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Lettura: Giorgio De Chirico e la metafisica
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Giorgio De Chirico e la metafisica

Magda Cirignano 5 anni fa Commenta! 5
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La Prima guerra mondiale fu un momento di svolta nel XX secolo. In effetti, l’esperienza bellica portò radicali trasformazioni anche nel campo dell’arte, dove vennero a formarsi gli ultimi movimenti d’avanguardia. Tra questi, la metafisica. Di derivazione greca – μετὰ (oltre) e φυσικά (natura) – metafisica significa andare oltre la realtà.

Giorgio De Chirico: nascita della Metafisica

Il movimento nasce a Ferrara nel 1917 ed è indissolubilmente legato al nome di Giorgio De Chirico (ma anche a quello del fratello Alberto Savinio e di Carlo Carrà) che considera la Metafisica come una “realtà diversa da quella che vediamo, non percepibile con i sensi, ma con gli occhi della mente”.

In realtà, De Chirico è in conflitto con le mode e le tendenze ufficiali, comprese le avanguardie perché, nella sua idea di arte nuova, la pittura, la musica e la letteratura si muovono in totale autonomia.

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Respinge, difatti, il linguaggio cubista e futurista e focalizza la sua attenzione sulla tradizione pittorica in termini di tecnica e contenuto delle sue opere.

Per Giorgio De Chirico, Ferrara (città cui fu particolarmente legato) non è solo un luogo dove lavorare, ma è soprattutto un luogo di confronto con artisti, letterati, scrittori.

Giorgio De Chirico nasce a Volos (Grecia) nel 1888 da una famiglia benestante. Si forma inizialmente ad Atene, dove è particolarmente attratto dalla mitologia e dalla classicità, per poi completare il suo apprendistato (disegno e pittura) in Germania, Monaco di Baviera, Parigi, Milano e Firenze. Tutte queste sono occasioni di confronto e formazione: in terra tedesca ebbe modo di studiare la filosofia di Schopenhauer e Nietzsche e di condividere il pensiero secondo cui “il non senso della vita possa essere tramutato in arte”.

I numerosi viaggi in Italia aiutano a sviluppare i tratti salienti della sua pittura, che si basa su una percezione di alienazione, sull’attesa e sull’enigma. Piazze deserte, visioni architettoniche e statue solitarie sono gli elementi ricorrenti dei suoi dipinti.

A tal proposito ricordiamo Le muse inquietanti, in cui la città di Ferrara con le sue forti suggestioni è ancora una volta protagonista della vita dell’autore. De Chirico ama la geometria che caratterizza questo luogo e se ne serve più volte nei suoi quadri. La composizione del dipinto si presenta come una specie di palcoscenico, in cui le muse (Musa della Tragedia e Musa della Commedia) vestite alla maniera greca, sono poste in primo piano circondate da vari oggetti.

Sullo sfondo si vedono due edifici in evidente contrasto fra loro: il Castello Estense e una fabbrica con due ciminiere, che rappresentano rispettivamente presente e passato. Non c’è un apparente significato logico nella composizione, ma poco importa, perché l’opera diventa il manifesto della poetica metafisica.

E ancora, La torre rossa, dipinto che sembra plastico e silenzioso. Ad attirare l’attenzione dello spettatore è la torre isolata che si staglia al centro della tela. Anche in questo caso predomina un forte senso di malinconia e solitudine, dovuto all’attesa per qualcosa che sta per accadere.

L’arte di De Chirico è composta anche da autoritratti (se ne contano oltre cento) che, rispetto a quanto visto finora, sembrano concretamente veri. Il suo volto, infatti, è reale e i modelli di riferimento sono i grandi maestri del passato, a cominciare da Raffaello.

Con la tanto attesa zona gialla e la riapertura dei musei, vale la pena ricordare che Palazzo Blu (Pisa), propone l’esposizione Giorgio de Chirico e la pittura metafisica in mostra fino al 9 maggio 2021. Il percorso (grazie all’ausilio di numerose istituzioni nazionali come la Galleria nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma) offre l’opportunità di un viaggio nei luoghi – della vita e della mente – che hanno ispirato il grande De Chirico.

 

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