Dal 4 al 10 luglio 2020 nel corso dell’Euroscience Open Forum, Trieste sarà proclamata città europea della Scienza. Andiamo a conoscerla.
La gioia di salire su Colle San Giusto per respirare la brezza dell’Adriatico e sognare la Mitteleuropa ammirando il Castello Miramare; sentirsi fieri di aver varcato il confine prendendo lo storico tram per Villa Opicina; contemplare la coesistenza di antico e moderno e rendersi conto che la definizione di Trieste come “una Sissi col peircing” sapientemente scelta dallo scrittore Mauro Covacich è veramente appropriata per questa affascinante e cosmopolita città che nel 2020 sarà nominata Capitale europea della scienza. L’eclettismo è quindi la cifra stilistica che contraddistingue tanto la città quanto i suoi cittadini.
Il verdetto è stato espresso dall’Euroscience Open Forum 2020 e Trieste ha battuto anche le città olandesi di Leida e l’Aia. L’appuntamento sarà dal 4 al 10 luglio 2020.
Tante le ragioni che hanno portato a questa scelta. La città è infatti un centro nevralgico per la scienza e le realtà commerciali e sociali del panorama mitteleuropeo. Inoltre secondo delle statistiche effettuate nel 2005, Trieste conta il più alto numero di ricercatori (almeno 35 ogni mille abitanti). Già dal XIX secolo sono attivi numerosi istituti scientifici che si occupano di carsismo, biologia marina, astronomia.
L’evento estivo che vedrà protagonista la città giuliana potrebbe quindi essere un pretesto per visitarla.
Trieste viene definita una città mitteleuropea poichè la maggior parte dei suoi edifici vennero costruiti tra Settecento e Ottocento, quindi durante il periodo Austro-ungarico.
Piazza dell’Unità d’Italia, chiamata dai triestini piazza Unità, ha una struttura rettangolare ed è abbellita da eleganti edifici, mentre un lato è aperto sul mare. Qui troviamo uno dei palazzi simbolo della città: il Municipio, costruito nel 1873 su un progetto dell’architetto Giuseppe Bruni; ha anche una torre con l’orologio con le statue di due personaggi che battono le ore: Micheze e Jacheze. E’ un esempio di eclettismo in quanto convivono in esso influenze austro-ungariche, influenze parigine che ricordano il padiglione del Louvre, reminiscenze veneziane. Inizialmente fu criticato dai Triestini che lo chiamavano la Cheba, ossia la gabbia, in quanto richiamava la gabbia degli uccelli. Altro importante palazzo ubicato nella medesima piazza è quello del Governo costruito dall’architetto viennese Emil Artmann tra il 1901 e il 1905, ispirato al Rinascimento, ma con commistioni viennesi. Particolarmente suggestivo al tramonto poichè la luce del sole illumina i suoi mosaici realizzati con i vetri di Murano e li rende dorati. Altri edifici che si trovano in questa piazza sono Palazzo Modello, costruito sempre da Bruni tra il 1871 e il 1873, perchè doveva sostituire le vecchie Chiese di San Pietro e San Rocco. Fu commissionato dal Comune e fu così chiamato perchè doveva costituire un esempio architettonico per la struttura della piazza. Il Palazzo del Lloyd fu invece costruito tra il 1880 e il 1883 dall’architetto Heinrich Von Ferstel per la società di Navigazione fondata nel 1883 con Il Lloyd austro-ungarico. La facciata è ispirata al Rinascimento con due fontane allegoriche incavate in una nicchia: Teti rappresenta l’acqua dolce e Venere che rappresenta l’acqua salata. Sull’attico ci sono quattro statue di divinità: Eolo, Mercurio, Vulcano, Poseidone, mentre il gruppo centrale è composto dalle Vittorie alate. La facciata sul lato mare rappresenta Leucotea protettrice dei naufragi con in braccio Palemone Dio del porto sicuro e con al suo fianco Urania patrona della navigazione. All’interno un’ampia scalinata introduce in un salone asburgico. Infine Palazzo Stratti costruito nel 1839 dall’architetto Antonio Buttazzoni in stile neoclassico, su incarico del mercante greco Nicolò Stratti persona molto importante per l’epoca, negoziante di Borsa, Direttore del Teatro Novo, Fondatori dell’Istituto dei Poveri. Nel 1846 a causa di difficoltà finanziarie il palazzo fu venduto alle Assicurazioni Generali. Nel 1872 gli architetti Geiringer e Righetti ne ristrutturarono la facciata dandole un aspetto eclettico. Le sculture in cima all’edificio furono realizzate da Pietro Zandomeneghi. Al centro troviamo una figura femminile che indica la città di Trieste, circondata dai simboli delle fortune della città nell’arte, nell’industria, nel commercio e nella navigazione. Al pian terreno c’è lo storico Caffè degli Specchi, centro di irredentismo e ritrovo per letterati e artisti. Fu inaugurato nel 1839 e completato nel 1846.
Passando per Canal Grande che ricorda Venezia, si raggiunge un altro importante e suggestivo edificio, Palazzo Gopcevich, oggi sede del Museo Teatrale intitolato a Carlo Schmidl editore musicale e collezionista. Il museo contiene tutta la storia teatrale e musicale della città. Inoltre ospita anche la Fototeca dei musei civici di storia ed arte consultabile solo su appuntamento. Anche questo edificio è caratterizzato da uno stile eclettico poichè la facciata richiama il Palazzo Ducale di Venezia è basato sulla bicromia e sui motivi geometrici ed è arricchito da sculture. Fu costruito tra il 1847 e il 1850 su progetto di Giovanni Berlam e su commissione di Spiridione Gopcevich un ricco commerciante di area serbo-ortodossa. Questo palazzo si caratterizza per le quattro sculture collocate all’interno di quattro nicchie e al livello del primo piano del palazzo. Secondo gli studiosi, i personaggi raffigurati sarebbero quattro eroi serbi di una battaglia svoltasi in Kossovo il 15 giugno 1389, che vedeva contrapposti Serbi e Turchi. Da sinistra sarebbero quindi riconoscibili il Principe Lazzar Grabljanovich e sua moglie Millica e sulla destra il condottiero Milos Obilic con una crocerossina.
Salendo verso Colle San Giusto troviamo l’edificio di culto più importante della città: la Basilica Cattedrale di Colle San Giusto. Tra il 1302 e il 1320 il Vescovo Rodolfo Pedrazzoni da Robecco unificò in un unico edificio le Chiese già esistenti di Santa Maria e quella dedicata al Martire San Giusto. La facciata esterna ha un enorme rosone realizzato in pietra carsica ed elaborato dai maestri scalpellini ingaggiati a Soncino vicino Cremona. Ne rimane un ricordo nella toponomastica in quanto una delle vie di Trieste si chiama appunto via dei Soncini. Il portale d’entrata fu ricavato da un antico monumento funebre di epoca romana. Nel 1862 vennero aggiunti dei busti in bronzo che poggiano su mensole di antichi piedistalli romani. Essi raffigurano Enea Silvio Piccolomini in seguito Papa Pio II, poi Rinaldo Scarlicchio scopritore delle reliquie del Santo e infine Andrea Rapicio, umanista del XVI secolo. Il campanile ospita un complesso di ben cinque grosse campane alla più grande delle quali è stata dedicata la celebre canzone patriottica La campana di San Giusto scritta da Giovanni Drovetti e musicata da Colombino Arona. Il campanile risale al XIV secolo, mentre la statua del Santo collocata all’interno di un’edicola gotica risale al X-XI secolo ed è di origine Bizantina.
All’interno, per quel che riguarda gli affreschi originali, troviamo solo il ciclo di San Giusto. Le absidi laterali sono decorate con mosaici realizzati dalle maestranze veneziane e di Costantinopoli. Nella cappella relativa all’antica chiesa di Santa Maria abbiamo un’immagine della vergine Theotokos, ossia genitrice. Nella cappella di San Giusto invece abbiamo il Cristo Pantocratore, ossia benedicente seduto tra San Giusto e San Servolo.
Dall’alto di Colle San Giusto possiamo ammirare Il Castello Miramare costruito tra il 1856 e il 1860 dall’Arciduca Massimiliano d’Asburgo per la sua giovane sposa Carlotta del Belgio. Ma purtroppo Massimiliano trovò la morte in Messico. La leggenda narra che Carlotta perse quindi la ragione, per cui i triestini che amano trascorrere i momenti di relax nei giardini che circondano il Castello, parlano spesso di una maledizione che grava su di esso.
Preparatevi per questo viaggio ricco di curiosità, ma fatevi accompagnare dalla gente del posto che vi saprà guidare tra i segreti di un dialetto che possiede la bellezza e la dignità di una lingua, ma soprattutto vi farà apprezzare al meglio aneddoti e leggende piene dello spirito e della leggerezza del triestino che vi introdurrà al concetto del “Viva l’A e po’ bon!”, ossia vivi in allegria e senza troppe preoccupazioni.