Caro iCrewer, per la nostra rubrica sull’arte circense, oggi voglio parlarti delle origini del circo e in particolare del circo romano. Nell’Antica Roma era il luogo adibito alla corse dei cavalli o dei carri. Successivamente, vennero introdotti anche i combattimenti tra gladiatori e le esecuzioni capitali pubbliche.
È doveroso specificare che il circo, come lo intendiamo noi, nacque in Inghilterra all’inizio del XVII secolo come spettacolo itinerante che si avvaleva di alcune attrazioni. Fu solo nel 1770 che venne fondato a Londra il primo circo stabile, dedicato soprattutto ad esercizi di equitazione dai quali prese il nome, ancora in uso, di circo equestre.
Circo romano e le corse dei cavalli
Il nome circo deriva dalla parola latina circus (cerchio), proprio perché la forma era quella di un anello. Il circo romano, che era uno spazio all’aperto di forma ovale, era utilizzato per le corse dei cavalli e dei carri. Negli anfiteatri, come il Colosseo, si tenevano i ludi circensi.
Gli antichi Romani fecero dei ludi circensi una vera e propria scienza, tanto che l’anfiteatro costituiva uno degli elementi fondamentali delle loro città. Nelle arene si tenevano giochi che comportavano, oltre alla lotta tra gladiatori, anche l’esibizione di fiere esotiche. Tra i diversi spettacoli, si intratteneva il pubblico anche con la lotta tra schiavi e belve. Gli Imperatori Romani inoltre tenevano nei propri giardini dei bestiari privati, tanto più ricchi quante più fiere contenevano, giacché queste costituivano sia un pregiato bottino di guerra, sia un prezioso donativo da parte dei regnanti dei Paesi lontani.
Ma torniamo al nostro circo romano. I giochi del circo romano erano feste sfarzose, con animali riccamente addobbati, vestiti scintillanti e musiche assordanti. Entrava un corteo di personaggi buffi e burleschi, esseri volteggianti, mangiatori di spade, funamboli, danzatrici e nani.
Il percorso di gara dei circhi aveva il fondo in sabbia ed era costituito da due rettilinei paralleli, separati da una balaustra, chiamata “spina”, che correva nel mezzo e raccordati da due strette curve a 180 gradi. All’interno di ciascuna curva, all’estremità della spina, vi era una colonna, chiamata meta, intorno alla quale i corridori dovevano girare. La distanza tra le due mete era tipicamente di uno stadio (circa 200 metri), ma nei circhi più grandi poteva essere maggiore.
I circhi romani: il Circo Massimo, il più importante
A Roma erano presenti ben dodici circhi. Il più importante era il Circo Massimo: situato nella valle tra il Palatino e l’Aventino, dove sarebbe avvenuto il mitico episodio del ratto delle Sabine in occasione dei giochi indetti da Romolo in onore del dio Consus, è ricordato come sede di giochi sin dagli inizi della storia della città.
L’arena del Circo Massimo veniva inondata con le acque del Tevere e venivano simulati combattimenti navali durante i quali due opposte squadre (composte da gladiatori o da prigionieri di guerra condannati a morte) si affrontavano riportando alla memoria vere battaglie avvenute per mare. Queste rievocazioni erano chiamate naumachie.
Un circo romano arrivato a noi intatto è il Circo di Massenzio, meglio conosciuto come il circo di Romolo, e si trova al terzo miglio della via Appia. Massenzio decorò l’arena con un obelisco proveniente dal tempio di Iside al Campo Marzio, oggi a Piazza Navona, collocato da Gian Lorenzo Bernini sulla Fontana dei Quattro Fiumi nel XVII secolo.
Il Circo di Nerone, i cui lavori furono avviati dall’Imperatore Caligola, sorgeva nel luogo dove adesso troviamo la Basilica di San Pietro. Il Circo Flaminio, altro circo romano importante, aveva al suo interno un piccolo tracciato riservato a gare e diverse costruzioni e monumenti.
I Romani hanno esportato e costruito diversi circhi anche in altre parti del loro impero. Troviamo i circhi anche in Bulgaria, Egitto, Algeria, Grecia, Israele, Turchia, Spagna, Portogallo e Tunisia.
Caro iCrewer, i circhi romani erano molto importanti nell’antichità, ma ribadisco il concetto che, se pur alla base del circo moderno, la strada per raggiungere i giorni nostri è ancora molto lunga.