Il debutto di Ifigenia in Tauride di Euripide per la regia di Jacopo Gassmann, presso il Teatro greco di Siracusa è stato un grande successo e rimarrà ancora in scena fino al 4 luglio.
La regia di Gassmann ha evidenziato l’ambiguità e la complessità del testo, sottolineandone l’aspetto di “Escape tragedy”, ossia una tragedia incentrata sul tema, sempre attuale, della fuga, che nell’opera si sviluppa in un intreccio di singole fughe che trovano il punto di equilibrio nella scena del riconoscimento tra Oreste e Ifigenia e si ricompongono nella fuga finale di Ifigenia, Oreste e Pilade.
Ifigenia in Tauride, le molteplici fughe e la dialettica tra mondo civile e mondo barbaro
Gli eroi greci rappresentano spesso il trionfo della civiltà sulla barbarie, ma Euripide rende più problematico questo rapporto.
Possiamo definire civile il comportamento di Agamennone che bloccato in Aulide, in nome di una guerra che ha il solo scopo di salvare l’onore degli Achei e punire i Troiani per il rapimento di Elena da parte di Paride, accetta il sacrificio della figlia Ifigenia? Certamente no e la giovane Ifigenia è vittima di questo tragico dualismo. L’onore in guerra, sacrifica barbaramente e ingiustamente l’affetto per la famiglia.
Tuttavia dal monologo di Ifigenia (Anna La Rosa), lo spettatore apprende dell’importante intervento della dea Artemide, che sostituisce la ragazza con una cerva. Per volere della dea della caccia, Ifigenia viene dunque trasportata nella barbara Tauride. Questa è la prima fuga, organizzata dalla mano divina.
Ifigenia nella nuova terra diventa così la sacerdotessa di Artemide alla quale spetta il compito di proteggere il simulacro della dea e uccidere tutti gli stranieri che approdano in Tauride. Da un lato prova nostalgia per la sua terra, dall’altro prova odio per i greci che la considerano morta e che nulla hanno fatto per impedire ad Agamennone di compiere il sacrificio.
Protagonisti di un’altra folle e disperata fuga sono Oreste e Pilade che guidati da Apollo approdano in Tauride. Oreste porta con sé il peso del matricidio, compiuto per vendicare la morte di Agamennone per mano di Egisto e Clitennestra. Perseguitato dalle Erinni, accetta di rubare per Apollo, una statua sacra ad Artemide e portarla ad Atene per espiare una volta per tutte le sue colpe.
Ma i due vengono catturati e condotti da Ifigenia che ha il compito di ucciderli. Attraverso una strategia di domande incrociate avviene il riconoscimento tra i due fratelli, la scena centrale della tragedia. Ed è a questo punto che Ifigenia, Oreste e Pilade progettano un’altra fuga verso Atene.
Quest’ultima fuga organizzata in “forma rock”, con il coinvolgimento della platea, ha il compito di far sì che i tre protagonisti, vittime di maledizioni familiari, riscrivano la loro storia, ponendo fine alla lunga catena di odio e di sangue.
“Ci troviamo infatti in un luogo dove niente è quel che sembra: i sogni si rivelano ingannevoli, i rituali sono falsi, gli Elleni sono barbarizzati, i Tauri ellenizzati e i paradossi si accumulano. Euripide gioca qui con lo spettatore, prima mandando in corto circuito la nostra percezione (qual è la natura della realtà e come possiamo stabilirla se il linguaggio ci inganna e la verità si nasconde?) e poi chiamando in causa la nostra memoria culturale. Ifigenia in Tauride infatti prende spunto dall’Orestiade di Eschilo ma devia dai fatti noti, li riscrive, li problematizza.”
La regia di Gassmann sottolinea dunque la problematicità della Tauride, che diventa allegoria della Grecia del V secolo che attraversa un momento di crisi in cui i sofisti mettono in discussione la realtà, le divinità e il mito stesso. Euripide in Ifigenia, ma anche in altre opere, presenta infatti altre versioni rispetto a quelle ufficiali di Eschilo.
L’attualità del tragediografo consiste quindi nel far uscire lo spettatore con una serie di domande sulla realtà che lo circonda e che spesso lo inganna.
Caro lettore, non perdere questo spettacolo che rimarrà ancora in scena fino al 4 luglio. Per ulteriori informazioni vai sul sito www.indafondazione.org