Terminiamo la settimana delle festività presentando un’ultima opera sul tema della Natività, ultima non perchè meno importante, ma proprio perchè merita di essere scoperta per la sua incredibile bellezza. Parliamo di Te tamari no atua la bellissima opera di Paul Gaugin.
Paul Gauguin e la passione tahitiana
L’artista post-impressionista è conosciuto per le sue rappresentazioni delle donne tahitiane. Gauguin p
Quando si avvicinò alla pittura, lo fece grazie al compagno della madre che collezionava opere d’arte per lo più di impressionisti come Delacroix, dal quale Gauguin venne molto colpito. Anche lui volle collezionare opere d’arte e solo in tarda età quasi 30enne capì che la pittura, l’arte in generale gli faceva provare un senso di pace e serenità e lo faceva sentire completo. Iniziò così ad avvicinarsi alla pittura, nonchè anche alla realizzazione di prodotti in ceramica, ispirandosi proprio a Pisarro, Cezanne, Delacroix.
In ambiente francese divenne anche amico del noto pittore Van Gogh. Fu un’amicizia strana, dal rapporto travagliato, lo stesso Gaugin vivendo nella “casa gialla” assieme all’amico Van Gogh per lo sviluppo di una pittura innovativa, scrisse delle lettere alla moglie dalla quale ebbe 5 figli, dicendole di sentire l’esigenza di andarsene da quella casa gialla e da Arles e continuare la sua ricerca. «trovo tutto piccolo, meschino, i paesaggi e le persone»
«Vincent e io andiamo ben poco d’accordo, in genere, soprattutto quando si tratta di pittura. Lui ammira Daudet, Daubigny, Ziem e il grande Rousseau, tutta gente che io non posso soffrire. Invece disprezza Ingres, Raffaello, Degas, tutta gente che io ammiro: io gli rispondo “sissignore, avete ragione”, per avere pace. I miei quadri gli piacciono, ma quando li faccio trova sempre che ho torto qui, ho torto là. Lui è romantico, io invece sono portato verso uno stato primitivo. Dal punto di vista del colore, lui maneggia la pasta come Monticelli, io detesto fare intrugli»
Più tardi prese la decisione di vivere da primitivo scrivendo alla moglie trasferitasi in Danimarca «Vado a Panamà per vivere da selvaggio, conosco a una lega da Panamà un’isoletta del Pacifico (Taboga), è quasi disabitata, libera e fertile. Porto colori e pennelli e mi ritemprerò lontano da tutti». Da Panamà si spostò poi a Martinica.
«Siamo sistemati in una capanna ed è un paradiso a due passi dall’istmo. Davanti a noi il mare e alberi di cocco, sopra di noi alberi da frutta di ogni specie […]. Negri e negre vanno in giro tutto il giorno con le loro canzoni creole e un eterno chiaccherio, che non è monotono, ma, al contrario, molto vario […]. Una natura ricchissima, un clima caldo, con frescure intermittenti. Con un po’ di denaro, qui c’è di tutto per essere felici»
E’ a Papetee, capoluogo di Tahiti, che Gauguin forma una nuova vita, e forse una nuova famiglia, anche se la donna che gli diede un figlio nato morto o rimasto in vita solo un anno, era una ragazza polinesiana quattordicenne, e Gauguin non era più un ragazzino, padre di 5 figli poteva esserle padre o addirittura nonno.
Della sua famiglia originaria non seppe più niente, se non della morte della prediletta Aline, stroncata a soli 20 anni da una polmonite, da allora Gauguin sprofonda dal dolore e da un senso di profonda solitudine, per la perdita dei due figli, Aline la prediletta francese e il primogenito polinesiano, e anche per il taglio dei rapporti con la famiglia principale.
Da allora le sue tele iniziarono a prendere carattere. Gauguin nelle sue tele simboliche e hawaiane, ha lasciato il suo marchio, rappresentando la civiltà di Tahiti, e identificando la sua pittura con il suo ideale estetico del “primitivismo”, allontanandosi già da tempo di gran lunga dalla fase impressionista.
Le sue opere note sono davvero tante tra queste citiamo Il Cristo giallo, Due donne tahitiane, Aja oe feli, Due donne tahitiane sedute (..e l’oro dei loro corpi), Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?, Te tamari no atua la Nascita di Cristo dove Gauigin fonda le due religioni e le due tradizioni alla quale lui stesso ne fa parte, quella cristiana e quella tahitiana-polinesiana rappresentata dal tupapaù.
Visse gli ultimi suoi anni di vita nella città di Hiva Oa, nelle isole Marquises della Polinesia, spinto dalla voglia di trovare un posto ancora più tranquillo e che lo allontanasse dalle brutte esperienze, qui riprese la sua vitalità, che si notò anche nei suoi dipinti. La sua tomba fu trovata solo 20 anni dopo la sua morte, dove assistettero pochi polinesiani, e fu posizionata una semplice lapide con su scritto Paul Gauguin 1903.
Te tamari no atua
Te tamari no atua, la Nascita di Cristo è un olio su tela realizzato nel 1896, oggi conservato a Monaco di Baviera, Neue Pinakothek. Fu realizzato durante il suo primo soggiorno a Tahiti. L’artista molto spesso ha realizzato opere a carattere religioso, ma ambientandole in un contesto popolare e culturale polinesiano.
In Te tamari no atua, l’artista fonde le due religioni alle quali appartiene descrivendo così la natività e rappresentando anche il Tupapaù. Nel fondere le caratteristiche delle diverse religioni, Gauguin non cercò di insegnare ai popoli polinesiani la cultura e religione dalla quale proveniva, ma semplicemente fondeva i suoi saperi, le sue esperienze. Egli aveva, in effetti, una mentalità più aperta e una visione più ampia legata al tema della religione.
Te tamari no atua, fu realizzata quando Gauguin viveva in uno stato confusionale e di solitudine e tristezza, segnato dalla perdita della prediletta figlia francese Aline, da problemi finanziari, ma anche da un evento che lo segnò e che sembra proprio descriverne l’opera: la nascita del figlio nato morto, avuto dalla quattordicenne tahitiana Pahura.
L’opera sembra proprio descriverne l’accaduto.
Al centro della composizione in primo piano viene rappresentato il tema della Natività, il parto di Maria Vergine sottolineata dall’aureola sul capo. Il colore predominante è il giallo del lenzuolo dove riposa la Vergine, in contrasto con il suo velo blu. Dormiente, esausta riposa sfinita confortata da un gatto bianco ai suoi piedi.
Per quanto riguarda la visione cattolica potremmo dire che viene mostrata una natività non canonica, in quanto Maria è rappresentata adagiata su un letto di colore giallo, con il figlioletto, anche lui con l’aureola, che viene accudito dall’angelo. Mentre sulla destra troviamo il bue e l’asinello simboli della Natività.
L’opera essendo, però, stata dipinta in veste polinesiana appare alquanto ambigua e altamente simbolica. La fanciulla stravolta coperta da un panno, allude forse proprio alla sua piccola compagna Pahura, che diede alla luce un figlio morto. Accanto a lei il totem polinesiano Tupapaù.
La donna che tiene nelle braccia il bambino potrebbe alludere proprio allo spirito del Tupapaù, lo spirito dei morti.
L’opera è molto semplice, reale. C’è realismo e primitivismo, la sacralità è data soltanto dalle aureole poste sopra il capo di Maria e del Bambino e dalla presenza di alcune figure simboliche inerenti alla Natività come il bue e l’asinello e l’angelo, con delle ali rese grazie alle pennellate energiche dell’artista.
Se non fosse per questi simboli, potremmo semplicemente leggerla come una scena quotidiana di un parto. Leggendo e conoscendo le simbologie, notiamo che, forse, Te tamari no atua è più vicina alla vicenda personale dell’artista e non alla Natività, e che Gauguin ha voluto solo dare una sua libera interpretazione.