Magdala, rappresenta un’epoca in cui la donna, nonostante i traguardi raggiunti nel corso della storia, appare come una figura stigmatizzata. E’ assurdo come, ancora oggi c’è da combattere contro un fenomeno, come quello della violenza sulle donne. Parlarne in una giornata come questa, “25 novembre, giorno mondiale contro la violenza sulle donne”, accendendo i riflettori su un atteggiamento e un atto meschino che varca i confini del rispetto umano, con conseguenze devastanti, può risvegliare le coscienze? Sembra banale e facile abbattere il muro del silenzio, purtroppo, nella maggior parte dei casi risulta ancora molto difficile.
Il linguaggio dell’arte contro la violenza sulle donne
L’arte, è sempre stata veicolo e strumento di denuncia contro la violenza sulle donne. L’orrore dell’arte si pone a volte come esigenza di dialogo con se stesso, di confronto con i propri fantasmi. La performance, di cui parliamo, “Magdala”, nasce per dar voce alle donne silenziose, che non hanno forza di gridare il proprio dolore e denunciare. L’ideatrice, Maria Angela Tripaldi, in collaborazione con Nicola Tancredi, parte dallo studio della figura della donna, dall’archetipo femminile di Maddalena di Magdala, che, nonostante, fosse stata giudicata male e denigrata ha avuto la forza di rinascere.
Il percorso che, la nostra Anima dovrebbe compiere per dar vita al nostro spirito, ostacolato dalla Collera, Tenebra, Bramosia, Ignoranza , Veleno gelosia, Prigione Carnale altrui: elementi imprescindibili di manifesta violenza.
Il trittico di Magdala
Tre quadri compongono le “parole non dette” della performance artistica:
Nel primo, l’artista dipinge i capelli di Maria Maddalena, e rappresentano il pianto e la disperazione. Punto cardine, in quanto rappresenta la forza e la rottura. I capelli sono simbolo di femminilità, di vanità e appariscenza e Maddalena, colei che era stata accusata di essere peccatrice, lava i piedi di Gesù con le sue lacrime e li asciuga con i suoi capelli. Il suo piangere è forza, non ha paura di mostrarsi per quello che è, con il pianto soffre, supera e rappresenta il potere che si crede di non avere. Agiva, provava, osava, donna coraggiosa che andò verso il sepolcro:”Dalle donne vengono le nascite. Per quale ragione la Nascita non dovrebbe venire da una donna”?
Nel secondo quadro, è rappresentata la vagina, punto centrale del suo lavoro. Nella sua bellezza, possiede delle ombre e, chiedendo a Maria Angela il perchè, risponde che, ognuno deve vedere quello che vuole, una libera intrepretazione di quello che rappresenta, nonostante la finta libertà che le è attribuita, è ancora un tabù. Pone una semplice domanda nella visione, se quello che abbiamo davanti, osservando, è nascita oppure morte.
L’ ultima immagine del trittico di Magdala, rappresenta un seno, fonte vitale di nutrizione, contrassegnato dal rosso della mestruazione, momento di massima fertilità e cambiamenti che, chiude il cerchio del percorso femminile dell’infanzia, attraverso lo sviluppo e il dolore della consapevolezza della donna. Il ciclo, come inizio (o come fine?).
Gli attori della performance si esibiscono in grida, urla, strazio e delle voci invocano la “Donna” e la invitano a piangere, a soffrire e sfogare il proprio dolore, aggrappandosi all’essenza più antica della parola stessa. Un connubio tra il sacro e il profano.
“Il Monstrum e la Bambola”
Il lavoro e l’argomento di studio della nostra artista, prima di arrivare a Magdala, si è incentrato sulla figura della Bambola, come prototipo di donna: “corpi di plastica, smontati per essere rimontati, molti corpi di donna avrebbero bisogno di sapienti mani per essere riportati a splendere”. Analizza la donna e l’uomo, quello violento, il “mostro”, una persona dall’animo turbato che rivendica la repressione sull’altro sesso.
La donna sin da piccola è educata a giocattolo, le bambole ci somigliano troppo e noi non facciamo altro che guardarle come se fossimo allo specchio.
Incuriosita dall’ Ospedale delle Bambole di Napoli, Maria Angela scopre questo oggetto ludico come cura di alcune patologie. Luigi Grasso, fondatore dell’ospedale, “affascinato dal mondo delle donne, decise di onorarle, curando quello che per loro era il gioco più amato.”
Non si sa da quale luogo o tempo provengano, ma le loro ferite ricucite, si intrecciano in un unico racconto di volti, affetti e ricordi.
Maria Angela Tripaldi, chi è l’autrice di Magdala
Maria Angela Tripaldi, nasce a Policoro, nel 1991, in provincia di Matera e vive la sua vita a Montalbano, in un piccolo paese, in Basilicata. Si avvicina agli studi d’arte sin da piccola, partendo dalla grafica, dalla pittura e dal disegno classico, con la voglia di esternare i suoi concetti tramite la libertà che, l’arte le permette di esprimere. Frequenta a Firenze, l’Accademia delle Belle Arti, non si allontana dalla pittura ma la sua continua ricerca la porta a percorrere nuove strade e a cercare la propria identità attraverso l’arte prformativa. Magdala, rappresenta per lei, la sua performance più significativa.
Un messaggio quello di Magdala e un intento: denunciate! Perchè solo trovando il coraggio di farlo e di chiedere aiuto, si possono smascherare gli orribili scenari della violenza e non averne più paura.