In questi giorni per la delicata ed attuale situazione dell’ Afghanistan, virali sui social sono i murales di Shamsia Hassani, una street artist afghana che lotta per i diritti delle donne afghane.
In realtà l’ artista è da tempo attiva sulla rete e nel 2014 fu nominata tra i 100 membri dei global thinkers.
Ma con l’ imminente arrivo dei talebani a Kabul, Shamsia Hassani ha postato nuovi murales che simboleggiano tutto il dolore della gente del posto e soprattutto dei suoi soggetti principali: le donne, sottomesse alla errata supremazia maschile.
Il 14 agosto, precisamente, ha realizzato un murales che rappresenta una donna afghana con un vaso nero davanti all’ ombra dei talebani, lo ha poi postato sui social, accompagnato da queste parole:
“Forse è perché i nostri desideri sono cresciuti in un vaso nero… Afghanistan 2021. Talebani, paura, stress, guerra, pace…” -Shamsia Hassani
Purtroppo la paura della gente afghana è diventata realtà e con la delicata situazione che si trovano ad affrontare le donne, questi murales assumono ancora più significato e toccano i sentimenti di tutti noi.
Shamsia Hassani e l’ arte come diritto alla libertà
“Voglio colorare i brutti ricordi della guerra e se coloro questi brutti ricordi, allora cancello la guerra dalla mente delle persone. Voglio rendere l’Afghanistan famoso per la sua arte, non per la sua guerra”. – Shamsia Hassani
Shamsia Hassani, classe 1988, ha sempre avuto una forte passione per l’arte e la bellezza, una bellezza che intravedeva anche nella distruzione.
Nata a Kabul, Shamsia, ha fortemente a cuore la questione femminile nella terra afghana, ha sempre desiderato pari opportunità, ha sempre lottato per le donne, le sue opere, realizzate in maniera frettolosa, sono diventate virali grazie al digitale e spaziano tra arte fotografica e murales.
“Grazie per i vostri messaggi e per avermi pensato in questo momento. I vostri messaggi e commenti dimostrano che l’umanità e la gentilezza sono ancora vivi e non hanno confini. Grazie per il vostro sostegno e l’interesse, sono al sicuro”. – Shamsia Hassani
Per Shamsia Hassani, la situazione è ancora più complicata. Nel suo ultimo post Instagram ha rassicurato la gente che temeva per la sua incolumità scrivendo “di essere al sicuro”.
Essendo donna e, soprattutto, artista, Shamsia rischia più del dovuto, perché va contro l’ interpretazione che i talebani danno alla Shari’a, la legge islamica: la donna è sottomessa, le donne non possono avere una carriera, le donne non possono essere artiste, l’ arte crea menti libere, le donne non possono essere giudici, i talebani, infatti, stanno dando la caccia alle donne giudici, per le sentenze emesse in questi anni contro di loro, (purtroppo una notizia uscita pochi giorni fa), le donne devono essere automi, ubbidire alle regole ed essere il nulla.
Qui, la supremazia del potere, legata alla figura maschile, va oltre la singola religione, è legge, è politica, è razzismo puro, è maschilismo sfrenato.
Shamsia lo sa, sa di essere in pericolo, ma continua nella sua battaglia e continua a realizzare questi murales fugaci, nell’ arco di poco tempo per non essere scoperta, che raccontano di donne sottomesse, di donne che esprimono i loro sentimenti, di donne che vogliono la libertà, testimoniando il tutto attraverso fotografie postate sui social.
La voce delle donne afghane
Al fianco di Shamsia molte donne islamiche, attraverso i social che in questo momento fungono come validi supporti per richieste d’aiuto e testimonianze, stanno facendo sentire la loro voce straziata dal dolore.
Come Fatima, l’ unica guida turistica afghana in fuga, portata in salvo dall’ Esercito Italiano, che scrisse:
“Sono tutto ciò che i talebani odiano, se mi trovano mi ammazzano. Ho paura e temo per i miei genitori rimasti ad Herat se scoprono che hanno allevato una figlia come me o li uccidono subito o ne fanno un bersaglio fino a quando non mi consegno”- Fatima
O come Malala Yousafzai, un’ attivista globale per l’ istruzione nonchè premio Nobel che racconta il terrore vissuto tra i banchi di scuola per la lotta di un diritto che veniva loro negato:
“Nascondevo i libri sotto un lungo scialle e andavo a scuola con il cuore pieno di paura. Cinque anni dopo, quando avevo 15 anni, i talebani cercarono di ucciderrmi perchè avevo parlato del mio diritto ad un’ istruzione. Come molte donne ho paura per le mie sorelle afghane.
Negli ultimi 20 anni, milioni di donne e ragazze afghane hanno ottenuto un’ istruzione. Il futuro che era stato loro promesso ora sta per scivolare via..”- Malala Yousafzai
Shabana Basij-Rasikh, co-fondatrice dell’ unico collegio femminile di Kabul è stata costretta a fuggire con 250 persone tra personale e ragazze ed a bruciare lei stessa i registri postando il video sui social.
Per ironia della sorte Shabana era uno dei nomi delle ragazze trascritte sui registri scolastici che i talebani diedero al rogo 20 anni fa per cancellare l’esistenza delle studentesse.
20 anni dopo si trova lei a doverli bruciare, ma solo per proteggere le sue studentesse.
Ma non solo donne c’è anche Kabir Mokamel, che nel 2016 decise di portare un po’ di colore nella sua città natale attraverso la street-art, per colorare quei muri, quelle macerie, quegli edifici distrutti dai talebani, con opere ispirate a Banksy.
Sui social migliaia di utenti postano ogni giorno le opere di Shamsia e le varie testimonianze per cercare nel piccolo di “dare voce a lei e a tutte le donne afghane che stanno vivendo l’inferno”.
Shamsia Hassani continua a raccontare la sua arte della libertà. Qui, il suo profilo Instagram: Shamsia Hassani (@shamsiahassani) • Foto e video di Instagram