Sinisa Mihajlovic ha ora le ali e la sciarpa del Bologna.
Il commiato privato e soprattutto pubblico, in ogni sua espressione possibile, ha dimostrato al calciatore, prematuramente scomparso per una infausta malattia, un grande affetto.
Ognuno a suo modo, ed infatti anche Napoli, in via San Gregorio Armeno, la strada dei Presepi per antonomasia, famosa davvero in tutto il mondo, ha voluto omaggiare il campione.
Sono infatti già comparse le statuine che lo rappresentano ed i maestri artigiani hanno voluto raffigurare il calciatore con un paio d’ali e la sciarpa del Bologna.
Come calciatore Sinisa Mihajlovic, lo ricordiamo, mosse i suoi primi passi nella Stella Rossa di Belgrado dove divenne ben presto famoso per il suo micidiale sinistro.
Era così singolare la potenza che il giovane Sinisa Mihajlovic riusciva a sprigionare nel calciare il pallone che diventò oggetto di studi da parte di un team, formatosi a tal proposito, dell’università di Belgrado.
L’approfondimento intorno a questa caratteristica di Sinisa Mihajlovoc portò gli studiosi a ratificare il suo tiro come il più potente del mondo, certificando che arrivava a 160 km orari.
Naturalmente qualcuno potrebbe obiettare tutta una serie di contrapposizioni a quanto riportato ma credo non sia questo il momento né tantomeno ci interessa nello specifico ma era certamente un modo semplice per meglio comprendere a tutto tondo la sua figura professionale.
Vogliamo però sottolineare quanto il Sinisa Mihajlovic calciatore abbia fin da subito attratto su di sé attenzioni volte a sottolineare le sue particolarità calcistiche.
Sinisa Mihajlovic, una storia non comune
Partì infatti ben presto alla volta della capitale italiana dove nella squadra della Roma mosse i primi passi in ambito internazionale.
Tutto il resto è ormai storia calcistica, quella Sinisa Mihajlovic ha scritto, aderendo via via al sogno sportivo di vari club fino a rivestire, quando gli anni sono stati maturi, il ruolo di allenatore sia in Italia, paese il nostro del quale prese anche la cittadinanza pur mantenendo quella serba, fino ad arrivare a ricoprire il ruolo di commissario tecnico della sua nazione d’origine.
Il sergente lo chiamavano negli ambienti perché il suo ruolo di allenatore lo svolgeva con rigore definito dai più come militaresco.
Famoso un episodio che lo vide protagonista con la compagine serba , ormai tanti anni fa, quando cacciò di squadra un calciatore perché palesemente si era rifiutato di cantare l’inno nazionale.
Aveva visto con i suoi occhi la guerra Sinisa Mihajlovic e vissuta anche in casa nella cerchia delle parentele più strette che da familiare, all’alba del conflitto si erano ritrovati nemici sul campo, con ciò che ne evidentemente consegue.
Ma non è qui e ora il momento neanche di questo, se non per riagganciarci a quelle ali che la sapiente lungimiranza partenopea ha voluto mettere a Sinisa Mihajlovic.
Forse per volare sopra un passato doloroso con il quale, pubblicamente e non il calciatore e l’uomo Sinisa Mihajlovic si è dovuto pensiamo rapportare, forse giorno dopo giorno e che ora merita davvero una quiete vere che voli alta oltre le polemiche o le esternazioni tanto per esserci e dire qualcosa.
Aveva solo 53 anni e ancora tanto da dire anche se la vita per Lui era stata fin troppo articolata, regalandogli però e proprio in Italia la gioia di una famiglia numerosa, ben cinque figli nei volti dei quali un pò in questi giorni abbiamo scorto una bella somiglianza con i tratti paterni.
E questo regala l’immortalità, quella degli affetti sia essi familiari o delle numerose persone che ne hanno apprezzato le doti calcistiche da appassionati, senza conoscerlo nel privato come è giusto che sia.
Ora anche nel presepe napoletano e chissà che faccia farebbe Sinisa Mihajlovic se solo potesse vedersi, anche solo per un attimo, sulle bancarelle della via dei presepi più famosa al mondo.
Avrebbe sorriso, ne siamo sicuri, il sergente avrebbe sorriso.