Cosa diresti a un’intelligenza extraterrestre per raccontare l’umanità? Che volto avresti scelto, che paesaggio, che canzone? PhEST – il Festival Internazionale di Fotografia e Arte che ogni anno anima la città di Monopoli – parte da questa domanda visionaria per costruire la sua decima edizione, ispirata al Golden Record della NASA: il disco d’oro lanciato nello spazio nel 1977 a bordo delle sonde Voyager, contenente immagini, suoni e parole per raccontare la vita sulla Terra a chi, forse, non la conosce.
Un atto poetico e universale che diventa ora il tema portante di PhEST 2025, in programma dall’8 agosto al 16 novembre, con oltre 30 mostre e un ricchissimo calendario di eventi.
Una capsula del tempo tra mare, memoria e visioni

Ma PhEST non si limita a reinterpretare quell’esperimento della NASA. Fa qualcosa di più radicale: costruisce la sua personale capsula del tempo visiva, fatta di fotografie, installazioni, racconti e sguardi, per custodire la complessità del presente e restituirla al futuro. Un gesto che mescola arte e antropologia, documentazione e immaginazione, territori e orizzonti.
A firmare le opere in mostra, ci sono artisti affermati e giovani talenti da tutto il mondo. E durante i tre giorni inaugurali (8–10 agosto), i visitatori potranno incontrarli di persona, partecipando a 13 visite guidate speciali condotte, tra gli altri, da:
- Sam Youkilis – autore di immagini intime e ironiche della vita quotidiana
- Alexey Titarenko – con i suoi paesaggi urbani in dissolvenza
- Aleksandra Mir, Zed Nelson, Rhiannon Adam, Angeniet Berkers
- Pietro Terzini, fra visual art e scrittura pop
- Piero Martinello, che torna a PhEST con un nuovo progetto sui “pescatori di domani”
- Arianna Arcara, protagonista della residenza artistica 2025
- Sam Gregg e Josè Angelino, con approcci radicalmente diversi al linguaggio visivo.
Il ritorno del Monastero di San Leonardo: spazio ritrovato, identità riaffermata
La vera novità di quest’anno, però, non è solo nel tema o nei nomi. È nello spazio. Dopo anni di chiusura, il Monastero di San Leonardo riapre le sue porte nella sua totalità e diventa il cuore pulsante del festival. Un luogo antico, stratificato, carico di simboli e silenzi, che torna a vivere grazie al lavoro diretto della direzione artistica guidata da Cinzia Negherbon.
Ma l’apertura del Monastero non è solo una scelta logistica: è un gesto politico e poetico insieme. Significa abitare spazi dimenticati, sfuggire all’omologazione del turismo di massa, restituire senso a luoghi che il tempo aveva chiuso nel silenzio. PhEST li riapre e li rianima con parole, immagini, ascolti.
Tra cultura, cittadinanza e visione
Negli anni, PhEST ha saputo costruire un modello unico di festival che parla al territorio ma guarda oltre, radicato nella Puglia contemporanea ma sempre connesso alle urgenze globali. E lo fa senza mai rinunciare alla sperimentazione, portando la fotografia fuori dai musei e dai contesti elitari, a contatto diretto con il pubblico.
In questa decima edizione, c’è la maturità di un progetto che ha imparato a raccontare la realtà non con slogan ma con stratificazioni, non con messaggi univoci ma con archivi di sguardi. E che sceglie, con coraggio, di rivolgersi non solo a chi abita la Terra, ma anche a chi potrebbe osservarla da lontano.
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