Appassionati di arte e cultura giapponese, oggi vi parlerò del viaggio in Giappone che ha fatto Papa Giovanni Paolo II nel 1981. In quell’occasione, Papa Woytila, pronunciò delle forti parole contro la guerra e contro la crudeltà dell’uomo.
Di fronte alla calamità creata dall’uomo che è ogni guerra, dobbiamo affermare e riaffermare, ancora e ancora che il ricorso alla guerra non è inevitabile o insostituibile. L’umanità non è destinata all’autodistruzione. Le divergenze di ideologie, aspirazioni ed esigenze possono e devono essere appianate e risolte con mezzi che non siano la guerra e la violenza. L’umanità è in obbligo verso se stessa di regolare differenze e conflitti attraverso mezzi pacifici.
Il viaggio di Papa Giovanni Paolo II in Giappone: Hiroshima
Durante il suo viaggio in Giappone, Papa Giovanni Paolo II ha fatto visita al Peace Memorial di Hiroshima il 25 febbraio 1981.
La guerra è opera dell’uomo. La guerra è distruzione della vita umana. La guerra è morte.
Giovanni Paolo II era papa da poco più di un anno, la sua energia era travolgente, ma già c’era chi progettava al posto della pace una guerra diretta al Papa stesso. Il 13 maggio successivo lo sparo in Piazzo San Pietro avrebbe tentato di cambiare il corso del pontificato. In Giappone il Papa polacco arriva dopo aver addirittura beatificato Lorenzo Ruiz catechista morto martire in Giappone nel 1637. Un ponte di pace rappresentato dal Pontefice stesso.
Quando arriva a Tokyo c’è una sottile pioggia, non c’è una accoglienza trionfale e alcuni cronisti registrano anche delle contestazioni tra la folla. Al suo arrivo alla cattedrale un gioiello architettino anni ’60. All’epoca i cattolici sono meno di cento mila, oggi sono mezzo milione ai quali si aggiungono i 600 mila presenti per motivi di lavoro.
Quando si trova davanti al monumento eretto in onore delle vittime della bomba atomica sganciata su Hiroshima, il Papa afferma:
Chino il capo al ricordo di migliaia di uomini, donne e bambini che persero la vita in un momento terribile e di chi per lunghi anni ha riportato nel corpo e nella mente quei germi di morte che inesorabilmente portarono avanti il loro processo di distruzione. Il bilancio definitivo della sofferenza umana iniziata qui, non è stato ancora interamente steso né è stato ancora calcolato il costo umano complessivo che è stato pagato, soprattutto se si considera ciò che la guerra nucleare ha arrecato – e potrebbe ancora arrecare – alle nostre idee, ai nostri atteggiamenti ed alla nostra civiltà.
Il Santo Padre ricorda l’importanza della memoria, affinché non si ripetano queste atrocità. Monito che resta attuale, come apprendiamo dalle notizie relative alla guerra in Ucraina. Ecco l’attualità del discorso del 1981:
Ricordare il passato è impegnarsi per il futuro. Ho preferito prima rievocare il 6 agosto 1945 in modo da poter meglio afferrare il significato della sfida di oggi. Da quel giorno fatale, le armi nucleari sono aumentate nella quantità e nel potere distruttivo. L’armamento nucleare continua ad essere costruito, collaudato e spiegato. Le totali conseguenze di una guerra nucleare su vasta scala è impossibile prevederle, ma, anche se dovesse essere impiegata solo una parte delle armi disponibili, ci si deve chiedere se è impossibile immaginare l’inevitabile scalata e se la completa distruzione dell’umanità non sia una realtà possibile.
Il Papa a Nagasaki
Nonostante in Giappone ci siano pochi cattolici, il Papa non ha paura di parlare di fede. Ed è per questo che continua ad essere molto stimato ed apprezzato nella comunità nipponica.
Si ferma a pregare sulla Collina dei martiri e dice:
Oggi, Io, Giovanni Paolo II, Vescovo di Roma e Successore di Pietro, vengo a Nishizaka per pregare affinché questo monumento possa parlare all’uomo moderno come le croci su questa collina parlarono a coloro che furono i testimoni oculari secoli fa. Possa questo monumento parlare al mondo per sempre, dell’amore, parlare di Cristo.
Nella messa per la commemorazione dei martiri aggiunge:
Il Giappone è un Paese che da più di un secolo gode della libertà religiosa elargita dall’imperatore Meiji. Sono venuto qui come Vescovo di Roma, un secolo dopo la riapertura delle frontiere del Giappone al messaggio cristiano. Sono venuto a Nagasaki come pellegrino. Qui, i fedeli di cento anni fa, i cui antenati dei due secoli precedenti, hanno conservato segretamente la fede dei martiri, perseverarono con la forza conferita loro dal Vangelo. Per grazia di Dio i cristiani hanno meditato sul Vangelo per mezzo dei misteri del Rosario. Sapevano che c’era un uomo molto lontano da loro chiamato Papa. Oggi egli viene per rendere omaggio alla tradizione dei cristiani di Nagasaki e per dire personalmente ai loro discendenti che egli li ama nel cuore di Cristo Gesù.