Venere e Adone, un poema che, grazie alla magia che Shakespeare crea con la forza della parola, si trasforma in azione mostrando tutte le sfaccettature dell’amore, da quelle più istintive a quelle più forti, intense e poetiche con il risultato di uno spettacolo comico, erotico e commovente.
Mercoledì 1 ottobre, di fronte a una platea che sta ricominciando ad assaporare la bellezza dello spettacolo dal vivo, c’è stato il debutto, per la regia di Daniele Salvo, che dopo gli applausi finali ha ricordato tutte le volte in cui il maestro Gigi Proietti osservava le loro prove. Venere e Adone rimarrà al Globe fino a domenica 5 settembre, per poi riprendere dal 9 all’11.
Daniele Salvo sottolinea la dimensione del metateatro e pone al centro lo stesso Shakespeare che diventa personaggio insieme a Venere e Adone. In un periodo sospeso come quello della peste e della relativa chiusura dei teatri, i personaggi di Venere e Adone prendono corpo dalle pagine della Metamorfosi di Ovidio, fonte dalla quale il drammaturgo prese ispirazione, alla mente poetica e magmatica di Shakespeare, dalla pagina scritta al palcoscenico.
Venere e Adone: il materiale magmatico plasmato da Shakespeare
In una scenografia dinamica ed essenziale con due praticabili ai lati e un grosso cubo girevole centrale dalle pareti trasparenti, Shakespeare, interpretato da Gianluigi Fogacci, immagina i movimenti, le azioni e i sentimenti dei suoi personaggi. In scena si scatena quindi un’orchestra di suoni, respiri e ardori, che il drammaturgo forgia e riordina attraverso una bacchetta e le due piccole marionette in azione. La funzione del cubo girevole è quella di contribuire a creare la magia della scena e a fondersi con le parole che come fiumi si uniscono all’azione, alla vita e al tempo sempre in continua evoluzione.
Un’orchestra a volte folle, a volte indisciplinata che si scatena nel desiderio di una dea un po’ svampita, capricciosa, ma determinata nel voler sedurre Adone, giovane puro e imberbe che rifiuta di contaminarsi con quelli che sono i dolci inganni dell’amore.
Venere si trasforma in uno strumento musicale nelle mani di Shakespeare, lei non è una semplice donna innamorata, lei è la dea dell’Amore, alla quale nessuno può sfuggire. E che cos’è l’amore se non un essere mitologico un po’ bambino, un po’ animale che oscilla tra l’elemento terra, che non si traduce solo in bassi istinti, ma anche nel generare vita e l’elemento aria perchè con goffe e voluttuose ali vorrebbe volare nei cieli della poesia e può essere alimentato, tra gioia e catastrofi, dall’acqua e dal fuoco?
Adone le vuole tener testa e nel suo applauditissimo monologo, che precede la sua tragica fine, espone a Venere la sua visione, che mette al centro l’amore puro ed equilibrato che vola libero e dura in eterno e si contrappone all’effimera e ingannevole lussuria che muore a causa della sua stessa ingordigia. Il giusto purtroppo è destinato a pagare con il sangue la sua passione per la caccia. Sarà ancora una volta Venere, plasmata da Shakespeare, a descrivere e a cantare la natura dell’amore che non potrà mai esistere senza la sofferenza e sarà dalla sofferenza e dal sangue di Adone che prenderà vita lo splendido fiore dell’anemone.
Questo poema in versi, composto da Shakespeare durante la peste, dedicato al Conte di Southampton, ebbe un enorme successo e fu stampato in numerose edizioni. Richard Field, l’amico di Shakespeare, stampò circa 1000 copie solo della prima edizione. Quest’opera costituì per il drammaturgo una vera e propria officina drammaturgica. I tormenti di Venere costituiscono il magma esplosivo pronto a modellare la tragedia amorosa di Romeo e Giulietta.