Da sempre, una delle paure che attanagliano l’uomo, è quella che i defunti possano tornare a “dar fastidio” ai vivi.
Per questo motivo, nella storia, si è cercato in tutti i modi di scongiurare questo pericolo, seppellendo i defunti in una strana posizione, con braccia e ginocchia ripiegate e legate sul petto come accadeva nel paleolitico o cremandoli, come era frequente nell’età dei metalli (ne sono testimonianza le diverse urne cinerarie rinvenute in diverse necropoli).
Per cercare di ingraziarsi il loro spirito, in alcuni casi venivano anche elevati enormi monumenti, formati da grandi blocchi di pietra, posti in modo da raffigurare una casa (dolmen) o giganteschi obelischi monolitici fitti verticalmente nel terreno (i cosiddetti Menhir), a volte si hanno lunghe file di Menhir disposti parallelamente, come a Carnac o a Stonehenge in Bretagna.
Per fare in modo che i defunti avessero tutto il necessario per la loro vita nell’aldilà, spesso venivano sepolti con oggetti a loro cari e non parliamo solo di preziosi, ma anche di oggetti di uso comune come vasellame, ceramica da cucina, vestiti e scarpe.
Questa era senza dubbio un’usanza diffusa anche fra gli Sciti di di 2300 anni fa.
La scarpa dei monti Altai
Sui monti Altai in Siberia infatti, sono stati rinvenuti una serie di oggetti creati dall’antica popolazione degli Sciti appunto, tra cui gioielli, armi e una scarpa di 2300 anni fa, con una suola composta di soffice pelle rossa e un design geometrico arricchito di cristalli di pirite e perline nere.
Gli antichi Sciti erano un popolo nomade che si aggirava per il continente Euroasiatico e si pensa che il sito del ritrovamento della scarpa fosse uno dei tumuli funerari degli Sciti, grazie ai quali ci sono giunti molti altri oggetti e capi di vestiario.
Come molte altre civiltà antiche, gli Sciti erano soliti seppellire i morti con alcuni oggetti che avrebbero potuto essere loro utili nell’aldilà, costruendo strutture di legno dalla forma simile a quella di una cabina, seppellita nel terreno e il permafrost dei monti Altai ha contribuito alla conservazione dei reperti.
Particolare interesse ha suscitato fra gli studiosi, la decorazione della suola che era considerata dagli Sciti un elemento molto importante delle calzature.
Questa popolazione infatti, era solita riunirsi intorno al fuoco seduti sulla ginocchia; in questa posizione, il fondo delle scarpe era visibile a tutti, ed era pertanto una parte importante.
Il fatto che la suola fosse intonsa, ha tuttavia dato adito ad altre teorie; oggi, il reperto è conservato all’Hermitage di San Pietroburgo.
Non è la prima volta che una scarpa viene trovata perfettamente conservata; in Armenia infatti scarpa datata al 3500 a.C. ben conservata , fu trovata durante uno scavo in una grotta.
Numero 37 ½, era fatta con un singolo pezzo di pelle di vacca allacciata tramite cuciture nella parte anteriore e in quella posteriore con un cordoncino di cuoio.
La scarpa, datata all’Età del Rame, è molto rara poiché cuoio e materiali vegetali normalmente si degradano molto velocemente. In questo caso, però, il contenuto della fossa della caverna, soprannominata Areni-1, era stata sigillata con diversi strati di escrementi di pecora.
Precedentemente, le scarpe più antiche mai trovate erano quelle appartenute a Otzi (o Ötzi), l’uomo vissuto sulle Alpi austriache 5300 anni fa.