Quando pensi alla Corea del Nord, ti vengono in mente dittatura, parate militari e chiusura totale. Ma oltre alle immagini trasmesse dai media, la vera domanda è: come vivono ogni giorno le persone comuni? E cosa significa crescere in un Paese dove la propaganda inizia già all’asilo?
In questa guida ti porto dentro la vita quotidiana nordcoreana, con uno sguardo al controllo psicologico che lo Stato esercita, soprattutto sui bambini.
Una vita vissuta nell’isolamento
La Corea del Nord è uno degli Stati più isolati al mondo. Non esiste libertà di movimento: uscire dal Paese è proibito, viaggiare tra province richiede permessi speciali e i confini sono sorvegliati da esercito e mine. Internet, come lo conosciamo, non esiste. Al suo posto c’è una rete chiusa, con pochi siti approvati dal regime. La televisione trasmette solo canali statali, mentre giornali e radio diffondono messaggi unici, senza alcuna voce alternativa.
Questa chiusura non è solo fisica, ma anche mentale. Il regime costruisce una realtà parallela: il mondo esterno viene dipinto come nemico e pericoloso, mentre la leadership della famiglia Kim è rappresentata come guida benevola e indispensabile.

Il lavoro e la sopravvivenza
In Corea del Nord il lavoro non è una scelta personale. Lo Stato assegna mansioni in base alla posizione sociale della famiglia e alle esigenze del momento. La maggior parte delle persone lavora in agricoltura, fabbriche statali o cantieri. Gli stipendi ufficiali sono bassissimi, spesso simbolici.
Per sopravvivere, molti ricorrono ai mercati informali chiamati jangmadang. Qui si scambiano cibo, vestiti, piccoli elettrodomestici e prodotti di contrabbando. È un’economia parallela che garantisce la sopravvivenza, ma sempre a rischio di controlli e punizioni.
La differenza tra città e campagne
Pyongyang, la capitale, mostra un volto più curato: palazzi alti, piazze monumentali, negozi ben forniti per la classe privilegiata. Ma appena ci si allontana dalle zone centrali, la realtà cambia.
Nelle campagne la vita è dura. L’agricoltura è ancora in gran parte manuale, i blackout elettrici frequenti e i combustibili scarsi. Le case sono assegnate dallo Stato, semplici e prive di comfort moderni. Molte famiglie vivono con poco cibo, arrangiandosi con patate, riso e cavoli. Carne e pesce sono rari, riservati a chi ha più mezzi o appartiene a classi sociali privilegiate.
Scuola e lavaggio del cervello dei bambini

Uno degli aspetti più forti della vita in Corea del Nord riguarda l’educazione. Fin dai primi anni, i bambini vengono immersi in un sistema che unisce scuola e propaganda.
Nelle aule, le immagini dei leader Kim sono sempre presenti. Le lezioni non sono solo di matematica o lettura, ma includono racconti eroici sui fondatori del Paese. I libri di testo glorificano i leader come figure quasi divine e descrivono l’Occidente come un nemico corrotto e crudele.
Oltre alle lezioni, i bambini partecipano a organizzazioni giovanili obbligatorie. La Korean Children’s Union, per esempio, coinvolge ragazzi dai 7 ai 14 anni in attività collettive che mescolano disciplina militare e giochi patriottici. È qui che si impara a sfilare, cantare inni e ripetere slogan fedeltà.
Il risultato è un lavaggio del cervello costante. La capacità critica non viene incoraggiata. Al contrario, i bambini crescono credendo che la loro felicità e sicurezza dipendano unicamente dal leader e dal sacrificio per lo Stato.
Psicologia del controllo e paura
La propaganda è solo una parte del sistema. A rafforzare il controllo ci sono la paura e l’autocritica. I cittadini partecipano a sessioni di autocritica settimanali, dove ognuno deve confessare errori o mancanze davanti agli altri. Questo crea un clima di sospetto reciproco: nessuno si fida completamente del vicino o persino dei familiari.
Dal punto di vista psicologico, questo genera un condizionamento potente. I bambini imparano presto che esprimere dubbi o opinioni personali è pericoloso. Il pensiero critico viene sostituito dall’obbedienza. Crescere in questo ambiente significa interiorizzare un meccanismo di autocensura costante.
Giovani trasformati in strumenti del regime

Con l’adolescenza, l’indottrinamento diventa ancora più visibile. Molti giovani vengono coinvolti in brigate giovanili per lavori forzati in progetti statali o ricostruzioni dopo calamità. Queste attività vengono presentate come un onore, un sacrificio per il bene della nazione.
Il messaggio psicologico è chiaro: il valore dell’individuo non sta nella sua libertà, ma nella sua utilità per lo Stato.
Salute mentale e traumi
Le conseguenze di questo sistema sono profonde. Molti nordcoreani che riescono a fuggire riportano traumi psicologici gravi. Disturbi post-traumatici, depressione e ansia sono molto diffusi. Non si tratta solo della fame o delle privazioni materiali, ma del peso di una vita intera passata sotto costante sorveglianza, senza fiducia e senza possibilità di scelta.
Anche dopo la fuga, la paura rimane. Molti rifugiati raccontano di provare senso di colpa per aver lasciato la famiglia, o difficoltà ad adattarsi a una società dove improvvisamente esistono alternative e libertà di scelta.
Pro e contro del vivere in Corea del Nord
Pro
- Tasso di criminalità comune molto basso.
- Forte senso di comunità all’interno delle famiglie.
- Scuola e sanità gratuite, anche se limitate.
Contro
- Assenza totale di libertà politica ed espressiva.
- Economia fragile e scarsità di beni di base.
- Indottrinamento continuo fin dall’infanzia.
- Condizionamento psicologico e paura diffusa.
Una vita sospesa tra realtà e propaganda
La Corea del Nord non è solo un Paese chiuso: è un sistema che modella le persone dall’interno. Crescere lì significa vivere in una realtà filtrata, dove l’individuo non appartiene a se stesso ma al collettivo. Il regime non si limita a controllare i corpi, ma plasma le menti, fin dai primi anni di vita.
Per chi guarda dall’esterno, può sembrare impossibile. Eppure milioni di persone continuano a vivere così, ogni giorno, tra sacrifici e adattamento. Alcuni trovano piccoli spazi di normalità nella famiglia, nei mercati locali o nelle amicizie. Ma l’impronta psicologica rimane: il lavaggio del cervello è forse lo strumento più potente che il regime abbia mai usato.
Vuoi approfondire come vivono le persone in Corea del Nord? Raccontaci nei commenti cosa ti ha colpito di più di questa guida.