Il 16 agosto 1972 segna la data del rinvenimento di una delle testimonianze più significative dell’arte greca classica: i Bronzi di Riace. Il loro stile rinvia a tratti distintivi dorici, appartenenti al Peloponneso. Attualmente le statue sono esposte al Museo Archeologico di Reggio Calabria, dove sono tornate nel dicembre 2013 dopo il restauro del museo.
16 agosto 1972 – rinvenuti i Bronzi di Riace
Pervenute nei pressi di Riace Marina (Reggio Calabria) – sul fondo del mar Ionio – le statue in perfette condizioni, sono state datate V secolo a.C. Per quanto riguarda la provenienza e gli autori, non esistono tuttora fattori che consentano di attribuire con certezza le opere ad uno scultore specifico. Le palesi somiglianze tra le due statue fanno ipotizzare che la loro ideazione ed esecuzione sia avvenuta da parte dello stello scultore.
Come dimostrato dai test sui fondi di fusione effettuato dall’Istituto Centrale del Restauro di Roma, i Bronzi di Riace sono certamente realizzati ad Argo. È stato ipotizzato che fossero stati gettati in mare durante una tempesta per alleggerire il carico della nave che li trasportava o ancora, che l’imbarcazione stessa fosse affondata insieme alle statue.
Bronzi di Riace: il recupero delle due statue
Il recupero delle due statue si deve all’allora giovane sub Stefano Mariottini che le rinvenne a 8 metri di profondità. La sua attenzione fu catturata dal braccio sinistro (l’unica parte del corpo ad emergere dal fondale) di quella che poi sarebbe stata denominata statua A.
Al momento dell’imbarco – per consentire un facile trasporto –scudo, arco e spada furono smontati. Dopo il recupero, le statue vennero inviate a Firenze (tra il 1975 e il 1980) per un primo restauro, dove furono sottoposte ad analisi raggi X, indispensabili per conoscerne la struttura interna, lo stato di conservazione e la consistenza del metallo.
I vari interventi di pulizia – effettuati duranti il corso degli anni – ebbero due principali obiettivi: la conservazione delle superfici esterne e il tentativo di svuotamento della terra di fusione posta all’interno delle statue. La rimozione della terra di fusione fu condotta in seconda battuta dal laboratorio di restauro del Museo di Reggio Calabria (1992-1995), e conclusa durante l’ultimo restauro (2010-2013), eseguito presso la sede del Consiglio Regionale della Calabria, a Palazzo Campanella.
Bronzi di Riace: descrizione e analisi
Le due statue raffigurano un oplita e un re guerriero; sono stati pensati e progettati per essere visti insieme, in quanto volutamente di aspetto simile, ma allo stesso tempo diversi. Denominate “A” e “B”, e come il giovane e il vecchio, sono alte rispettivamente 1,98 e 1,97 m. e pesano circa 160 kg.
In origine erano ancorati al loro basamento, grazie ad una colata di piombo fuso fatta scorrere sia all’interno dei piedi sia nell’incavo della stessa base. Una volta solidificato, il piombo assunse la forma di tenoni che i restauratori dovettero asportare per penetrare all’interno della statua.
Le statue sono state realizzate interamente in bronzo, fatta eccezione di alcuni particolari in argento, in calcite e in rame come, ad esempio, i denti della statua A. Sono stati costruiti in rame i capezzoli, le labbra e le ciglia di entrambe le statue, oltre che le tracce di una cuffia sulla testa del bronzo B. Invece, in calcite bianca è la sclera degli occhi, le cui iridi erano in pasta di vetro, mentre la caruncola lacrimale è di una pietra di colore rosa.
Per quel che riguarda l’identità dei soggetti, ci troviamo quasi certamente di fronte alla personificazione di divinità o eroi, poiché la creazione di tali statue era sempre dovuta alla committenza di una polis che desiderava onorare i propri déi, ingaggiando un artista, per oltre un anno di lavorazione per ogni statua, e in più, mettendogli a disposizione un materiale, il bronzo, molto costoso.