Nel cuore della Capitale a pochi metri dalla Stazione Termini, è stato aperto il Museo dell’Arte Salvata. Il museo romano ospita per un certo tempo le opere recuperate dai Carabinieri Tpc prima che esse tornino nei luoghi di provenienza. Franceschini: “Un luogo che dimostra al mondo l’eccellenza del nostro lavoro in questo campo“.
Il Museo dell’Arte Salvata
Un luogo che, nel cuore di Roma e a poca distanza dalla stazione Termini, conserva per un certo periodo di tempo le opere d’arte recuperate dal Comando dei Carabinieri Tpc e dalle altre Istituzioni. È il Museo dell’Arte Salvata, nell’Aula Ottagona del Museo Nazionale Romano, nel quale verranno proposte collezioni che muteranno nel tempo in base alle nuove opere d’arte ritrovate e a quelle che torneranno nei luoghi di provenienza.
Le opere conservate nel nuovo museo saranno inoltre quelle che verranno restituite all’Italia grazie ad un’operazione di diplomazia culturale oppure a seguito del lavoro dei Caschi Blu della Cultura. Ma ci saranno pure i beni salvati da una zona terremotata oppure soggetta ad una calamità naturale. Così come verranno esposti i capolavori tornati a ‘nuova vita’ in virtù dell’intervento dell’Istituto Centrale per il Restauro.
Quella del museo dell’Arte Salvata, ha spiegato il generale Teo Luzi, comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, “è stata una grande idea perché è qualcosa di unico a livello nazionale e internazionale. Questo museo incarna tre valori fondamentali: quello della protezione, quello della legalità e quello della speranza. Oggi, più di ieri, c’è una sensibilità internazionale nei confronti della tutela del proprio patrimonio. Il recupero internazionale di un bene che ritorna a casa è un messaggio di legalità internazionale“.
L’esposizione
Le opere, esposte fino al 15 ottobre, rientrate in Italia dagli Stati Uniti in virtù dell’opera dei militari dell’Arma tra il dicembre 2021 e la scorsa settimana, saranno poi collocate tra il museo Archeologico Nazionale di Taranto, il museo nazionale archeologico Cerite all’interno del Parco Archeologico di Cerveteri e Tarquinia e il museo nazionale Romano. Si tratta di beni provenienti per lo più dall’Etruria meridionale ma anche dal Lazio come la Giara (pithos) in ceramica d’impasto rosso sovra-dipinto in bianco di produzione etrusca (Cerveteri) con scena mitologica dell’accecamento di Polifemo e animali (cavalli, felini) del VII secolo.
Alla seconda metà del VI secolo a.C. risalgono invece le anfore con scene figurate: alcune sono attiche e illustrano l’evoluzione stilistica di questo periodo, altre sono etrusche e coprono lo stesso arco cronologico come l’Anforetta etrusca a figure nere con guerrieri affrontati sulla pancia e occhioni sulla spalla (fine del VI secolo avanti Cristo).
Per Massimo Osanna, direttore generale dei Musei, “questo è un giorno di gioia perché nasce un nuovo museo grazie ad una rete di rapporti tra istituzioni che hanno lavorato insieme per restituire al pubblico capolavori che forse non sono mai stati visti in Italia. Una rete di istituzioni che coinvolge anche quelle dei territori. Pensiamo al lavoro delle Procure: a Pompei abbiamo fatto una bellissima operazione, oltre che con la Procura, con i Carabinieri e con i Vigili del Fuoco per salvare una villa saccheggiata sistematicamente nel suburbio“. Un lavoro che riunisce una rete di Istituzione che ha lo stesso obiettivo: “Quello di salvare un patrimonio e restituirlo alle comunità, al pubblico, a noi perché è un patrimonio dell’umanità“, ha concluso Osanna.