Il terremoto de L’Aquila ha causato molte perdite, sia di vite umane che di opere d’arte. Appena è stato possibile, sono iniziati i lavori di restauro dei beni presenti sul territorio abruzzese, purtroppo alcuni di questi sono stati trafugati e oggetto di furti. Uno scempio ad una comunità che ha già sofferto tanto e continua a portare dentro di sé le paure e le ansie lasciati dal terremoto del 6 aprile 2009.
Dopo il terremoto i restauri
Come si legge sul sito Lo stato delle cose, nel centro storico del capoluogo d’Abruzzo circa il 70% degli edifici è vincolato: questo, al di là dei dati, lo si percepisce anche solo passeggiando tra le vie dove i palazzi storici – dai cui portoni si svelano i cortili rinascimentali con i pozzi in pietra bianca – tornano faticosamente a nuova vita.
Ricostruire L’Aquila vuol dire, dunque, ricostruire la città, la sua storia, la sua identità. I restauri e i lavori legati alle opere continuano ininterrottamente dal 2016, e hanno come obiettivo quello di coniugare la sicurezza con la conservazione e la tutela. Resta però ancora molto da fare: le incompiute più evidenti sono il Duomo di San Massimo e la Chiesa di Santa Maria Paganica ancora tristemente al palo, ma tante altre chiese, il Teatro comunale o il Forte spagnolo arrancano nella fine dei lavori, tra mille difficoltà nell’iter della ricostruzione e una cronica carenza di personale negli uffici territoriali.
C’è poi il patrimonio culturale definito “minore”, quello dei borghi intorno al capoluogo, quello più a rischio di oblio. Anche qui, dove sono rinati solo alcuni dei tanti gioielli diffusi, risaltano casi di incredibile abbandono. Colpisce inoltre il disinteresse italiano per l’enorme lascito dell’esperienza L’Aquila, un laboratorio a cielo aperto di ricostruzione di un patrimonio culturale che non viene studiato e messo a sistema per le altre emergenze. E ogni volta, dopo un terremoto, si ricomincia daccapo.
Un grande lavoro di recupero dell’arte è stato fatto. Per comprendere quanto è stato fatto finora occorre fare un excursus dai primi restauri eseguiti nell’immediato dopo sisma fino ad oggi. La vera ricostruzione è cominciata solo nel 2012. Prima di tale data le macerie erano ancora dentro i palazzi. Un lavoro enorme e prezioso è stato fatto, con oltre 25 monumenti restaurati e un patrimonio pubblico e privato di pregio artistico e monumentale diffuso che sta tornando a nuova vita. Oltre duemila beni immobili e circa 700 edifici vincolati: di questi 476 sono all’Aquila e nelle 60 frazioni; 200 si trovano nei 56 borghi del cosiddetto cratere sismico, un territorio corrispondente a un quarto della Regione Abruzzo, segnato dolorosamente dal sisma del 2009.
I soggetti della ricostruzione. In questi undici anni nel campo della ricostruzione di L’Aquila e del suo territorio hanno interagito diversi soggetti, con varie responsabilità: le amministrazioni comunali per i piani di ricostruzione e gli interventi pubblici strutturali; due uffici speciali per la ricostruzione, quello dell’Aquila (Usra) e quello del cratere (Usrc); le strutture territoriali del Mibact: il Segretariato regionale e la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti, Paesaggio per L’Aquila e i Comuni del cratere; e poi il Provveditorato delle Opere Pubbliche, ad esempio per la ricostruzione delle Chiese di San Bernardino e di San Domenico.
I furti delle opere de L’Aquila e del territorio abruzzese
Quando una tragedia devasta un territorio, gli sciacalli entrano in azione. Tanti sono stati i furti delle opere d’arte e del patrimonio artistico abruzzese sottratto dopo le scosse del 2009. Nel 2018, alcune di queste opere furono ritrovate nelle case, negli appartamenti e nelle ville della costiera amalfitana esposte in bella mostra.
Grandi tele, pale d’altare finite nelle mani di mercanti che erano riusciti a vendere le opere a collezionisti disposti a pagare enormi somme di danaro pur ai avere in casa opere d’arte di altissimo valore, alcune di dimensioni molto grandi. Perché si sa che una grossa parete ha bisogno di quadri grossi. C’era persino un dipinto attribuito a Guido Reni. Non uno qualunque, insomma.
Sono ben 37 le opere d’arte recuperate dai carabinieri del Comando tutela patrimonio artistico che ieri hanno svelato i retroscena dell’attività investigativa coordinata dal procuratore della Repubblica di Salerno Corrado Lembo e dal comandante del nucleo tutela patrimonio artistico generale Fabrizio Parrulli.