“…non sempre uno sa quello che potrebbe fare, ma lo sente d’istinto: eppure sono buono a qualcosa, sento in me una ragione d’essere!». Vincent Willelm van Gogh
Vincent Willem van Gogh, pittore olandese, conosciuto semplicemente come van Gogh, fu il secondo di molti figli (non è certo, forse 7 o forse 11), anche se, non ebbe mai modo di conoscere il primogenito, in quanto morì esattamente un anno prima della sua nascita. Il pittore infatti nacque il 30 marzo 1853, mentre suo fratello Vincent Willem Maria il 30 marzo del 1852 e aveva solo un anno. I genitori diedero a Vincent (pittore) il nome del fratello maggiore, in suo ricordo, ma questa triste storia, sembrò aver gettato un alone di tragicità e tristezza sul malcapitato secondogenito. Il padre del pittore, del quale non si hanno notizie certe, se non che fosse un pastore calvinista, probabilmente si trattava di Theodorus van Gogh (1822-1885), influenzò fortemente il figlio, il quale sprofondò in un misticismo religioso per alcuni anni della sua vita, tanto da scrivere anche alcuni sermoni.
Vincent amava disegnare fin da piccolo, ma il padre non sostenne mai questa sua inclinazione, se non in età ormai adulta, tentando di scoraggiarlo, preferendogli attività più redditizie. Sembra, infatti, che i mestieri nella tradizione famigliare fossero l’oreficeria e il commercio d’arte.
Tuttavia il futuro pittore, per fortuna di noi posteri e dell’arte tutta, non si lasciò mai intimidire dalle velleità paterne, tanto che la sua produzione di opere fu colossale: si tratta di più di 900 dipinti, più di 1000 disegni, moltissimi schizzi di opere incompiute e imitazioni di disegni di altri artisti, tutto questo nell’arco di una breve vita, poiché morì a soli 36 anni.
Van Gogh ebbe una vita tormentata, cambiò spesso lavoro, città e paese. I lavori nei quali fu occupato, lo influenzarono molto, nel 1869 grazie allo zio “Cent” (fratello del padre) iniziò a lavorare alla Goupil & Co, una nota casa d’arte specializzata nella riproduzione di stampe, qui ebbe rapporti stretti con tutto il mondo dell’arte, ampliando i suoi interessi e le sue conoscenze, purtroppo in quel periodo iniziarono per l’artista una serie di sventure amorose, che alimentarono la sua nota instabilità psichica, mollò quindi il lavoro e tornó a casa, per riparartire ed andare ad insegnare come supplente a Ramsgate, una contea del Kent, vicino Londra, lì si occupò persino di predicare assieme ad un pastore, completamente assorbito dal fermento religioso. Anche in quella circostanza, come quando si innamorò di una prostituta (Sien che lo condusse sul lastrico, costringendolo per un periodo a smettere di dipingere) potè sempre contare sul sostegno di suo fratello Theodorus junior, antiquario e venditore di opere d’arte, “Theo” infatti, così veniva chiamato da Vincent, fu assieme allo zio Cent, quello che lo sosteneva e che sovente si recava in suo soccorso, tanto che abbiamo un importante epistolario tra i fratelli van Gogh, documenti importanti sia per il valore storico, che per quello artistico. Nelle lettere Vincent spiegava a Theo ogni singolo quadro che dipingeva, lasciandoci un tesoro prezioso per la comprensione delle sue idee e della sua arte. L’epistolario fu raccolto e pubblicato dalla moglie di Theo, Johanna Boinger, nel 1914 come “Brieven aan zijn broeder” (tradotto in italiano Lettere a Theo).
Dopo queste esperienze lavorative “fuori casa”, il pittore tornò in famiglia, dove tutti si accorsero del peggioramento psicologico che stava subendo. Qui, di nuovo grazie allo zio, ottenne un altro impiego presso la libreria Blussé & Van Braam di Dordrecht, dove però manifestò maggior interesse per il lavoro che si svolgeva nel retrobottega, lì si dedicò a tradurre la Bibbia in inglese, francese e tedesco (conosceva molto bene le lingue), questa attività assieme all’amicizia per Paulus van Görlitz, riaccesero in lui il fermento religioso che pareva sopito e, proprio grazie all’amico, convinse la famiglia a provare l’esame di ammissione alla facoltà di teologia di Amsterdam. Non riuscì mai a superare l’esame, ma questa esperienza lo condusse a frequentare un corso per l’evangelizzazione, con il quale iniziò a predicare da laico, poi ad insegnare in una Scuola Evangelica e che ebbe anch’essa breve durata, poiché la sua opera di evangelizzazione e abnegazione cristiana, vennero interpretate come “fanatismo religioso” e fu cacciato.
Finalmente la svolta artistica
Vincent van Gogh iniziò a dipingere di religione, voleva tentare di evangelizzare attraverso la sua arte, ma a ben vedere, è chiaro per chi si è appassionato alle sue opere e lo ha studiato come artista e come essere umano, che stava solo testando una strada espressiva per i suoi tumulti interiori, la sua “malinconia”, come lui stesso la definiva, quella spinta emotiva ed estetica che divenne quella di molti altri artisti influenzati dalla sua arte all’inizio del ‘900. Ancora una volta fu Theo a motivarlo, questa volta interrompendo lo scambio di lettere, poiché non sopportava quel fervore religioso che si era impossessato di Vincent. Il rifiuto di Theo pungolò Vincent a rioccuparsi di pittura, passione che aveva sempre avuto, ma mai approfondito. Lesse Cours de dessin e l’Exercices au fusain di Chalres Bargue, per imparare alcune tecniche, attraverso la copia delle tavole di esercizio. Nel frattempo, sempre Theo gli inviava le pubblicazioni di Gipli e l’artista si nutriva di arte e delle nuove tendenze di gusto.
Nel 1880 si reca a Bruxelles, inizia a studiare il disegno prospettico e anatomico, sembrava ormai votato alle belle Arti, tuttavia il suo spirito inquieto percepì l’Accademia come un ostacolo alla sua arte:
«Senza saperlo l’accademia è un’amante che impedisce che un amore serio, più ardente e più fecondo, si risvegli in te. Lascia perdere quest’amante e innamorati disperatamente del tuo vero amore: la Natura o la Réalité. Anch’io mi sono innamorato e, disperatamente, di una certa Natura o Réalité e da allora sono felice, anche se mi resiste crudelmente e ancora mi rifiuta».
Van Gogh era chiaramente un ribelle, alla ricerca di se stesso, della sua modalità si espressione, di una sua arte. Non è assimilabile a nessuna corrente artistica del tempo, perché nei suoi quadri c’è un grande attenzione al disegno, al passato, ai colori scuri, palesamento del suo io tormentato.
Nonostante questo, rimane colpito dalla tavolozza degli impressionisti, dalla vivacità dei colori e dalla luce. A Parigi van Gogh scoprì l’esistenza della luce nei quadri, conobbe Henri de Toulouse-Lautrec, Gauguin, Monet, Renoir, Degas, Pissarro, Sisley. E’ un periodo gioioso per lui, la pittura è finalmente entrata a gamba tesa nella sua vita, circondato da artisti in un ambiente stimolante, con l’aggiunta di un nuovo ottimo rapporto col fratello, si sente quanto mai felice.
Non ha ancora venduto quadri suoi, ma è fiducioso e ha finalmente inizio il periodo più amato e conosciuto della sua produzione, quello in cui si stabilisce ad Arles.
Solo ad Arles dipinge duecento quadri più un centinaio di disegni. E’ euforico, finalmente ha trovato la sua strada e sono proprio di questo periodo quadri come: La sedia di Vincent , La camera di Vincent ad Arles, Il caffè di notte, Terrazza del caffè la sera, Place du Forum, Arles, Notte stellata sul Rodano, oltre che tutta la serie dei quadri sui Girasoli. L’uso del colore in questi quadri è talmente diverso dal periodo nordico che sembra quasi essere un altro pittore, tanto che potremmo interpretarlo, come la conferma di quanto un ambiente favorevole possa manifestarsi positivamente nelle opere di un artista. Il giallo dei girasoli, è identificativo di uno stato di “luce” interiore dell’artista.
Una luce che tornerà a tremare ancora, quando Vincent si stancherà anche di Arles dopo un furente litigio con Gauguin, tanto che quest’ultimo scappò letteralmente da lui. Ne seguì un altro trasferimento ad Saint-Rémy-de-Provence, dove venne ricoverato in un manicomio. La sua malattia mentale, sul quale ancora oggi disquisiscono studiosi e psichiatri, potrebbe variare dalla schizofrenia, al bipolarismo, per arrivare alla porfiria acuta intermittente, la verità è che nessuno è in grado di diagnosticarla accuratamente. Noi sappiamo solo che Vincent van Gogh era alcolizzato, faceva uso di assenzio, soffriva di insonnia e non riusciva a stare fermo, necessitando di dipingere e ancora dipingere. Nella clinica psichiatrica dipinse 140 opere, tra le quali la meravigliosa “Notte Stellata” esposta Museum of Modern Art di New York.
La mostra a Salerno
La città di Salerno dal mese di novembre fino al 23 febbraio 2020, ospiterà una mostra immersiva su van Gogh. La location è la Chiesa della Santissima Addolorata del Complesso Monumentale di Santa Sofia. La mostra ti propone, attraverso le moderne tecnologie della realtà virtuale, di immergerti e vivere a 360° le opere del pittore olandese, grazie ad un sistema di proiezioni 3D mapping. La mostra è strutturata in tre parti, a nostro avviso è molto interessante la terza, che si propone, dopo la prima e la seconda legate più ai quadri, di far comprendere al pubblico anche il tumulto interiore dell’artista. Quel “lato oscuro” che lo ha spinto a cambiare continuamente città, vita, lavoro e quindi anche la sua arte. Quell’alterazione psichica che lo ha portato ad essere uno dei più grandi pittori di sempre.
Adoro il suo rapporto con la natura! Bellissimo articolo! Grazie