L’Aida di Giuseppe Verdi è chiaramente l’opera cardine più rappresentata all’Arena di Verona. Il programma areniano 2022, infatti, ha ben rispettato questa regola non scritta. Aida è l’opera sulla quale l’Arena basa la maggior parte della stagione operistica. Di certo è una delle più famose e riconosciute dal pubblico; sicuramente è la più rappresentata nell’Anfiteatro. Non temere, c’è ancora un’ultima data il 4 settembre 2022.
Per qualsiasi informazione puoi visitare direttamente il Sito dell’Arena.
Arena di Verona. L’Aida con Jonas Kaufmann e un inizio un po’ tribolante.
Di certo, la data di ieri sera è da considerarsi la più esclusiva di tutte, visto il debutto, in un’opera completa, di uno dei tenori più richiesti al mondo: Jonas Kaufmann. Ha interpretato Radamès, capitano delle guardie e amante della principessa Aida. Questo ruolo è stato affrontato ben poche volte dal tenore: tutte esibizioni che hanno riscosso grande successo da parte del pubblico e della critica. Di conseguenza il pubblico nutriva grandi aspettative per la serata trascorsa.
Eppure l’emozione ha giocato brutti scherzi al tenore, almeno inizialmente. Si sa: stare sul palco dell’Arena di Verona, brulicante di persone che attendono una performance perfetta, non dev’essere facile. E in questi casi è necessario soprattutto non dimenticare che colui che ci si trova di fronte è un essere umano, in carne e ossa, e sbagliare è altrettanto umano. Il riscontro, non del tutto positivo, del pubblico si è fatto sentire tramite gli applausi: grandissimo metro di giudizio da non sottovalutare.
Dopo questo scivolone iniziale, la performance di Jonas Kaufmann è sicuramente andata in crescendo. Da professionista ha saputo rialzarsi e ha dato prova di grande virtuosismo, confermando le aspettative poste in partenza. Due note di merito vanno all’Aida del soprano Liudmyla Monastyrska e alla Amneris di Olesya Petrova: davvero due grandi interpreti dall’inizio alla fine.
Aida: l’opera di punta della stagione areniana da anni, ma perchè?
Aida è un’opera in quattro atti di Giuseppe Verdi, su libretto di Antonio Ghislanzoni, basata su un soggetto originale dell’archeologo francese Auguste Mariette, primo direttore del Museo Egizio del Cairo. La trama è ben nota a tutti: cercherò di riassumerla brevemente. Durante una guerra, Aida, la figlia del re etiope, è stata fatta schiava in Egitto, dove però nessuno conosce la sua vera identità. Durante la schiavitù si innamora del comandante delle truppe egiziane Radamès che la ricambia.
Purtroppo Radamès è anche promesso alla figlia del faraone, Amneris. Successivamente verrà fatto schiavo il re di Etiopia, padre di Aida, e questi la convince ad usare il suo ascendente su Radamès per farsi dire quale sarà la prossima mossa dell’Egitto contro l’Etiopia. Radames cade nella trappola e si costituisce, ma viene condannato a essere sepolto vivo. Aida, ancora innamorata di lui, non lo abbandonerà neppure nella morte, infatti, si farà seppellire viva con lui.
Chiaramente nulla da togliere a una grande opera come questa. Insomma, ci sarà una ragione ben precisa se viene posta come l’opera areniana per eccellenza. Credo, però, che Turandot o Carmen, per esempio, non abbiano nulla da invidiarle. Aida è una rappresentazione piena di magnificenza e solennità, ma altrettanto lenta e ritmicamente monotona da seguire. L’attenzione cala inevitabilmente ed è reso difficile seguire con entusiasmo dall’inizio alla fine.
Si potrebbe dire che si tratti di un’opera ancorata alla vecchie generazioni: di fatto sono loro che di più l’apprezzano. Certamente c’è stato un grandissimo lavoro di marketing di successo: è l’opera più rappresentata e non a caso è anche la più pubblicizzata. Un pubblico non troppo avvezzo al genere operistico, ma che vuole ugualmente poter dire di avervi partecipato, molto probabilmente sceglierà sempre Aida come prima esperienza. Idem per i turisti che, visitando Verona, decidono di godersi una serata areniana.
A livello di costumi e scenografia nulla da obiettare: di una finezza unica e ineguagliabile. Si denota un grandissimo lavoro alle spalle e posso dire altrettanto ben riuscito. L’unica nota stonata di Aida è effettivamente l’essere ancora troppo attaccata alla classicità del passato. Certamente ciò le ha permesso di raggiungere la fama odierna e capisco che cambiarla vorrebbe dire interrompere una catena di successo assicurato, ma è un’opera che ha davvero bisogno di una ventata d’aria fresca!
Peccato che ad interpretare Aida fosse il soprano Maria José Siri… sicuri di aver visto la stessa opera?
Salve, mi scuso per il disguido. Ho controllato più volte nel sito di Fondazione Arena ed effettivamente è stata Maria José Siri ad interpretare Aida la sera del 28 agosto. Ad ogni modo il mio commento riguardava lei. Purtroppo mi sono affidata al materiale affidatomi direttamente dall’Arena di Verona, appositamente per la serata in questione, dove era presente questa incongruenza. Provvederò a correggere l’articolo. La ringrazio per la precisazione