Si è aperta il 7 Maggio al MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna la mostra Something for the Ivory di Helen Dowling – prima personale dell’artista in un complesso museale italiano – prodotta nell’ambito dell’edizione 2020/2021 del Programma di Residenze ROSE a cura di Giulia Pezzoli.
Something for the Ivory di Helen Dowling
La mostra Something for the Ivory che si svolge all’interno del programma ART CITY Bologna, è allestita nella meravigliosa dimora settecentesca di Villa delle Rose e sarà visibile fino al 6 giugno 2021.
La rassegna costituisce il culmine del percorso formativo e creativo intrapreso dall’artista Helen Dowling durante il suo soggiorno a Bologna della durata di sette settimane, tenutosi tra ottobre e novembre 2020, come ospite della Residenza per artisti Sandra Natali.
La sua candidatura al bando del Programma di Residenze ROSE è stata selezionata dalla commissione composta da: Lorenzo Balbi, direttore artistico di MAMbo; Giulia Pezzoli, curatrice del Programma di Residenze ROSE, Javier Hontoria, direttore del Museo Patio Herreriano di Valladolid; Chiara Pergola, artista; Andrea Viliani, responsabile e curatore del Centro di Ricerca Castello di Rivoli.
Grazie all’opportunità offerta dal Programma di Residenza ROSE, l’artista Helen Dowling ha potuto realizzare non solo un progetto che fosse strettamente collegato all’immenso patrimonio culturale della città di Bologna, ma che fosse anche in grado di sviluppare una riflessione sull’analisi funzionale dei contenuti digitali e nell’osservazione e rappresentazione scientifica del corpo umano grazie allo studio delle cere dell’anatomista e scultrice Anna Morandi Manzolini.
Nelle sue opere – in cui è facile confondere la realtà con l’immaginazione – i materiali di repertorio e le riprese realizzate dalla stessa Helen Dowling vengono combinate in modo tale da creare un effetto intimo e avvolgente. Una riflessione a più livelli che combina l’immersivo e il sensoriale.
Ritmo, movimento, suono e colore sono tutti elementi – che durante il processo di editing – si mescolano fra di loro a differenti livelli di significato, creando così nuove associazioni di immagini e una nuova possibile narrazione.
Il viaggio che lo spettatore di Something for the Ivory intraprende si può considerare come una esplorazione emotiva, fatta di narrazioni perdute e ritrovate. Una narrazione che si intreccia grazie all’immenso potenziale evocativo del suono e della luce.
Già lanciato nel 2017 Something for the Ivory è un progetto di ricerca con l’opera video omonima di cui la mostra costituisce uno step successivo. È un lavoro che indaga sulle implicazioni concettuali alla base della produzione e dell’uso di immagini e video di repertorio, creati e fruibili su piattaforme online in modo tale da essere acquistati utilizzati per diversi contenuti.
Questi prodotti commerciali vengono considerati dall’artista non come inerti vettori di trasmissioni di idee e concetti, bensì come interpretazioni multi-funzionali dell’immagine che rappresentano, come i potenziali incipit di infinite narrazioni – le parole di Helen Dowling.
Il neon rappresenta un testo in una scrittura stenografica inglese conosciuta come Gregg shorthand dal nome dal suo inventore, James Gregg. Alright mother, you win può essere interpretato come una sorta di messaggio cifrato al femminile, un linguaggio da segretarie che evoca una frattura archetipica nei rapporti madre-figlia, nel contesto delle mutate aspettative della società rispetto alla sfera professionale femminile.
Il percorso in mostra si compone di cinque installazioni e tra queste citiamo la nuova produzione video Xylophone ideata e realizzata proprio a Bologna durante il periodo di residenza. Il video Xylophone nella concezione della Dowling, fa da pendant con un’opera video del 2007: Holden.
Nelle due performance le immagini digitali si ritrovano a dialogare con le superfici brillanti e con l’illuminazione minimale delle opere installate nelle altre tre stanze della Villa, permettendoci di immergerci in una atmosfera drammatica e allo stesso tempo avvolgente.
Xylophoneè un modello 3D di scheletro femminile è sospeso all’interno di un vuoto nero, senza una storia alle spalle. La ricostruzione – ottenuta grazie a numerose immagini – sono state trasformate in modo neutro e in modo tale che chiunque possa riconoscersi o a sua volta riconoscere qualcuno.
La colonna sonora che accompagna Xylphone è composta da suoni e frammenti di dialoghi estrapolati a loro volta dalle sceneggiature di film come Lucy, Un amico straordinario, Transformer e la serie The Alienist.
Mi sono concentrata sul fatto che Anna Morandi aveva potenzialmente sezionato più di mille corpi durante i suoi studi e ho iniziato a pensare a quei corpi come agli involucri delle loro storie e, così come essi sono stati tagliati, così lo sono anche le narrazioni.
A suggellare l’esperienza di Helen Dowling nella Residenza per Artisti Sandra Natali, l’omonima pubblicazione bilingue (italiano/inglese) stampata da Edizioni MAMbo, con prefazioni istituzionali curate da Roberto Grandi e Lorenzo Balbi, un testo di Perri MacKenzie e in ultimo un dialogo tra l’artista e Giulia Pezzoli.
Helen Dowling, biografia e carriera artistica
Helen Dowling è un’artista britannica che lavora col video e con video installazioni. Nel suo lavoro si concentra sui linguaggi multidisciplinari inerenti all’immaginario digitale e video. Ha studiato al Goldsmiths College e alla Slade School of Fine Art di Londra e ha partecipato a svariati programmi di residenza biennale. Insegna alla Sint Lucas School of Arts, Anversa.