Cesare Zavattini, grande uomo e narratore del 900, teorico del Neorealismo, rivive in una mostra, anzi in una “Non mostra” a lui dedicata, dal titolo: Aspettando Za-Una Non mostra su Cesare Zavattini. La mostra ha aperto le porte il 9 febbraio a Bologna presso il Mtn-Museo temporaneo Navile e sarà visitabile fino al 9 marzo.
L’allestimento è composto da pezzi provenienti dalla collezione Massimo Soprani che fu segretario di Cesare Zavattini. Si tratta di una ricca collezione che comprende anche opere pittoriche di Cesare Zavattini. Tuttavia il focus della mostra sarà concentrato sulla ricostruzione del pensiero dell’intellettuale.
Manifesti originali, la scrivania, libri, fotografie, appunti, la voce di Zavattini incisa in “Non libro” e il film ‘La Veritaaaà’, la sua ultima opera nella quale Zavattini è sceneggiatore, regista e attore.
Gli studenti bolognesi hanno inoltre dato un bel contributo attraverso la realizzazione di un video che documenta la mostra e la raccolta di immagini che illustrano l’universo zavattiniano.
La mostra è curata da Marcello Tedesco e accompagnata da un saggio critico di Antongiulio Vergine.
Orari: martedì, giovedì, venerdì dalle 15 alle 19 solo su appuntamento scrivendo a info@museotemporaneonavile.org. La mostra è sempre visibile dall’esterno del Museo.
Per ulteriori informazioni vai al sito: https://www.museotemporaneonavile.org/mostre-in-corso/
Cesare Zavattini: un piccolo approfondimento
Intellettuale poliedrico, nacque a Luzzara nel 1902 e morì a Roma nel 1989. Firmò con Vittorio De Sica degli splendidi capolavori del cinema Neorealista. Fece i suoi studi tra Luzzara, Bergamo, Roma e la Ciociaria (Alatri), dove conseguì la licenza liceale. Nel 1921 si iscrisse a Legge presso l’Università di Parma. Nel 1929 prestò il servizio militare a Firenze dove entrò in contatto con la rivista letteraria Solaria.
Cominciò così a manifestarsi il suo talento che si estese in vari campi: scrittura, cinema, poesia, fumetti, pittura, teatro.
Cesare Zavattini e la letteratura
La sua carriera letteraria cominciò così tra la fine degli anni 20 e l’inizio degli anni 30: Parliamo tanto di me (1931), I poveri sono matti (1937), Io sono il diavolo (1941), Totò il buono (1943), proseguì con Straparole (1967), Non libro più disco (1970), La Notte che ho dato uno schiaffo a Mussolini (1976) e tre libri di cinema del 1979: Diario cinematografico, Neorealismo, Basta coi soggetti.
La sua grande vivacità intellettuale e la sensibilità per l’arte lo portarono anche a toccare le corde della poesia: nel 1967 pubblicò un ritratto in versi liberi dedicato al pittore Antonio Ligabue del quale ti abbiamo già parlato. Inoltre nel 1973 pubblicò un libro di poesie in dialetto, Stricarm’ in d’na parola (Stringermi in una parola) che fu definito da Pier Paolo Pasolini un «libro bello in assoluto».
Cesare Zavattini, il giornalismo e i fumetti
Dal 1930 Zavattini cominciò la sua attività editoriale a Milano presso Rizzoli e Mondadori dove venne assunto in qualità di direttore editoriale dei periodici. Parallelamente a questa attività cominciò a scrivere soggetti per i fumetti. Nel 1936 creò Saturno contro la Terra (1936-1937), primo fumetto italiano di fantascienza, poi Zorro della metropoli (1937-1938), La primula rossa del Risorgimento (1938-1939) e La compagnia dei sette (1938; 1946), fumetti con importanti contenuti sociali.
Scrisse inoltre alla “Gazzetta di Parma” e in altre riviste come “L’Illustrazione”, “Solaria”, “Il Tevere”, “Piccola”, “Novella”, “Secolo illustrato”, “Cinema illustrazione”, “Marc’ Aurelio”. Nel 1937 progettò “Il giornale delle meraviglie” (1937-1939) e assunse la direzione del quindicinale “Le grandi firme” che venne purtroppo soppresso dalla censura fascista nel 1938.
Creò un altro periodico “Il Milione” e nel maggio del 1938 assunse la direzione insieme ad Achille Campanile, del settimanale umoristico “Il Settebello”.
Cesare Zavattini e il cinema
Nel 1940 Cesare Zavattini si trasferì a Roma e si dedicò al cinema come soggettista e sceneggiatore. Il celebre sodalizio Zavattini-De Sica produsse le pietre miliari del cinema Neorealista: Sciuscià (1946), Ladri di biciclette (1948), Miracolo a Milano (1951) e Umberto D. (1952).
Cesare Zavattini e i premi
Nell’arco della sua carriera Zavattini ricevette numerosi riconoscimenti: due premi Oscar nel 1947 e nel 1949, nel 1955 il Premio mondiale per la Pace e nel 1977 il “Writers Guild of America Medaillon”, premio dell’Associazione Scrittori di cinema americani, in precedenza concessa solo a Charlie Chaplin.
Cesare Zavattini e la pittura
Nel 1938 Cesare Zavattini cominciò a dedicarsi alla pittura in maniera occasionale e da autodidatta. Nel 1943 riuscì a vincere il premio della galleria del Cavallino Scrittori che dipingono prevalendo su Montale, Ungaretti, Moravia, Gatto e Buzzati.
Lo sguardo di Zavattini è avido di scoperte, pertanto tra i soggetti dei suoi dipinti possiamo cogliere una certa ironia e possiamo scoprire dei ricordi d’infanzia. La critica d’arte ha sempre visto l’attività pittorica di Zavattini come funzionale alla sua profonda esigenza di espressione, ma anche un mezzo per rendere la cultura fruibile anche per le classi più povere.
Nel suo archivio è possibile trovare tutti i suoi dipinti divisi in ordine cronologico. Una serie di incisioni che risalgono agli anni 70, una prima parte che va dal 1938 al 1970, una seconda parte dal 1970 al 1988.
Cesare Zavattini e la fotografia
Anche la fotografia di Zavattini è “a soggetto neorealista”. Egli si ispira principalmente alla città natale Luzzara alla quale dedica il primo libro di fotografie dal titolo Un paese, in collaborazione col fotografo americano Paul Strand.
Successivamente pubblica Un paese vent’anni dopo (Torino, Einaudi, 1976), in collaborazione col fotografo Gianni Berengo Gardin. Nell’ottobre del ’63 assieme a William M. Zanca, fotoreporter del quotidiano “Il Giorno”, Zavattini intraprese un lungo viaggio per risalire dalle sorgenti alla foce del fiume Po e pubblicò il libro fotografico dal titolo Fiume Po (Milano, Ferro, 1966). Inoltre dettò al magnetofono un resoconto sull’escursione, che trovò forma nel racconto Viaggetto sul Po.
Cesare Zavattini in poche battute
Riassumere Zavattini non è semplice. Attraverso il suo lavoro, le sue dichiarazioni e le sue interviste possiamo definire l’intellettuale come un uomo animato da una profonda curiosità per la vita e per l’uomo in tutte le sue sfumature, caratteristiche che egli riassume nell’espressione “fame di realtà”. Pertanto i suoi mezzi espressivi si rivelano degli efficaci strumenti di inchiesta per costruire delle storie. Il suo è l’atteggiamento di colui che guarda attraverso un buco della serratura per poi ricostruire il tutto.
“Sono diviso tra la voglia di scrivere e la voglia di vivere. se si potesse descrivere la vita, la vedrei come una magnificai torta dove cinque minuti di tempo hai per descriverla e cinque minuti di tempo hai per mangiarla…tu cosa fai?”
Caro Icrewer, per ulteriori informazioni su Cesare Zavattini, puoi andare sul sito a lui dedicato http://www.cesarezavattini.it/