Al via il recupero delle statue seicentesche danneggiate dai bombardamenti del 1944, tra memoria, arte e tecnologia…
Nel cuore del Complesso monumentale della Pilotta di Parma, il tempo sembra essersi fermato. Ma dal maggio 2025 qualcosa ha cominciato a muoversi: sei sculture in stucco, realizzate nel 1617 dal plasticatore ticinese Luca Retti e dalla sua bottega, stanno finalmente tornando alla vita dopo decenni di oblio.
Tre alfieri, due angeli e una figura femminile con decorazione floreale sul petto: frammenti di un gruppo allegorico originariamente concepito per decorare il Teatro Farnese, capolavoro dell’architettura barocca e simbolo della magnificenza ducale, oggi diventano protagoniste di un importante intervento di restauro che parla non solo di arte, ma anche di resilienza, memoria e responsabilità culturale.
Dal 1944 al 2025: l’arte ferita dalla guerra

Il gruppo scultoreo, pensato per rappresentare l’eterna tensione tra guerra e pace, venne gravemente danneggiato dai bombardamenti su Parma del 1944. Da allora, le statue sono rimaste conservate in stato frammentario, testimoni silenziose di una ferita mai rimarginata.
Oggi, dopo più di ottant’anni, il progetto di recupero — avviato nella Sala del Trionfo — intende non solo restituire le opere alla collettività, ma anche rileggerle attraverso nuove prospettive. Come sottolinea Stefano L’Occaso, direttore della Pilotta, si tratta di “capolavori dell’effimero”, realizzati con materiali fragilissimi e inconsueti: paglia, corde, tessuti, armature metalliche, il tutto ricoperto da stucco modellato con una raffinatezza quasi teatrale.
Una sponsorizzazione svizzera per un patrimonio universale
A sostenere interamente i lavori è la Fondazione Isabel e Balz Baechi, organizzazione no profit con sede in Svizzera, che ha scelto di investire nel progetto non solo per il suo valore artistico, ma per ciò che rappresenta oggi: un gesto concreto di cura e memoria, in un mondo nuovamente segnato da guerre e distruzioni. Come ha dichiarato Paola Potenza, responsabile della Fondazione: “È fondamentale mantenere viva la memoria di ciò che la guerra ha distrutto e sottratto. Restaurare queste statue significa anche prendersi cura di una parte della nostra identità collettiva”.
Un restauro che guarda al futuro
Il restauro è affidato a due restauratrici di esperienza, Elena Zichichi ed Elena Russo, con la direzione lavori di Gisella Pollastro. L’intervento prevede la messa in sicurezza, la pulitura, il consolidamento e la reintegrazione selettiva di ogni singolo elemento. Ma non solo: è previsto anche un progetto di valorizzazione digitale, che permetterà di ricollocare virtualmente le statue nella loro posizione originaria grazie a una ricostruzione 3D del Teatro Farnese.
Due delle sei statue, mai restaurate prima, versano in condizioni critiche. Le altre quattro, oggetto di un primo intervento negli anni Settanta, saranno invece revisionate sia nel supporto che nelle integrazioni. L’obiettivo è restituire unità, leggibilità e dignità storica a un’opera che per secoli ha animato una delle scenografie più spettacolari d’Europa.
Un nuovo allestimento permanente per il Teatro Farnese
Una volta concluse le operazioni, le sculture torneranno visibili al pubblico in un nuovo allestimento museale permanente. Non si tratterà di una semplice esposizione, ma di un vero e proprio racconto visivo su come il barocco celebrava — e interrogava — la storia. Perché nel Teatro Farnese ogni decorazione era parte della messa in scena: nulla era superfluo, tutto contribuiva alla narrazione simbolica del potere, del destino e dell’umano.
Questo restauro, dunque, non è solo un’operazione tecnica, ma anche una scelta politica e culturale: la volontà di prendersi cura del passato per capire meglio il presente.
Se ami la storia dell’arte, il teatro, la scultura, o semplicemente credi che salvare ciò che è fragile sia un atto di forza, ti consigliamo di tenere d’occhio l’evoluzione di questo progetto. Seguiremo ogni passo. Intanto, dicci: qual è per te un’opera d’arte che meriterebbe di essere salvata dal tempo? Scrivicelo su Instagram.