Omero, Democrito che venne introdotto nel mondo latino con la mediazione di Epicuro, Lucrezio con il De rerum natura e infine Virgilio con le Bucoliche.
Con Achille e Pentesilea, siamo invece nella sfera del Melodramma. Pentesilea era la regina delle Amazzoni, figlia di Ares e Otrete. Giunse a Troia per aiutare Priamo, dopo la morte di Ettore. Ella morì in combattimento per mano di Achille che se ne innamorò dal momento in cui la vide morire.
A proposito della tematica che unisce l’amore con la morte, Cesare Pavese a proposito di Orfeo, affermò:
“L’ebbrezza, il sangue e l’amplesso hanno sempre richiamato il mondo degli inferi”
In effetti le vicende di Orfeo ed Euridice legano la vicenda di un grande amore al viaggio negli Inferi. Euridice viene morsa da un serpente e muore, Orfeo con il suo canto melodioso incanta gli dei degli Inferi che decidono di restituirle Euridice, a patto di non voltarsi a guardarla prima dell’attraversamento dell’Averno.
Ma Orfeo non riesce a rispettare il patto e perde per sempre il suo grande amore e proseguirà il resto dei suoi giorni a cantare la morte e la bellezza della sua amata.
La bella Proserpina, fanciulla amata da Ade, divinità degli Inferi è costretta a viaggiare tra due mondi, determinando il ciclo delle stagioni. La metamorfosi è dunque morte, cambiamento e rinascita.
Infine Dafne che si trasforma in albero per sfuggire ad Apollo, rappresenta la morte come mutazione di forma.
A stemperare questa tragicità, Polizzi inserisce le forme dell’avanspettacolo con le Muse del canto, e la comicità con la vicenda del pomo della discordia.
Un angolo di Roma che va alla riscoperta della classicità! Caro Icrewer, non perdere questo spettacolo.