Il termine Vajont prima delle ore 22:39 del 9 ottobre 1963, era poco conosciuto se non dai residenti della valle, il cui occhio probabilmente e da anni, durante la routine delle giornate, più volte e con preoccupazione si andava a poggiare ora sull’imponente diga di nuovissima costruzione, ora sul profilo del monte Toc, un tempo rassicurante con la sua maestosa presenza, divenuto poi anche lui parimenti minaccioso.
Un nome però già famoso negli ambienti dell’ingegneria moderna, con quanto vi ruotava intorno, per essere ciò che all’epoca era considerata una sfida dell’uomo vinta contro la natura con quel capolavoro di ingegneria che rappresentava di fatto al tempo, la diga più alta del mondo.
Brutta cosa la superbia e lo abbiamo imparato tutti fin da piccoli attraverso i miti romanzati ed adattati per essere comprensibili anche in tenera età ma evidentemente non è bastato come non sono bastate tante blasonate lauree in ingegneria e specializzazioni che tanto orgoglio familiare avranno suscitato.
Nessuna telecamera a riprendere l’evento, quando l’incurvarsi inatteso e violento della massa d’acqua di proporzioni inaudite, ha rappresentato allo stesso tempo l’apice dell’incombente ed inevitabile tragedia e la magnificenza della natura matrigna che irrompe libera di essere se stessa.
Cosa sarebbe stato agli occhi dei posteri, lo scatto che avesse ripreso esattamente il momento in cui tutto era ancora come prima ma inevitabilmente il destino era compiuto.
E forse proprio da un fotogramma del genere si sarebbe guardato per andare a cercare di trovare le risposte ai tanti misteri che l’intera area e la vicenda in particolare, ancora nascondono.
Si perché, sembra essere stata fatta chiarezza su tutti gli aspetti possibili dell’evento e le sue conseguenze, forse via via un po’ troppo nel modo più comodo ma ancora oggi, attraversando la valle, sfido chiunque a non sentire almeno per quel breve tratto di percorrenza che sovrasta l’area colpita, un sopito quanto lontano grido: sono i segreti dei morti del Vajont messi a tacere per sempre.
Una mostra fotografica per tornare ad indagare sui segreti del Vajont
In questo sessantesimo anniversario del disastro del Vajont, in occasione dello spettacolo Vajonts23, al Piccolo Teatro Strehler, con il patrocinio del Comune di Milano, dell’Associazione Bellunesi nel Mondo, va in scena la tragica storia di Longarone e proprio nel centro di Milano con la mostra fotografica ‘Vajont, per non dimenticare’.
Un percorso fotografico ben articolato, affidato sapientemente alla ProLoco di Longarone, che ha messo in opera un excursus storico volto a raccontare, attraverso le molte immagini d’epoca, il paesino di Longarone come era agli inizi del ‘900.
A cui sono state affiancate le immagini della progettazione, costruzione e realizzazione della diga con quelle poi del disastro datato 9 ottobre 1963 e a seguire la fase dei soccorsi fino alla ricostruzione, passando anche per la fase processuale ed il ritorno alla vita.
L’inaugurazione della mostra, esclusivamente su invito, è prevista per oggi alle ore 18.30 nella sede del Piccolo Teatro Strehler in Largo Greppi al civico 1, con aperitivo a base di prodotti del territorio bellunese, curato dallo chef Denis Lovatel.
A seguire, alle 20.30, inizierà lo spettacolo Vajonts23, Azione corale di teatro civile: il progetto voluto e pensato da Marco Paolini che coinvolge più di cento teatri italiani, uniti in un evento di grande impatto emotivo.
Al Piccolo Teatro Strehler, lo spettacolo prevede la partecipazione di circa centocinquanta attori-cittadini, oltre allo stesso Marco Paolini e ad altri narratori d’eccezione.
Un nutrito gruppo di soci della Famiglia Milanese dell’ABM prenderà parte attiva allo spettacolo, che verrà trasmesso in diretta, via web, da un’apposita piattaforma.
Lo spettacolo, avrà una durata di 120′ minuti senza intervallo e si concluderà esattamente ed improrogabilmente alle 22.39, l’ora esatta in cui l’enorme frana del monte Toc, il 9 Ottobre 1963, piombò dentro il lago della diga più alta del mondo, provocando l’onda che spazzò via, in pochi minuti, la vita di quasi 2000 persone e con esse la memoria di un paese e forse, per quel breve tratto, di un’intera nazione.
Una storia esemplare da tramandare, per non dimenticare.
Un grande ricordo collettivo in forma di racconto, per evocare il passato guardando al futuro, al tema della crisi idrica, alle politiche e ai comportamenti individuali che chiedono di essere adottati oggi, allo scopo di prevenire il disastroso peggioramento
della disponibilità di acqua potabile.L’anniversario del Vajont offre a Marco Paolini lo spunto per coinvolgere un’ampia schiera di realtà in tutta Italia – scuola, università, mondo del teatro, istituzioni – in una creazione partecipata all’interno della quale interrogarsi, insieme, sul tema
Lo spettacolo teatrale ha registrato il sold out da tempo ma la mostra sarà visitabile per tutti fino al 16 Ottobre prossimo.
Per non dimenticare.