Il 3 luglio del 1982, il quotidiano The New York Times pubblica un breve articolo relativo all’insorgenza di un raro cancro in alcuni omosessuali di New York e Los Angeles: è il primo annuncio sulla stampa nazionale di quella che sarebbe diventata l’epidemia di AIDS.
Rare Cancer Seen In 41 Homosexuals, questo fu il titolo. L’articolo, scritto da Lawrence K. Altman, riportava la scoperta di un raro cancro, il sarcoma di Kaposi, in quarantuno uomini omosessuali a New York e Los Angeles. Veniva segnalata per la prima volta che la malattia, a quel tempo la malattia non era ancora stata denominata AIDS. Il termine AIDS sarebbe stato coniato qualche tempo dopo dal CDC (Centers for Disease Control and Prevention).
3 luglio 1982, il raro cancro e l’AIDS
Quarant’anni anni fa l’AIDS fu descritto per la prima volta, prima che gli venisse dato un nome. Sulla stampa generalista la prima menzione dell’AIDS, anche se non ancora con questo nome, seguì di quasi un mese il bollettino dei CDC: il 3 luglio 1981 il New York Times pubblicò un articolo intitolato Rara forma di cancro trovata in 41 omosessuali, il quale parlava del sarcoma di Kaposi, il tumore della pelle che nei primi anni della diffusione dell’HIV era spesso associato all’AIDS.

Oggi l’HIV continua a essere una malattia legata alle disuguaglianze: se negli anni Ottanta causò la stigmatizzazione delle persone omosessuali, transessuali e con dipendenza da eroina, ora colpisce in modo molto diverso chi viene infettato a seconda del paese in cui vive e delle sue disponibilità economiche.
Per i positivi all’HIV che vivono nei paesi occidentali, le terapie antiretrovirali (disponibili a partire dal 1996) permettono una vita quasi normale, anche se i soggetti devono sottoporsi a periodici controlli medici, più frequenti rispetto a chi è negativo al virus; devono fare particolare attenzione alla propria salute, oltre a gestire il forte impatto psicologico di una diagnosi che tuttora si porta dietro un senso di vergogna, di colpa e di paura delle opinioni altrui. Ma va sottolineato che la loro aspettativa di vita è quasi la stessa delle persone negative, possono avere rapporti sessuali serenamente, anche senza protezioni, e, nel caso delle donne incinte, partorire figli negativi al virus.
Le cose sono diverse nei paesi in cui l’accesso alle cure è più complicato. Risultano dati come, circa, 38 milioni di persone attualmente positive all’HIV più della metà vive nell’Africa orientale e meridionale, mentre nell’Europa occidentale e centrale, e in Nord America i positivi al virus sono solo 2,2 milioni, di cui 1,8 in cura con antiretrovirali. Secondo gli ultimi dati di UNAIDS, il programma delle Nazioni Unite per l’HIV e l’AIDS ci indica che circa seicentonovantamila morti sono legate all’AIDS del 2020, l’ottantotto per cento è avvenuto in Africa, in Medio Oriente o nei paesi dell’est dell’Asia.
Dall’inizio dell’epidemia da HIV si stima che siano morte per cause legate all’AIDS 34,7 milioni di persone nel mondo. Gli anni con più morti furono quelli tra il 1996 e il 2003 a causa della grande diffusione del virus nell’Africa subsahariana.
Uno degli obiettivi da raggiungere e che si sono imposte le Nazioni Unite entro il 2030 riguarda la fine della diffusione del virus, ma non sarà semplice arrivarci, anche perché gli obiettivi intermedi sono stati disattesi: quelli per il 2020 erano di arrivare a meno di cinquecentomila nuovi contagi all’anno (sono stati circa 1,5 milioni l’anno scorso) e meno di cinquecentomila morti legate all’AIDS (e invece si stima siano aumentate).

Oggi per fermare la diffusione dell’AIDS si utilizzano diverse strategie, tra queste la prevenzione, il trattamento e la ricerca di una cura. La prevenzione include l’uso del preservativo, la profilassi pre-esposizione (PrEP) e programmi di educazione sanitaria per promuovere comportamenti sessuali sicuri. Il trattamento con farmaci antiretrovirali permette di mantenere il virus sotto controllo e di prevenire la trasmissione, mentre la ricerca è focalizzata sullo sviluppo di terapie più efficaci e, potenzialmente, di una cura.
L’AIDS, causata dal virus HIV, ha avuto origine in Africa centrale, molto probabilmente a causa di un salto di specie dallo scimpanzé all’uomo. Si pensa che il primo caso di infezione umana sia avvenuto intorno al 1920 in Camerun, e che il virus si sia poi diffuso a partire da Kinshasa, nell’attuale Repubblica Democratica del Congo, a causa dell’espansione del commercio e dei trasporti.
L’ipotesi più accreditata è che l’HIV sia passato dagli scimpanzé all’uomo attraverso il contatto con il sangue degli animali, probabilmente durante la caccia o la manipolazione della carne selvatica. La ricerca scientifica ha permesso di identificare l’HIV come il virus responsabile dell’AIDS e di sviluppare test diagnostici e terapie antiretrovirali.
