Caro Icrewer, per il nostro venerdì nipponico, ti parlerò di una mostra e di un fotografo italiano, Adolfo Farsari, che ha amato il Giappone e le sue trazioni. La rassegna è in programma dal 15 ottobre 2020 all’8 gennaio 2021.
Un avventuriero italiano nel Giappone di fine ‘800: la mostra su Adolfo Farsari a Roma
La mostra dedicata ad Adolfo Farsari, Il fotografo italiano che ha ritratto il Giappone di fine ’800, è stata inaugurata il 15 ottobre, presso l’Istituto Giapponese di Cultura in Roma. Sono 64 le immagini che raccontano le mirabolanti imprese di Adolfo Farsari, avventuriero e fotografo nel Giappone di fine ‘800, attraverso una fotografia in bianco e nero colorata a mano dopo la stampa, detta Yokohama Shashin. Ne esce il racconto struggente di un Giappone in lento e ineluttabile divenire, descritto nei topos estetici destinati a costituire l’immaginario occidentale in tema fino ai giorni nostri.
La riscoperta del fotografo Adolfo Farsari è dovuta soprattutto agli sforzi di Elena Dal Pra. I documenti, le lettere e le fotografie ritrovate nei cassetti dimenticati in una casa di famiglia hanno permesso di ricostruire la vita, avventurosa come un romanzo, di un personaggio fino ad allora poco conosciuto anche agli specialisti della storia della fotografia.
L’abitazione della famiglia Farsari a Vicenza, una grande casa con giardino e orto, fu ereditata da Emma Garbinati Farsari, sorella minore di Adolfo. Poi Emma, non avendo prole, lasciò la casa in eredità alla nonna paterna di Elena. Nella stessa casa fu scoperto un gran fascio di lettere di Adolfo indirizzate dagli Stati Uniti e dal Giappone ai suoi genitori e ad Emma. I due articoli di Elena negli anni Novanta del secolo scorso, derivati dalla sua tesi di laurea presentata all’Università degli Studi di Padova nell’anno accademico 1990-91, e altri due articoli di Lia Beretta gettarono una luce sulla vita avventurosa di Adolfo e le sue attività in Yokohama. Ciononostante, è rimasto un vasto spazio per svolgere ulteriori ricerche farsariane.
La mostra presenta al pubblico una parte del risultato della ricerca sul fotografo, condotta con una équipe negli anni 2005-07 in Italia, in particolare a Vicenza, ed in Giappone. In effetti, si mettono a fuoco tre album di fotografie, tutti recentemente ritornati all’attenzione della ricerca e con verificate provenienze che possono essere riferite a documenti e materiali conservati in istituzioni italiane, oltre a particolari riferimenti ad articoli apparsi su giornali quali il Japan Mail e il Japan Weekly Mail, pubblicati in Giappone negli anni ottanta dell’Ottocento.
Adolfo Farsari: il fotografo del Giappone
Adolfo Farsari nel 1863, lascia l’Italia e, partendo da Marsiglia, arriva a New York, dove, dopo tre mesi sposa la vedova Mary Patchen, ottenendo dopo 3 anni la cittadinanza americana. Per la fine del 1863 è arruolato volontario come soldato semplice nelle file dell’esercito unionista, precisamente nel 12° Reggimento di Cavalleria newyorkese. Combatterà la Guerra di secessione americana fino alla fine. Antirazzista, nutre una profonda simpatia per la gente del Sud, che trova più schietta e meno venale dei nordisti fra cui pure milita.
Alla famiglia scrive di esser divenuto agente di commercio, di occuparsi del carico e scarico merci dei bastimenti, a New York, dove è tornato a vivere. Nel novembre del 1866, il Farsari diventa cittadino americano.
Adolfo Farsari arriva in Giappone, a Yokohama, l’8 settembre 1876 con la nave Belgic, partita da San Francisco. Il fotografo fu creduto a lungo un americano perché aveva già ottenuto la cittadinanza degli Stati Uniti.
Dopo aver lavorato presso la Yokohama Cigar Company e poi alla Sargent, Farsari & Co., nel 1884 costituì la propria ditta A. Farsari & Co., e nel 1885 acquisì da Franz Stillfried lo studio della Japan Photographic Association, con l’assortimento e i negativi. Così decise di cominciare la sua attività da fotografo. Come scrisse il fotografo scozzese William K. Burton, che lo aveva incontrato personalmente, in un articolo dai toni entusiastici sulla sua tecnica di colorazione delle fotografie, il Farsari aveva riscosso un certo successo professionale.
L’album: Viste e Costumi Del Giappone
Il 17 gennaio del 1888, dopo un’interruzione della corrispondenza lunga 21 anni, Adolfo riprese contatto con la sua famiglia in Vicenza, scrivendo una lettera ai genitori. Raccontò di essere fotografo e pittore, e promise di inviare un album fotografico, scrivendo che “Quando riceverò il vostro indirizzo vi manderò un album come campione di quello ch’io sto facendo”. E poi nella missiva del settembre 1888, scriveva:
Finalmente vi mando l’album promesso. Volevo fare qualcosa di straordinario ma dopo tutto vedo che non ho il tempo. L’album è simile a tutti quei ch’io faccio pel commercio. Il frontespizio è differente un poco, ecco tutto. E poi v’è la fotografia del mio ufficio.
Tale album, dal titolo Viste e Costumi Del Giappone si trova ora conservato alla Pinacoteca Civica di Palazzo Chiericati di Vicenza come lascito della sorella Emma Garbinati Farsari. Sul frontespizio, infatti, non solo è vergato in oro il titolo Viste e Costumi del Giappone / manda alla sua famiglia / l’autore, ma sono dipinti anche il monte Fuji al centro, e vari bei fiori giapponesi sul margine.
L’album è rilegato da copertine lignee tanto di testa quanto di tergo, decorate con lacca nera incastonata di madreperla e pittura maki-e. Del resto, la prima fotografia con firma vergata in inchiostro rosso Adolfo Farsari, sul margine a destra verticalmente alla scritta giapponese, dimostra trattarsi di Adolfo fotografato nel suo ufficio a Yokohama.
Le altre quarantacinque fotografie dell’album, eccetto quattro includenti il frontespizio e quella dell’ufficio del fotografo, sono tutte simili a quelle rilegate in un album dal titolo VIEWS & COSTUME OF JAPAN, A. FARSARI & Co., YOKOHAMA conservato nel Yokohama Archives of History, ma rispetto a queste sono di gran lunga più belle e meglio conservate quelle in Italia. Molte fotografie del Yokohama Archives of History portano il loro numero e titolo all’angolo inferiore a destra o sinistra del foglio, mentre il margine del foglio destinato a contenere il numero e il titolo venne tagliato da ogni fotografia della Pinacoteca vicentina.
D’altra parte, l’album della Biblioteca Civica Bertoliana di Vicenza sembra essere stato rilegato in Italia prima di far parte della raccolta civica, probabilmente dopo la morte del fotografo nel 1898. In esso compaiono alcune fotografie esclusivamente legate alle scene personali del nostro fotografo, che sono infatti risultate d’altissimo valore documentario.
Caro Icrewer, se sei interessato alla mostra dedicata ad Adolfo Farsari e alle sue vedute del Giappone, puoi visitare il sito ufficiale dell’ Istituto Giapponese di Cultura per tutte le informazioni necessarie.