Nei suoi gironi Dante incontra molti personaggi famosi dell’arte, della storia, della vita politica e religiosa, alcuni in prima persona altri raccontati attraverso terzi, come nel caso di San Francesco D’Assisi, raccontato da San Tommaso a Dante nell’XI Canto del Paradiso.
Di San Francesco D’Assisi molte sono le raffigurazioni nell’arte e proprio grazie ai primissimi dipinti di Cimabue e al ciclo di storia di vita dipinto da Giotto nella Basilica omonima del santo, Dante ha potuto ripercorrere la vita del Santo attraverso l’opera di Bonaventura, un frate francescano che ha descritto la biografia di San Francesco al quale Giotto stesso si è ispirato, rivoluzionando la pittura e la rappresentazione artistica dell’epoca.
I due artisti vengono citati nell’XI Canto del Purgatorio dal poeta, il quale sottolinea come Giotto abbia raggiunto il “grido” superando il maestro.
L’XI Canto del Paradiso è dedicato interamente alla figura di San Francesco D’Assisi ed è congiunto al XII Canto perché si raccontano i diversi aspetti e le differenze di due degli ordini religiosi più influenti: quello francescano fondato da San Francesco e quello domenicano fondato da San Domenico. Del primo, infatti, è il domenicano San Tommaso a “tessere le lodi” della figura di San Francesco e a raccontarne la sua storia che Dante genialmente spiega nella sua Commedia attraverso l’amore e lo sposalizio con Povertà, nel secondo invece, è il francescano Bonaventura a elogiare l’ordine domenicano.
Il racconto prende forma dal dubbio di Dante, nato nell’ultima parte del X Canto del Paradiso, sull’ordine domenicano e dalla tempestiva risposta di San Tommaso, incontrato lungo il cammino, che fa una comparazione tra le figure simili di San Francesco e San Domenico. Il poeta crea così un cosiddetto “chiasmo” tra le cantiche “gemelle”.
I due personaggi diventano così emblematici per Dante il quale non si spiega il decadimento e la corruzione ecclesiastica nonché il cambiamento tra lo splendore del passato e la meschinità del presente, in cerca solo di cose terrene e non “del cielo”.
San Francesco D’Assisi nell’XI Canto del Paradiso
L’XI Canto del Paradiso di Dante inizia così con un discorso, un dibattito, un pensiero del poeta che si tramuta in un’accusa rivolta ai mortali i quali risultano essere più legati alle cose terrene, alle cose effimere e materiali invece di cercare i beni celesti ed avvicinarsi alla spiritualità. Questa critica per il poeta diventa una comparazione tra i mortali e i poeti, prendendo dunque l’occasione di elogiare se stesso e la sua professione, perché i poeti, secondo l’opinione di Dante, hanno superato di gran lunga “questo attaccamento” e così “da tutte queste cose sciolto, con Beatrice m’era suso in cielo cotanto gloriosamente accolto”.
In queste terzine viene spiegato il dubbio di Dante e l’incontro con San Tommaso che “U’ ben s’impingua se non si vaneggia”, riferendosi così al dubbio nato alla fine del X Canto da parte di Dante e al pensiero che San Tommaso vuole spiegargli “n’ sì distesa lingua” per fugare i suoi dubbi.
San Tommaso con questa perifrasi spiega come la Chiesa sposò il suo sposo mistico e cioè il Cristo e in suo aiuto, affinché potessero divulgare la parola del Cristo, “dispose due principi in aiuto di lei che le fossero da guida da una parte e dall’altra”, alludendo con questo latinismo ai due fondatori dei due grandi ordini religioni San Francesco D’Assisi e San Domenico.
Così San Tommaso spiega al poeta come sia San Francesco che San Domenico guidati dalla Provvidenza, un’azione esercitata da Dio sul creato, abbiano perseguito il medesimo cammino e li paragona a due angeli facenti parte della struttura piramidale del Paradiso.
“Uno (San Francesco) fu pieno di ardore mistico di carità come un Serafino, l’altro fu splendente come un Cherubino per la sapienza”.
Parlando di San Francesco, il domenicano San Tommaso, non nega il suo ordine ma li loda ambedue perché, seppur sembravano contrastanti, in realtà “le azioni di entrambi ebbero lo stesso fine.”
Inizia così a raccontare della figura di San Francesco partendo da una descrizione geografica di Assisi presentandola attraverso similitudini e metafore dei monti e dei fiumi e concludendo con un paradosso: Dante descrive San Francesco come un Sole che illumina il mondo, il sole luminoso che sorge ad Oriente, giocando così sul nome Assisi– Ascesi che allude all’ascendere, perciò è così che dovrebbe chiamarsi il santo perché il sole sorgendo da Oriente fa nascere la cristianità.
Si inizia poi a focalizzare sulla vita di San Francesco, sull’abbandono di una vita agiata per dedicarsi ad una vita ascetica e di povertà e ad una donna e alla celebrazione del suo matrimonio con ella.
Il poeta si concentra, quindi, sulle nozze metaforiche di San Francesco con la sua donna che acquisisce un nome: la Povertà. Questa privata del suo primo marito, il Cristo, si sposa con il santo che viene definito un nuovo Cristo, ed il loro puro amore fece “nascere” vari seguaci che vollero scegliere il loro esempio.
Il loro amore venne sancito e riconosciuto da “tre sigilli”, il primo e il secondo da papa Innocenzo III con la sua bolla e poi da papa Onofrio III e l’ultimo sigillo, che è quello spirituale ed il più fondamentale, rappresentato dalle stimmate del Cristo alla croce “donate” a San Francesco.
E così quando venne chiamato da Dio, San Francesco raccomandò i suoi fratelli di non perdere la fedeltà verso la sua sposa, per continuare così a seguire le regole dell’ordine, e si fece seppellire senza alcuna bara.
Nella parte finale del Canto, San Tommaso spiega come da questa raccomandazione del Santo, alcuni seguaci proseguirono altri, invece, misero in dubbio le regole dell’ordine, andando a formare così una divisione tra spirituali e conventuali, cioè coloro che cambiarono o attenuarono la Regola di San Francesco, andando così in entrambi i casi a fraintendere il tutto.
E continua con l’andar contro anche ai seguaci del suo ordine quello domenicano, fratelli che tradirono la regola di San Domenico per il desiderio di ricchezza e beni terreni, evidenziando così le similitudini tra i due ordini.
San Francesco con il suo esempio ha portato l’insegnamento e l’ideale di povertà evangelica del Cristo, un ideale ed un esempio che non sono consoni alla sua epoca secondo il poeta il quale rivolge le sue critiche al mondo moderno e alla Chiesa del presente, un duro richiamo esistente in molti suoi canti.