Il 15 gennaio 1993 è una data scolpita nella storia della lotta contro la mafia in Italia. A Palermo, dopo 24 anni di latitanza, viene arrestato il boss mafioso Salvatore Riina, noto come il “capo dei capi” di Cosa Nostra. L’operazione rappresenta uno dei momenti più significativi nella lunga battaglia dello Stato italiano contro la criminalità organizzata.
La cattura del “capo dei capi” Salvatore Riina
Nato a Corleone nel 1930, era diventato il leader indiscusso di Cosa Nostra, la più potente organizzazione mafiosa siciliana. Responsabile di una scia di sangue che ha attraversato gli anni ’70 e ’80, Riina ha orchestrato numerosi omicidi eccellenti, tra cui quelli dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino nel 1992, due figure simbolo della lotta alla mafia.
L’arresto di Riina fu il frutto di un lavoro investigativo complesso e tenace, portato avanti dal pool antimafia di Palermo. Grazie a una serie di intercettazioni e alla collaborazione di pentiti, le forze dell’ordine riuscirono a localizzare e catturare il boss senza sparare un colpo, mentre viaggiava in auto nel capoluogo siciliano. L’operazione fu condotta dal ROS dei Carabinieri sotto la guida del colonnello Mario Mori e del capitano Sergio De Caprio, noto come “Ultimo”.
Le conseguenze dell’arresto
La caduta di Salvatore Riina provocò un terremoto all’interno di Cosa Nostra. La sua assenza creò un vuoto di potere e innescò una riorganizzazione interna dell’organizzazione mafiosa. Tuttavia, la cattura di Riina rappresentò anche un segnale forte: lo Stato italiano dimostrò che nessuno, nemmeno il più potente dei boss, era intoccabile.
Il processo a Riina, noto come il “Maxiprocesso di Palermo“, portò a centinaia di condanne che indebolirono ulteriormente Cosa Nostra. La sua prigionia non pose fine all’influenza della mafia, ma segnò una svolta fondamentale nella strategia dello Stato nella lotta alla criminalità organizzata.
L’eredità della cattura di Riina
L’arresto di Salvatore Riina è un evento che continua a essere ricordato come un simbolo di resistenza e di giustizia. Fu il risultato del sacrificio di molte vite e dell’impegno di uomini e donne determinati a combattere la mafia. Ancora oggi, il ricordo di quel giorno rimane una testimonianza del fatto che la lotta per la legalità richiede perseveranza, coraggio e un impegno costante da parte delle istituzioni e della società civile.