La lunga ricerca sulle filigrane dei fogli di carta utilizzati dall’artista ha avuto inizio nel 2017 e si è conclusa in occasione del 500esimo anniversario della morte di Raffaello.
L’indagine a cura della Fondazione Fedrigoni si è basata sulla attenta e meticolosa comparazione tra i bozzetti ed i disegni dell’artista e le carte storiche in loro possesso, rivelando che le filigrane dei fogli da disegno utilizzati da Raffaello sono le stesse presenti nelle collezioni storiche del professor Augusto Zonghi conservate dalla Fondazione Fedrigoni Fabriano.
La carta Fabriano era molto apprezzata dai maggiori artisti italiani tra cui Raffaello Sanzio
Grazie al lavoro svolto negli anni dalla Fondazione Fedrigoni sui fogli e sulla loro preparazione si è scoperto il prestigio che la carta Fabriano aveva raggiunto tra il XV ed il XVI secolo, infatti veniva utilizzata sia da Raffaello sia da Michelangelo, al tempo gli artisti più amati alla corte di Papa Giulio II (216esimo papa dal 1503 e fondatore dei Musei Vaticani).
Per effettuare lo studio si sono analizzati i diversi tipi di carta con le filigrane più note ed utilizzate come: ad aquila, ad ancora, ad ancora sormontata da stella, le stesse utilizzate da Raffaello Sanzio per i suoi bozzetti e disegni durante la sua permanenza nella città di Roma.
Oltre alle filigrane più famose già citate sono state analizzate alcune più particolari come quelle a cardo, a scala, a frecce decussate (incrociate), a trimonzio (tre monti).
Tra i casi più interessanti emersi dalla ricerca si evidenzia la carta utilizzata dall’artista con filigrana di tipo t o Tau presente nel bozzetto di Raffaello per La strage degli Innocenti (immagine ad inizio articolo). La filigrana è denominata Tau ha origine dal simbolo della Confraternita dell’Ordine dei Cavalieri del Tau che ispirò diverse decorazioni architettoniche ed artistiche nella città di Fabriano (in provincia di Ancona, nella regione Marche).
I risultati della scoperta sono stati presi con grande entusiasmo dalla Fondazione Fedrigoni Fabriano. Queste le felici parole di Chiara Medioli, presidente della Fondazione Fedrigoni e vicepresidente del Gruppo Fedrigoni: “È con grande emozione che abbiamo appreso i risultati dello studio scientifico commissionato”.
Finora abbiamo parlato di filigrana, lo sai di cosa si tratta?
È il “marchio di fabbrica” della cartiera che ha prodotto il foglio finito. Essa si ottiene in fase iniziale di formazione del foglio di carta quando l’impasto è ancora molto umido, lo si posa sulla superficie di formazione della carta e lo si segna (marchia) per mezzo di rilievi presenti sul piano stesso. In questo modo le fibre della carta si dispongono su di essi seguendone le forme, dando vita a svariate scritte e disegni. Il risultato finale è quasi invisibile ad occhio nudo, lo si può notare con chiarezza mettendo il foglio in controluce.
La filigrana viene chiamata così perché il marchio o segno veniva impresso tramite l’utilizzo di sottili fili di metallo lavorati appunto a filigrana (come in oreficeria).
Il suo uso si sviluppa in Italia alla fine del XIII secolo grazie all’inventiva maestri cartai fabrianesi che, con esso, crearono una innovazione storica importante. Con le filigrane si diede ad ogni foglio di carta una sua identità specifica, ciò permise di distinguerne il formato, la qualità ed addirittura le iniziali o i nomi degli artefici del marchio e del prodotto finito.
Nell’epoca in cui vissero Raffaello e Michelangelo, la qualità dei fogli di carta prodotti nel nostro Paese era la migliore al mondo. Per questo motivo non c’è da stupirsi che i grandi maestri la utilizzassero per creare i loro capolavori.