Dal 27 giugno Pinacoteca e MAMbo in dialogo per una mostra unica nel suo genere.
A Bologna l’arte non sta mai ferma. Cambia pelle, attraversa i secoli, si reinventa. Dal 27 giugno al 14 settembre 2025, la città apre le porte a un esperimento coraggioso e poetico: si chiama “Il Giardino delle Risonanze” ed è una mostra che mette in dialogo arte antica e contemporanea, coinvolgendo due tra le istituzioni più importanti della scena culturale bolognese: la Pinacoteca Nazionale e il MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna.
Un doppio sguardo che si intreccia, si confronta e — soprattutto — si ascolta. Perché qui l’arte non vuole imporsi, ma risuonare, come un’eco tra passato e presente.
Una mostra corale, due musei, sedici artisti
Curata da Giulia Adami e Valerio Mezzolani, Il Giardino delle Risonanze nasce dalla volontà di Costantino D’Orazio (direttore ad interim della Pinacoteca) e Lorenzo Balbi (MAMbo) di creare un percorso congiunto che attraversi i secoli senza perdere il senso dell’identità culturale bolognese.
Protagonisti sono sedici artisti contemporanei, selezionati per interagire con oltre trenta opere d’arte emerse dai depositi della Pinacoteca, dal Gabinetto dei disegni e delle stampe, ma anche da importanti prestiti del Museo Morandi e dell’Archiginnasio. Le accoppiate che ne derivano sono a tratti intime, a tratti spiazzanti, sempre suggestive.
Dall’aria al paesaggio, dalle statue ai corpi

Il percorso espositivo si articola in motivi tematici che fanno da ponte tra epoche e linguaggi. C’è l’aria in movimento, che unisce le sperimentazioni materiche di Anna Tappari e l’allestimento site-specific di Cuoghi e Corsello a un ritratto settecentesco di papa Clemente XIII firmato Anton Raphael Mengs.
Ci sono poi le fontane, le sculture, le architetture del gesto: in questa sezione convivono il lirismo sottile di Eva Marisaldi, le visioni plastiche di Enrico Serotti, le video-installazioni immersive del collettivo Zapruder, una stampa di Francis Bacon e un busto del barocco romano di Alessandro Algardi.
Il filo conduttore prosegue con il paesaggio come spazio fisico e mentale, dove le opere di Alessandra Dragoni e Arianna Zama si confrontano con grafica e pittura tra Otto e Novecento, da Giuseppe De Nittis a Giorgio Morandi. Il viaggio si chiude con la rappresentazione del corpo, tra performance (Riccardo Baruzzi), pittura (Emma Masut) e ritratti seicenteschi, come la toccante effigie della figlia di Élisabeth Vigée Le Brun.
Al MAMbo le “risonanze” diventano politica e memoria
Il secondo capitolo della mostra si snoda al MAMbo, dove l’incontro tra collezioni diverse genera cortocircuiti visivi e concettuali. Il caso più emblematico? “I funerali di Togliatti” di Renato Guttuso, contrapposto a due tele storiche dell’Ottocento firmate Antonio Muzzi e Enrico Romolo, che raffigurano la romanità, il Risorgimento e la figura popolare dell’eroina di Carini.
Il messaggio è chiaro: l’arte non si esaurisce nella sua epoca, ma continua a parlare — spesso a gridare — a chi sa ascoltarla. E Il Giardino delle Risonanze ci chiede proprio questo: fermarsi, osservare, sentire.
Un progetto che racconta Bologna, oggi
Nel suo intreccio di spazi, linguaggi e visioni, questa mostra è un manifesto dell’identità culturale bolognese: una città capace di custodire la sua storia e al tempo stesso di ospitare sperimentazione, dialogo e confronto. Il passato non è una reliquia, ma una risorsa da riattivare, soprattutto quando incontra sguardi giovani e pratiche contemporanee.
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