Un termosifone, il palazzo del potere e una bella donna. Sembra l’incipit di un romanzetto da bancarella della domenica mattina a Porta Portese, per chi è di Roma o di un qualsiasi mercatino delle pulci di qualsiasi città del mondo, se non fosse che ad ascoltare le voci, a volte ci si trova proprio il vero nocciolo della questione.
Cosa accade è presto detto ma non tanto per la notizia in sé, quanto per i contorni che muovono certamente su un terreno a dir poco paludoso, anche se non sono mancate fin dall’inizio esternazioni forse un po’ troppo ad hoc, per cercare di far sembrare verosimile l’assurdo.
Si dice che il mistero più ostico del quale venire a capo è proprio quello sotto i nostri occhi avverte un antico proverbio ma che da oggi potrebbe diventare “sopra il vostro termosifone”.
Cosa è accaduto è presto detto.
In una stanza di Palazzo Montecitorio, storico edificio affacciato su Piazza del Parlamento che Papa Innocenzo X commissionò al celeberrimo Gianlorenzo Bernini sede istituzionale del Parlamento Italiano, per caso è stata scoperta una tela raffigurante la Gioconda, posta appunto al calduccio appena sopra un dignitosissimo e perfettamente funzionante signor termosifone.
Questa singolare e misteriosa vicenda sembra sia iniziata nel 2019 quando l’architetto e restauratore Antonio Forcellino, su mandato dell’Accademia dei Lincei, incominciò a porre le basi per organizzare la mostra dal titolo“Leonardo a Roma”, nell’ambito delle più ampie celebrazioni previste per il cinquecentenario dalla morte del genio italiano.
Era volontà del committente esporre la Gioconda della collezione Torlonia, aspettativa recepita dall’organizzatore che al fine di reperirla, iniziò la ricerca interpellando proprio il sottosegretario alla Cultura, Lucia Borgonzoni, poiché il quadro, che secondo le aspettative sarebbe dovuto essere l’attrazione principale della mostra che si stava organizzando, in effetti risultava irreperibile dal 1925.
Esattamente come in una viuzza di un piccolo Borgo d’Italia, dove le voci circolano fluide, un senatore leghista, tale Stefano Candiani, presente alla riunione, ascoltò esattamente le frasi giuste e pur non gridando EUREKA, ebbe l’intuizione del secolo, portò seduta stante l’architetto Forcellino nella stanza dell’allora Questore D’Incà e gli mostrò, non sappiamo se più o meno platealmente, il quadro appeso proprio sopra un termosifone.
Era Lei. Sul termosifone troneggiava Monnalisa della collezione Torlonia
Si decise nell’immediatezza di procedere con l’incarico per un restauro del dipinto che avrebbe senz’altro dato contestualmente spazio ad un mirato approfondimento e avrebbe fatto in seguito anche chiarezza circa l’origine del dipinto.
In molti credo sperassero fin da allora ciò che in seguito fu acclarato, non come una certezza assoluta ma come ineccepibile probabilità.
Infatti dal restauro sono emerse similitudini in alcuni elementi pittorici che solo l’autore della Gioconda Parigina poteva conoscere e quindi riprodurre.
Questa ipotesi teorica trova inoltre forza nel fatto che non era raro, all’epoca di Leonardo Da Vinci che gli artisti portassero a termine più di una versione di uno stesso dipinto, al fine di dare la possibilità al committente, di scegliere quella che a suo giudizio ritenesse migliore.
Alcune versioni del ‘700 della Gioconda, ovviamente delle copie, vengono vendute all’asta sopra il milione di euro, secondo me quella della Camera vale almeno qualche decina di milioni
E chissà se alla fine di questa vicenda ci verrà chiesto di rimangiarci il grido di “ridatece la Gioconda” urlato sprezzante l’istante dopo l’ultimo rigore tirato da Grosso nella finale dei mondiali del 2006.
Ci chiediamo infine se a qualcuno sia venuto in mente di saggiare il contraccolpo subito dal termosifone ormai privato di cotanto affaccio.
Chissà se funziona esattamente come prima ma non se ne ha ahimè notizia.
Il mistero si infittisce.