Il profumo delle cose, se ci pensiamo bene è legato a doppio filo a quelle che sono tutta la serie di sensazioni che fin da subito ci coinvolgono in modo positivo o negativo, in quelli che sono i primi approcci, tra persone ma anche con gli oggetti, i cibi e i luoghi.
Il profumo di una panetteria riusciamo a sentirlo a centinaia di metri di distanza, riuscendo a volte a ben distinguere se sono state sfornate delle brioche o degli altrettanto profumati panini al latte.
E magari lo stesso profumo che nell’immediatezza ci fornisce un dato incontrovertibile come la presenza nei pressi di una pasticceria, in molti casi sblocca nel cassetto della memoria un ricordo d’infanzia di quando la mamma ci preparava la merenda per la scuola.
Qui però si apre un mondo fatto di schemi personali che difficilmente collimano con quelli altrui non fossato che per la nota profumata di fondo che ha fatto scaturire il ricordo, trascinando con sè le relative sensazioni uniche.
Questa unicità è stata frutto di una ricerca da parte di un gruppo di ricercatori spagnoli dell’Università di Cordoba, guidati dal Prof. José Rafael Ruiz Arrebola i quali hanno effettuato una serie di indagini archeometriche su un unguentario del I sec d.C. rinvenuto nel 2019 a Carmona nei pressi di Siviglia.
Questo per capire proprio la composizione del profumo al suo interno e da lì cercare di ricostruire la sensazioni che vi gravitavano intorno.
La risultanza di tale ricerca è stata pubblicata proprio pochi giorni fa sulla rivista Heritage, disponibile e consultabile online.
A monte di tutto questo c’è un ritrovamento sia insperato che molto fortunato nella sua singolarità.
Durante i lavori infatti per la ristrutturazione di un edificio è emersa una grande tomba, risalente all’antica Roma, costituita da otto nicchie, tutte complete dei corredi funerari in perfetto stato di conservazione, questo perché evidentemente non era mai stata violata, in nessuna epoca dai famigerati tombaroli ossia saccheggiatori indiscriminati che operarono sia nell’antichità che in tempi moderni.
Al suo interno sono stati rinvenuti anche i corpi di sei componenti della famiglia, tra cui quello di una donna recante vicino a sé un unguentario in quarzo, ancora perfettamente sigillato, avvolto in un sacchetto di stoffa, del quale però rimanevano solo alcuni frammenti, il tutto accompagnato da pietre d’ambra.
Paragonato ai nostri giorni potrebbe essere paragonata all’equivalente di una scatola del tempo il cui valore è davvero inestimabile.
Il profumo dell’antica Roma
Un team di ricercatori è stato individuato affinché potesse lavorare in via esclusiva direttamente sul contenuto del prezioso unguentario dato che fin da subito si era scoperto che il profumo, solidificandosi nel tempo, si era conservato perfettamente.
Sono state effettuate una serie di analisi archeometriche, come la diffrattometria a raggi X o la gascromatografia accoppiata alla spettrometria di massa, che hanno prodotto risultati molto interessanti.
Il profumo, infatti, era costituito da due componenti: una base o legante, ovvero un olio vegetale, probabilmente olio d’oliva, ma il dato deve essere ancora verificato e un’essenza, individuata nello specifico con il patchouli, ricavato dal Pogostemon cablin, una pianta indiana.
Sebbene questo olio essenziale sia oggi molto apprezzato e conosciuto nella cosmesi, i ricercatori e gli archeologi, prima di questo studio, pensavano che i Romani non ne fossero a conoscenza.
Una notizia questa che va letteralmente a stravolgere tutta una serie consolidate evidenze in materia.
Certamente si trattava all’epoca di un’essenza molto ricercata e decisamente costosa quindi riservata a pochissime famiglie dell’élite romana, tra cui quella della tomba di Carmona, come testimoniano inoltre la ricchezza dei corredi e lo stesso unguentario realizzato in quarzo materiale altresì preziosissimo; gli unguentari infatti erano comunemente realizzati in vetro, materiale decisamente meno costoso e di facile reperibilità.