Van Gogh (30 marzo del 1853-29 luglio 1890) il precursore dell’Espressionismo, artista e uomo incompreso, troppo sensibile per essere capito, troppo sensibile per adattarsi ad una società insana, troppo artista per diventarlo davvero in quegli anni. In un mondo ancora legato ai canoni dell’Impressionismo e della rappresentazione della realtà, Van Gogh, invece, dipingeva sì la realtà ma in maniera distorta, rappresentando con forme e colori ciò che sentiva nell’ “io interiore”.
Di Van Gogh si è già detto e scritto tutto. Nel giorno della sua nascita vogliamo omaggiarlo e ricordarlo attraverso le sue parole.
“Tu cosa dipingi?” ” Io dipingo la luce” – Van Gogh
Nel guardare i dipinti di Van Gogh spesso ci lasciamo offuscare dalla malinconia dipinta e dalla tristezza oltre che da colori e forme bizzarre, ma ciò che è sempre presente nei quadri di Van Gogh è la luce.
Fioca, malinconica, brillante, in qualsiasi modo venga rappresentata, la luce è parte fondamentale dei suoi dipinti e della sua vita e spesso è rappresentata dal giallo, il colore preferito di Van Gogh, il giallo dei girasoli, il giallo dei campi di grano, il giallo delle stelle, della sua stanza, dei suoi ritratti e delle pennellate che appaiono come raggi di luce in ogni suo dipinto.
“Vedo ovunque nella natura, ad esempio negli alberi, capacità d’espressione e, per così dire, un’anima.”
Seppur Van Gogh nacque in un’epoca dove era sfociata da anni la corrente artistica dell’Impressionismo, egli pur inserendosi in essa se ne discostò sin da subito perché le forme, il tratto, il segno, i colori brillanti, vivaci e le pennellate dense che l’artista utilizzava nelle sue opere in realtà, pur non essendone consapevole, rappresentavano l’inizio di una nuova rottura dei canoni artistici, Van Gogh stava creando l’Espressionismo, egli era il padre.
“Io penso di vedere qualcosa di più profondo, più infinito, più eterno dell’oceano, nell’espressione degli occhi di un bambino piccolo quando si sveglia alla mattina e mormora o ride perché vede il sole splendere sulla sua culla.”
In effetti l’artista stesso sentì il bisogno di non fermarsi alla mera rappresentazione della realtà e si accorse che nelle sue opere, i paesaggi esprimevano qualcosa di più, esprimevano emozione, vita, le proprie emozioni. E notò, anche, un certo interessamento nei confronti della sensibilità umana.
La svolta fu proprio il dipinto I mangiatori di patate del 1885, Van Gogh in quel periodo predicava la Bibbia ai minatori nelle regioni minerarie del Belgio, decidendo così di vivere in povertà. Qui conobbe un’altra sfaccettatura della società relazionandosi con la popolazione più povera che si guadagnava il pane con il sudore della fronte. I lavoratori, i contadini, i minatori iniziarono a diventare soggetti dei suoi dipinti come espressione di povertà ed umiltà.
“Ho voluto, lavorando, far capire che questa povera gente, che alla luce di una lampada mangia patate servendosi dal piatto con le mani, ha zappato essa stessa la terra dove quelle patate sono cresciute; il quadro, dunque, lascia intendere che quei contadini hanno onestamente meritato di mangiare ciò che mangiano..” Lettere a Theo- Van Gogh
“Spesso ho l’impressione che la notte sia molto più viva e riccamente colorata del giorno”
Van Gogh fu un pittore molto prolifico, iniziò a dipingere tardi quasi all’età di 30 anni e in soli pochi anni, prima della sua morte avvenuta nel 1890, creò più di 900 opere e mille disegni. La sua passione per l’arte lo inseguiva sin da piccolo e fu influenzato sicuramente, anche, dal suo giovanile lavoro nella casa d’arte di Goupil come venditore di quadri famosi, infatti, durante il suo servizio da predicatore scrisse al fratello Theò:
“Quando mi trovavo in un altro ambiente, un ambiente di quadri e di oggetti d’arte, mi prese, come ben sai, una violenta passione, un entusiasmo per quell’ambiente. E non me ne pento e, ancora adesso, lontano dal paese, ho spesso nostalgia dei quadri..”
Lasciata la carriera da predicatore, Vincent si dedicò a ciò che lo faceva stare meglio: dipingere. Iniziò così quella che sarebbe stata la sua carriera d’artista, anche se in vita non fu proprio così, dato che trovò solo disprezzo e ingratitudine, non vendendo nemmeno uno dei suoi quadri.
Fu ispirato da Arles, dove successivamente si trasferì e pare che dipingesse di notte con delle candele sul suo cappello per rischiarire la tavolozza e la tela.
“Prima sogno i miei dipinti, poi dipingo i miei sogni.”
Una delle tele più belle mai esistite che ha da sempre affascinato per la sua carica espressiva e la sua delicatezza emozionale è Notte Stellata di Van Gogh.
Afflitto dai problemi mentali e dalla depressione, peggiorati dall’assenzio, Van Gogh, tra il 1888 e il 1889, venne ricoverato nella clinica di Saint-Remy, qui dipinse le sue opere più famose.
La più celebre tra tutte è proprio Notte stellata. É curioso quanto questa opera sia diventata famosa per le innumerevoli emozioni che suscita in ognuno di noi, per la poesia dipinta su tela, dato che Van Gogh stesso scrisse di quest’opera “Non mi dice niente”.
Van Gogh creò un capolavoro dell’arte espressionista, un capolavoro che rimarrà impresso nella storia dell’arte, un capolavoro diventato simbolo della sua arte. Quando si pensa a Van Gogh si pensa prima di tutto a Notte Stellata.
In quella clinica l’artista dipingeva le sue emozioni dai suoi ricordi, non potendo uscire e vedere i paesaggi e la gente, Van Gogh poté fare affidamento solo alla sua mente geniale, un po’ come il suo amico Toulouse Lautrec che riuscì a sviare dalle accuse di malato mentale disegnando i suoi ricordi nella clinica dove ci rimase per soli tre giorni risultando così sano di mente, sorte che per Van Gogh fu più amara.
“Guardare le stelle mi fa sempre sognare, semplicemente come quando sogno sui punti neri che rappresentano le città e i villaggi in una mappa. Perché, mi chiedo, i puntini luccicanti del cielo non dovrebbero essere accessibili quanto i puntini neri sulla carta della Francia?”
“Non posso cambiare il fatto che i miei quadri non vendono. Ma verrà il giorno in cui la gente riconoscerà che valgono più del valore dei colori usati nel quadro”
E quel giorno è arrivato. Purtroppo si dice che i grandi artisti non vengono mai riconosciuti e né apprezzati in vita ma sempre dopo la loro morte. E possiamo affermare che è proprio così. Se solo Van Gogh sapesse ciò che è diventato, credo che il suo cuore si riempirebbe di gioia, credo che sarebbe la cura per le sue malattie.
Artista incompreso, Van Gogh nonostante la sua infinita depressione, ci ha lasciato una grande eredità non solo attraverso le sue opere ma anche attraverso le sue lettere scritte al fratello Theò nelle quali ci sono massime, aforismi, consigli per una vita felice.
Un’artista bisognoso di stima, affetto e riconoscimento, un’artista tormentato sin da sempre da una depressione dell’anima ma che seppe trovare la forza e la volontà grazie all’amore per la vita che gli permetteva di vedere la luce, i colori e cogliere quei tratti di gioia proprio come notiamo leggendo alcune delle sue frasi qui di seguito.
“Se senti una voce dentro di te che dice ‘non puoi dipingere’, allora a tutti i costi dipingi e quella voce verrà messa a tacere.”
“Soffrire senza lamentarci è l’unica lezione che dobbiamo imparare in questa vita.”
“Non vivo per me, ma per la generazione che verrà.”
“Ciò che desidero, è che tutto sia circolare e che non ci sia, per così dire, né inizio né fine nella forma, ma che essa dia, invece, l’idea di un insieme armonioso, quello della vita.”
“Spesso le persone fanno arte, ma non se ne accorgono.”
“La tua professione non è ciò che ti fa portare a casa la tua paga. La tua professione è ciò che sei stato messo al mondo a svolgere con tale passione e intensità che diventa spirituale nella sua chiamata.”
“Cerca la luce e la libertà e non meditare troppo sui mali della vita.”
“Più ci penso, più mi rendo conto che non c’è nulla di più veramente artistico che amare gli altri.”
“Chi non ha imparato a dire ‘lei e nessun altra’ sa che cos’è che l’amore?”
“Uno può avere un focolare ardente nell’anima e tuttavia nessuno viene mai a sedervisi accanto. I passanti vedono solo un filo di fumo che si alza dal camino e continuano per la loro strada.”
“Volevo uccidermi ma ho fatto cilecca nel caso ci riproverò”
“La tristezza durerà per sempre.”- 1890
Questa è stata una delle ultime frasi che Van Gogh scrisse prima del suo suicidio-omicidio ancora in dubbio. Di certo si può notare come questo repentino senso di gioia e tristezza che incombeva in Van Gogh era sintomo di infelicità. La sua pazzia non compresa all’epoca, probabilmente non era pazzia ma un profondo senso di depressione, depressione dell’anima in seguito sfociata in attacchi, che dovevano essere curati. In compenso Van Gogh ha trovato la sua cura dell’anima nell’arte, ma forse non la salvezza.
Adoro l’arte e adoro Van Gogh,avrei voluto nascere in quell epoca ed essere una sua allieva.😍
Essere una sua allieva? Un pensiero molto profondo. In effetti Van Gogh non ebbe allievi o seguaci, sarebbe stato un “sentirsi apprezzato” per lui. Grazie per le tue emozioni Manuela. 🥰