Un titolo che è tutto un programma: “Fantastica”. È questo il nome scelto per la 18a Quadriennale d’arte di Roma, in arrivo da ottobre 2025 a gennaio 2026 a Palazzo delle Esposizioni. Ma non è solo un gioco di parole. È un atto di fedeltà e gratitudine nei confronti di chi questa edizione l’ha pensata, voluta e guidata fino al suo ultimo giorno: Luca Beatrice, presidente della Fondazione Quadriennale scomparso prematuramente a gennaio.
Sarà una rassegna ricca, coraggiosa, mai banale, come ha sottolineato il ministro della Cultura Alessandro Giuli, e soprattutto, intensamente contemporanea. Con 54 artisti e artiste, di cui 16 under 35, 187 opere e 5 curatori di respiro internazionale, questa edizione vuole essere una fotografia lucida, simbolica e libera dell’arte italiana del XXI secolo.
Un’eredità viva: la visione di Luca Beatrice

“Fantastica sarà la sintesi del pensiero di Luca,” ha detto Giuli, “la sua idea di arte come libertà, senza dogmatismi.” E non sarà solo una mostra. Il 30 settembre, in una tavola rotonda al Ministero della Cultura, si celebrerà il pensiero critico e curatoriale di Beatrice, mentre un progetto speciale di lungo periodo ne raccoglierà l’eredità nel tempo.
Alla guida della Fondazione è ora Andrea Lombardinilo, che ha definito l’incarico “un onore e una responsabilità”, con l’obiettivo dichiarato di potenziare la missione culturale avviata da Beatrice e consolidarne lo spirito.
Cinque curatori, cinque percorsi, un’unica visione plurale
Con un budget di 2,5 milioni di euro, la Quadriennale si articolerà in cinque sezioni autonome ma connesse, firmate da Massimo Barbero, Francesco Bonami, Emanuela Mazzonis, Francesco Stocchi e Alessandra Troncone. Ogni sezione esplorerà un nodo critico dell’arte contemporanea:
- Autorappresentazione: come scegliamo di essere visti e da quale punto di vista vogliamo raccontarci.
- Figura dell’artista: il delicato equilibrio tra indipendenza creativa e dialogo con le istituzioni.
- Stato delle immagini: dalla saturazione visiva all’esperienza soggettiva del vedere.
- Il corpo: umano, animale, meccanico, e la sua continua metamorfosi.
- Forme incompiute: linguaggi che sfuggono al compiuto per aprire nuovi immaginari.
Gli allestimenti saranno firmati da Studio BRH+ (Marco Rainò e Barbara Brondi), con una scenografia pensata per esaltare la forza immaginativa delle opere, come avrebbe voluto lo stesso Beatrice.
Un doppio binario: il presente e la memoria
Accanto a Fantastica, prenderà vita “I giovani e i maestri: la Quadriennale del 1935”, un progetto curatoriale a firma di Walter Guadagnini in collaborazione con l’Archivio e la Biblioteca della Quadriennale. Un omaggio a una delle edizioni più celebri della storia dell’arte italiana, con 37 opere di 31 maestri, tra cui de Chirico, Morandi, de Pisis, Mafai e Fazzini. Un ponte tra generazioni, che dimostra come ogni nuova Quadriennale sia anche un dialogo con chi ci ha preceduti.
E in parallelo, Christian Caliandro svilupperà un progetto critico dedicato a come l’arte italiana viene percepita all’estero oggi, contribuendo a riflettere su ciò che esportiamo — e su come ci raccontiamo fuori dai confini.
Verso ottobre: un roadshow che prepara al grande debutto
Per avvicinare il pubblico alla grande mostra, la Fondazione ha avviato da gennaio un roadshow nazionale, con tappe nelle principali città italiane. A settembre, gli ultimi tre appuntamenti:
- 13 settembre a Gibellina (Museo Ludovico Corrao – Fondazione Orestiadi)
- 18 settembre a Napoli (Gallerie d’Italia)
- 26 settembre a Roma (La Vaccheria)
E infine, la chiusura simbolica il 30 settembre, con l’incontro “Luca Beatrice e la sua Quadriennale Fantastica”.
Fantastica: non solo arte, ma un atto politico e poetico
Fantastica sarà, nelle parole di chi l’ha voluta, un’esplorazione della potenza simbolica e dell’immaginazione, in un momento storico in cui l’arte rischia di diventare didascalica o funzionale. Sarà invece una dichiarazione di libertà, di pluralismo, di intelligenza diffusa.
Un luogo dove vedere, ma anche pensare, discutere, lasciarsi mettere in discussione. Dove i linguaggi non cercano di piacere, ma di agire. E dove l’eredità di Luca Beatrice non sarà un ricordo, ma una presenza attiva, che continua a interrogare il futuro.
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